25 Novembre 2024 04:46

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25 Novembre 2024 04:46

IMPERIA. FINTO AVVOCATO TRUFFA DUE IMPIEGATE DELL’INPS INSCENANDO UNA CAUSA CONTRO TRENITALIA. CONDANNATO A 1 ANNO E 5 MESI/ LA STORIA

In breve: Truffa, sostituzione di persona e contraffazione dei sigilli dello stato. Sono queste le accuse che hanno portato un finto avvocato ad una condanna per 1 anno e 5 mesi di carcere dopo aver cercato di ingannare due impiegate

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Imperia. Truffa, sostituzione di persona e contraffazione dei sigilli dello stato. Sono queste le accuse che hanno portato un finto avvocato ad una condanna per 1 anno e 5 mesi di carcere dopo aver cercato di ingannare due impiegate.

La storia risale ad alcuni mesi fa. Due impiegate dell’Inps di Imperia si sono recate a Roma per un corso di formazione. Al ritorno, per colpa di un guasto alle porte del treno, non sono riuscite a scendere in tempo perdendo la coincidenza per Imperia e rimanendo bloccate a Genova.

A quel punto le due donne sono state avvicinate da un uomo che ha raccontato loro di essere rimasto, anche lui, bloccato a Genova per motivi legati a malfunzionamenti di Trenitalia e propone così alle due di dividere le spese e di tornare in taxi a Imperia. Le due impiegate hanno così accettato e, una volta sul taxi, l’uomo ha iniziato a raccontare alle due di essere un famoso avvocato di Milano, dello studio Galimberti, spesso costretto per lavoro a fare la spola tra la Lombardia e Sanremo perchè ha diversi clienti in Riviera. Questa volta, a quanto raccontato, stava tornando a Sanremo per una causa relativa al conteggio del televoto del Festival di Sanremo e, stizzito dalla situazione di disagio di Trenitalia, ha chiesto alle due donne se volevano unirsi a lui in una causa contro Trenitalia.

Le due donne hanno così accettato e si sono scambiati i numeri di telefono. Il mese dopo una delle due impiegate, R.S., è stata contattata dall’avvocato e hanno preso appuntamento all’INPS di Imperia per parlare della causa. L’avvocato Galimberti, una volta giunto ad Imperia, ha spiegato alle due che era necessario versare un primo acconto di 400 euro per le spese vive per avviare la causa. Le due impiegate, ancora ignare, accettano.

Il mese successivo l‘avvocato aggiorna le donne, dichiarando di aver preso contatti con l’avvocato Bernabei delle Ferrovie dello Stato e che avevano deciso di chiudere la vertenza con una transazione di 8500 euro da dividere in tre.

R.S., impiegata all’ufficio legale, comincia a quel punto ad avere dei dubbi perchè la cifra è un po’ troppo alta. Per fugare ogni dubbio le due donne chiedono all’avvocato di inviare loro una bozza della transazione. L’avvocato la mandata e chiede un altro acconto di 300 euro a testa sempre per le spese vive.

Nella bozza però, immediatamente controllata, c’erano alcuni punti sbagliati: mancava l’intestazione dello studio legale e l’amministratore di Trenitalia era indicato come Mario Moretti, mentre il nomer vero è Mauro Moretti. Inoltre si faceva riferimento ad un articolo 700 del codice penale che non aveva nulla a che fare con la causa in questione.

Le due donne cercano così lo studio Galimberti di Milano in internet e scoprono che è inesistente. La telefonata alla Guardia di Finanza è stata così immediata. Gli agenti hanno suggerito alle due donne di continuare a fingere e invitare l’avvocato ad Imperia per concludere la transazione in modo da poterlo cogliere sul fatto.

Le due donne invitano così l’avvocato al Bar dello Studente di Via XX Settembre dove sottoscrivono l’accordo di transazione e gli danno 300 euro a testa. Nel momento esatto in cui le due donne stanno per dare ulteriori soldi all’uomo, gli agenti della Guardia di Finanza in borghese, interviengono chiedendo al presunto avvocato le generalità.

L’uomo continua a presentarsi come avvocato fino a quando, dopo essere stato trasportato al comando viene smascherato. L’uomo non era infatti un avvocato, ma un semplice cittadino con problemi economici di nome Carlo Clemente Galimberti.

L’uomo, difeso dall’avvocato Donata Di Stefano, è stato così denunciato ed è finito a processo che si concluso questa mattina, davanti al giudice Lungaro con il pm Maria Curcio, con una condanna ad un anno e 5 mesi di carcere per truffa, sostituzione di persona e contraffazione dei sigilli dello stato.

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