Imperia-Kobane. La delegazione italiana nel Kurdiastan turco per festeggiare il Newroz e sostenere la resistenza di Kobane e del Rojava è tornata due giorni fa, 23 marzo a casa. Dopo avervi raccontato seguendo passo per passo le giornate intense della delegazione, il consigliere Mauro Servalli ci ha inviato un report conclusivo dove ha raccontato meglio la sua esperienza.
“E’ stata un’esperienza sicuramente intensa, nella quale siamo potuti entrare in contatto con la cultura di un popolo meraviglioso che ci ha accolto con una gioia e un’ospitalità fuori dall’ordinario. Ci saranno tempi e spazi per raccontare e analizzare nel dettaglio questa esperienza, ma, al di là del lato umano, alcune considerazioni ci sono da subito estremamente chiare.
La prima riguarda le motivazioni per cui abbiamo intrapreso questa iniziativa. Siamo partiti non solo con la convinzione di portare il nostro sostegno ad un popolo che soffre e lotta, quanto piuttosto per imparare e capire il nuovo modello politico e sociale che i curdi stanno costruendo. Non siamo stati delusi. In questo angolo di Medio Oriente martoriato dalla guerra e dalla barbarie dello stato islamico sta nascendo una delle esperienze politiche, umane e sociali più avanzate del mondo. Un esempio e una storia che abbiamo tutti l’opportunità e il dovere di cogliere. La proposta di un modello di democrazia “radicale” praticato e praticabile, una rivoluzione che metta la donna e la sua cultura al centro della struttura sociale, un rapporto con l’ambiente profondo e rispettoso, sono i pilastri su cui si basa la nuova strada che i curdi stanno proponendo al Medio Oriente e all’umanità tutta.
Dal punto di vista della situazione attuale, nel Rojava e a Kobane le condizioni sono ancora estremamente difficili. Anche se le brigate di autodifesa popolare YPJ e YPG (i partigiani curdi) sono riuscite a respingere l’ISIS fuori dai propri confini, la zona resta comunque molto instabile. Nei giorni in cui siamo stati li l’ISIS, ha sferrato un attacco con due autobombe ad Al Hasakah, nel cantone siriano di Cezire, durante una festa del Newroz, causando più di 40 morti e oltre 100 feriti.
Il problema maggiore, comunque, è oggi quello di avviare immediatamente la ricostruzione. Come abbiamo sperimentato personalmente, il governo turco non concede l’apertura del confine per permettere la formazione di un corridoio umanitario e consentire così l’ingresso ufficiale dei mezzi e dei materiali necessari alla ricostruzione. Questo vergognoso atteggiamento viene di fatto accettato da tutte le istituzioni internazionali, costringendo di fatto all’embargo Kobane.
Anche la questione dei profughi rimane estremamente complicata. Da quando è scoppiata la guerra in Siria sono oltre 2 milioni i profughi fuggiti in Turchia, dopo aver perso amici, parenti e aver abbandonato ogni cosa. La situazione dei profughi curdi risulta ancora più complicata; poiché pesantemente discriminati nei campi profughi ufficiali gestiti dal governo turco, queste persone hanno trovato un sostegno nei campi profughi autogestiti dalla municipalità governate dai partiti curdi. Nei campi abbiamo trovato disperazione e storie strazianti, impossibili da descrivere in poche righe, ma anche tanta voglia di ricominciare e di vivere, a partire dai bambini che, nonostante tutto, non hanno smesso di giocare. Nelle nostre visite ai campi abbiamo trovato tanta dignità e voglia, comunque, di condivisione; siamo stati accolti con gioia e ci hanno offerto il chai (il tè turco), chiedendo solo di ricordare al mondo e all’Europa in particolare il proprio obbligo morale a non rimanere indifferente di fronte alla violazione quotidiana di diritti umani fondamentali.
Nelle prossime settimane e mesi organizzeremo ancora iniziative ed incontri, per raccontare la nostra esperienza e ragionare assieme sull’enorme patrimonio ideale che i curdi stanno offrendo a tutti noi”.
Mauro Servalli
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