23 Dicembre 2024 11:42

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ESCLUSIVA IMPERIAPOST. DUE IMPERIESI IN VISITA AL CARCERE DI VARANASI IN INDIA. HANNO INCONTRATO TOMASO E ELISABETTA, DETENUTI DAL 2010 – “Stanno bene, ma lì non si respira una bella atmosfera. Sono 140 detenuti in un baraccone”

Valeria Rolando e Fabio Maiano

Due imperiesi, Fabio Maiano e Valeria Rolando, hanno fatto visita questa mattina al carcere di Varanasi in India per portare la loro solidarietà a Tomaso Bruno, 28 anni, di Albenga, e Elisabetta Boncompagni, 39 anni, di Torino, detenuti dal febbraio del 2010 con l’accusa di aver ucciso, strangolandolo in una stanza dell’hotel Buddha a Varanasi, Francesco Montis, compagno di Elisabetta. I due ragazzi si sono sempre difesi dall’accusa di omicidio, sostenendo la morte per cause naturali. Ipotesi confermata anche dalla madre di Montis, che a sostegno della tesi della morte naturale ha scritto una lettera al Capo della Polizia di Varanasi ed al Direttore del Carcere di Varanasi per informarli di alcuni disturbi respiratori del figlio dovuti al fumo e a forti dolori alla schiena, per una probabile ernia del disco, che lo obbligavano all’assunzione di antidolorifici in quantità inconsuete.
Da anni le famiglie di Tomaso e Elisabetta combattono per chiedere la libertà dei loro cari, ma sino ad oggi nulla è cambiato. Tomaso e Elisabetta sono stati condannati all’ergastolo con l’accusa di omicidio, rischiando addirittura la pena di morte. Ad oggi, come spiega la mamma di Tomaso Bruno, Marina Maurizio, contattata da ImperiaPost, “stiamo aspettando che la Suprême Court di Delhi esamini il nostro appello e che renda giustizia a Tomaso ed Elisabetta”.

L’INTERVISTA ESCLUSIVA A FABIO MAIANO

PERCHÈ LA DECISIONE DI ANDARE A TROVARE TOMASO E ELISABETTA DURANTE LA VOSTRA VACANZA IN INDIA?

“Tomaso lo conoscevo di vista, Elisabetta no. Sono andato a trovarli perchè conoscendo la storia ed essendo in contatto con la mamma di Tomaso, volevo rendermi conto della situazione”.

COME LI HAI TROVATI?

Stanno bene. Il carcere è un po lontano dall’idea che possiamo avere noi delle prigioni in paesi in via di sviluppo. GDiciamo che assomiglia più ad una caserma, con giardini molto curati, con prato all’inglese. Sono 140 detenuti che vivono in un baraccone. Hanno un minimo di libertà di girare nel cortile per qualche ora al giorno. Sono detenuti al District Jail di Benares, uno dei due penitenziari della città, che prevede sia la sezione femminile che maschile. Tomaso e Elisabetta hanno la possibilità di incontrarsi una volta a settimana quando le due sezioni vengono aperte“.

HANNO AVUTO PROBLEMI ALL’INTERNO DEL CARCERE?

“Non hanno mai avuto problemi. Il clima che si respira li dentro, però, è tutt’altro che piacevole. Sabato scorso due sicari hanno ammazzato in pieno giorno un funzionario che aveva fatto imprigionare molti detenuti. Penso che all’India non giovi che due turisti innocenti vengano oltre che detenuti anche maltrattati”.

HANNO PAURA PER LA LORO VITA?

“No, però temono di dover restare ancora molto tempo in carcere. Penso che lo spirito buddista e induista che si respira in carcere li abbia molto aiutati ad accettare la cosa. Lo dico sinceramente. Sono davvero sereni. Hanno visite settimanali con la mamma di Tomaso, che ormai vive a Varanasi”.

HANNO LEGATO CON QUALCUNO ALL’INTERNO DEL CARCERE?

Tomaso ha legato con un bibliotecario tibetano, che parla più lingue, anche lui vittime della malagiustizia“.

SI SENTONO ABBANDONATI DALL’ITALIA?

