Viaggiare per conoscere il mondo e le persone che lo abitano, al fine di far luce sulle aree più remote e raccontare le storie meno conosciute. È questo il progetto, chiamato “Liberi di Andare”, di Francesco Belgrano, 35enne imperiese.
Lo scopo? Trasmettere un messaggio di pace e solidarietà tra i diversi popoli, portare l’attenzione verso realtà che ci sembrano spesso molto distanti, ma che in realtà non lo sono, e cercare di aiutare il prossimo.
QUANDO HAI DECISO DI PARTIRE?
“Due mesi fa. Sono partito dall’Italia e ho attraversato Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbaijan, Mar Caspio, Kazakistan, Uzbekistan, Tajikistan, Pamir, Corridoio di Wakhan e in questo momento mi trovo in Kirghizistan. Mi lascio trasportare dai tempi della natura, dal meteo. Viaggio con calma e senza scadenze precise. Quello che mi interessa non sono tanto i posti quanto le persone che incontro”.
COSA HA FATTO ACCENDERE LA SCINTILLA PER PARTIRE?
“Tutto è iniziato circa 3 anni fa. Lavoravo da 10 anni nel settore dell’informatica. Mi trovavo benissimo, ma a un certo punto ho realizzato che vivevo in modo un po’ superficiale. Avevo tante cose materiali, un buon lavoro, una vita tranquilla, viaggiavo appena potevo, ma più che vedere posti mi piaceva stare con le persone. Quanto rientravo, però, avevo una sensazione di malessere. Avrei voluto viaggiare in maniera lenta, stare con le persone, renderlo uno stile di vita.
Così ho deciso di iniziare a cercare su internet come potevo fare a lavorare viaggiando. Ho studiato tantissimo per diventare SEO, ossia quella figura che aiuta aziende e privati ad aumentare la propria visibilità su internet, studiando il comportamento dei motori di ricerca. Dopodiché, ho mollato tutto, mi sono licenziato e ho venduto ogni cosa che avevo e sono partito. Sono andato in Australia, Nuova Zelanda, India, Russia, Islanda. Per lavorare avevo bisogno di una connessione internet e basta. Non è stato facile inizialmente, ma piano piano ho trovato un equilibrio”.
QUEST’ANNO PERÒ HAI DECISO DI DARE UNA SVOLTA AI TUOI VIAGGI, INIZIANDO IL PROGETTO “LIBERI DI ANDARE”. DI COSA SI TRATTA?
“Sì. Durante i primi viaggi non pubblicavo foto o video su internet, non era mia intenzione essere un blogger viaggiatore, ce ne sono molti più bravi di me. Quello che volevo era trasmettere un messaggio, rendermi utile in qualche modo. Viviamo in un periodo molto delicato, in cui ci si odia a vicenda, in cui si vede “l’altro” come molto diverso da “sè”, mentre invece siamo tutti uguali.
Ho deciso di aprire una pagina con lo scopo di portare l’attenzione verso realtà a volte sconosciute, per sensibilizzare le persone a tematiche importanti, per dar voce alle microstorie di chi incontro, per far capire che in fondo siamo tutti sulla stessa barca. Mi piacerebbe, inoltre, trovare progetti umanitari da appoggiare, portando vestiti, cibo, aiuti concreti ai più bisognosi.
Ora sono partito da 2 mesi e starò via altri 2 circa, e lo scopo di questo primo viaggio è vedere se ci sono persone sono interessate a questo progetto, se c’è seguito”.
PERCHÈ HAI SCELTO QUESTO NOME?
“Deriva un po’ dalla mia adolescenza, quando facevo arrabbiare mia madre perché volevo fare qualcosa che non mi era permesso e lei mi rispondeva:”Quando avrai 18 anni sarai libero di…”. Ora, a molti anni di distanza, finalmente mi sento “libero di…”. Un ricordo che mi fa sorridere”.
NEI TUOI NUMEROSISSIMI INCONTRI IN GIRO PER IL MONDO, CE N’È UNO CHE TI È RIMASTO PARTICOLARMENTE IMPRESSO?
“Ho conosciuto tantissime persone, difficile sceglierne solo alcune. In Georgia, per esempio, ho incontrato 2 ragazzi americani, molto giovani, che facevano parte di un’associazione fondata da Kennedy. Per 2 anni hanno fatto vita da eremiti nelle zone rurali del paese, insegnando inglese ai bambini, per portare civiltà.
In Georgia le donne sono obbligate a sposare chi decide la famiglia, non hanno libertà, sono obbligate a stare in casa e obbedire. Ho sentito questi racconti da una ragazza georgiana, che me ne ha parlato in prima persona. È stato talmente toccante che non sono riuscita a filmarla, ma non la dimenticherò mai.
A Istanbul, un’altra volta, stavo parlando di religione con dei ragazzi musulmani. A un certo punto si è intromesso nella discussione un signore iracheno che ci aveva sentiti e ci ha raccontato la sua storia, avevo la pelle d’oca.
Sentire le storie delle altre persone è incredibile. Capisci quanto l’essere umano è fragile, quanti limiti abbiamo, ma anche quanto è importante aiutarci l’un l’altro”.
QUAL È IL TUO RAPPORTO CON IMPERIA?
“Sono molto legato alle mie radici. Sono come un ‘compasso’: sono puntato da una parte e giro dall’altra. Credo che per capire come gira il mondo tu debba uscire dal tuo guscio, ma un punto di partenza c’è sempre, non lo rinnego assolutamente”.