“Non è questione di sentirsi abbandonati, è che la giustizia indiana permette davvero poche influenze esterne. La mamma di Tomaso è in contatto con la Bonino così come prima era in contatto con Terzi. Purtroppo c’è veramente poco da fare”.

COME TI HANNO ACCOLTO TOMASO E ELISABETTA?

Ho visto prima Elisabetta e dopo 10 minuti Tomaso. Le prime parole di Tomaso sono state: ‘So che sei sampdoriano come mia mamma, bravi vi siete fatti rimontare al 94esimo dalla Lazio. Tomaso è interista e abbiamo parlato anche di calcio. Sembrava una chiacchierata al bar con gli amici davvero“.

DUNQUE SEGUONO CON ATTENZIONE QUELLO CHE SUCCEDE IN ITALIA.

“Si, ogni mese arrivano pacchi di giornali, tantissimi libri e tante lettere di persone comuni che come me, anche senza conoscerli, vuole dare supporto”.

COSA TI HANNO DETTO IN MERITO ALLA MORTE DEL LORO AMICO FRANCESCO, PER LA QUALE SONO ACCUSATI DI OMICIDIO?

Che hanno collaborato immediatamente con le autorità, non pensando minimamente a quanto sarebbe accaduto. La cosa che più dispiace, oltre alla detenzione in carcere, è che spesso si dimentica un altro dramma. Tomaso e Elisabetta erano in vacanza con un amico che è morto durante il viaggio. Oltre lo shock incredibile, vieni anche accusato di essere tu l’assassino. Senza una minima prova. Si sono trovati con il corpo di Francesco trattato come stracci vecchi e buttato in uno sgabuzzino senza nemmeno un minimo di umanità. E soprattutto senza l’autopsia fatta da un medico legale“.

UNA BATTUTA, PER CHIUDERE, SULLA MADRE DI TOMASO, MARINA MAURIZIO.

“Una grande donna. Sta lottando per la verità da 4 anni. Vive tra Albenga e Varanasi ed è il contatto tra loro e gli avvocati. Penso che il suo supporto sia fondamentale nella vicenda”.

LA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA

Per festeggiare il capodanno 2010 Elisabetta Boncompagni e il compagno, Francesco Montis, decidono di raggiungere degli amici in India, nell’Uttar Pradesh. Al viaggio si aggiunge anche Tomaso Bruno.
La mattina del 4 febbraio Tomaso ed Elisabetta trovano Francesco in agonia sul letto, in una stanza dell’hotel Buddha di Chentgani, alla periferia della città di Varanasi, dove soggiornano. Chiamano rapidamente i soccorsi, che tuttavia si rivelano vani. Sul luogo non arriva un’ambulanza, ma un taxi che trasporta il ragazzo in ospedale, dove un medico ne constata il decesso. Mentre Tomaso si mette in contatto con l’Ambasciata Italiana a Nuova Dehli, la polizia di Varanasi impone ai due ragazzi di non uscire dall’albergo, vieta loro di utilizzare internet e concede solo l’uso dei telefoni cellulari.
Le autorità indiane sono convinte: i due italiani vengono accusati dell’omicidio del loro amico. Il 7 febbraio 2010 Tomaso ed Elisabetta sono tratti in arresto con l’accusa di aver strangolato Francesco, sulla base di un esame postmortem sul cadavere della vittima secondo il quale il decesso sarebbe avvenuto per asfissia da strangolamento. Lo Studio Legale Titus (nominato su indicazione dell’Ambasciata Italiana per difendere i due giovani) fa eseguire una controperizia dalla quale si evince che la morte è sì avvenuta per asfissia, ma non da strangolamento bensì per altre cause.
Da quella data Tomaso ed Elisabetta sono detenuti nel carcere di Varanasi. Le richieste di libertà su cauzione presentate dallo Studio Legale Titus durante il lungo corso del processo, costellato da intoppi e rinvii di udienze, sono state tutte respinte dal giudice.

Per tenersi aggiornati e informarsi sulla vicenda di Tomaso e Elisabetta, clicca qui

Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni

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