“Il ribaltamento attuato dal Tribunale è gravissimo“. È lapidario il giudizio del Pubblico Ministero Giancarlo Avenati Bassi contenuto nel ricorso presentato alla Corte d`Appello contro la sentenza di assoluzione di tutti gli imputati che ha chiuso il primo grado del processo per truffa aggravata ai danni dello Stato relativo al porto turistico di Imperia.
Sul banco degli imputati, con l’accusa di truffa aggravata allo Stato, oltre a a Francesco Bellavista Caltagirone, Delia Merlonghi (ex amministratore delegato di Acquamare Srl), Carlo Conti (ex direttore generale della Porto di Imperia Spa), Paolo Calzia (ex presidente della Porto di Imperia Spa ed ex Segretario Comunale ad Imperia), Andrea Gotti Lega (ex membro del cda di Acqua Marcia e Porto di Imperia Spa), Domenico Gandolfo (ex presidente Porto di Imperia Spa) e Stefano Degl’Innocenti. Per tutti il PM ha presentato ricorso contro l’assoluzione in grado, così come per Emilio Morasso e Ilvo Calzia, accusati rispettivamente di falso e di abuso d’ufficio.
Sul banco degli imputati anche Gianfranco Carli, per cui lo stesso Pm, che aveva già chiesto l’assoluzione in primo grado, accolta dai giudicato, non ha presentato alcun ricorso.
“Certo si è di fronte ad un adempimento della portata eccezionale – si legge nel ricorso del Pm – un porto turistico lasciato poco più che a metà, senza nessuna documentazione che attesti lo stadio raggiunto e la qualità e quantità del costruito. Si sono già indicati gli inizi che consentono di ritenere che tale inadempimento fosse ad origine voluto preordinato:
– numeri dell’operazione
– omessa tenuta contabilità dell’opera
– apparenti migliorie apportate all’opera
– omesso pagamento di fornitori e banche
– filiera di scatole cinesi
– tipologia di variante presentata fin da subito
– fatturazione reciproca Acquamare-Porto di Imperia
– i tempi di questo recesso di fatto dall’opera
Tutto il materiale probatorio acquisito in dibattimento converge verso lo stesso punto – prosegue il PM – la contabilità di un’opera va fatta durante i lavori e serve per verificare la loro corrispondenza ai progetti, non può essere quindi fatta ex post e perciò se manca non si saprà mai come sono state eseguite le opere, quanto meno nelle parti non accessibili alla vista e/o agli strumenti. E questa è la situazione del porto di Imperia: non si è tenuta nessuna contabilità, nessuno sa dire come sia stato fatto. Il punto all’esito del dibattimento può dirsi pacifico, per ammissione degli stessi imputati.
Sulla base di questi elementi si può e si deve ribaltare completamente l’approccio offerto dal Tribunale, che più volte ha dichiarato che il rapporto contrattuale tra Porto di Imperia SPA e Acquamare non imponeva e non richiedeva nessuna contabilità dell’opera e che quindi la Commissione di Vigilanza e Collaudo non avrebbe potuto ottenere quello che Porto di Imperia non aveva e che Acquamare non era tenuta a formare. Bisogna dare il giusto ordine nella gerarchia delle fonti di diritto, applicabile alla vicenda. Più in alto vi è la concessione demaniale marittima, che prevede un collaudo amministrativo (che abbiamo visto consiste nella determinazione del costo effettivo dell’opera come indicato nello stesso art.12 della concessione) e conseguentemente la consegna da parte della concessionaria di tutta la documentazione in suo possesso, funzionale al collaudo stesso.
Gerarchicamente subordinata alla concessione, `longeque inferior” vi è quindi la pattuizione tra Porto di Imperia e Acquamare, essendo strumentale alla realizzazione di un’opera in forza e nel rispetto della concessione. Non è possibile ammettere teoricamente la correttezza di una pattuizione tra la concessionaria e la general contractor che impedisca alla prima di ottemperare agli obblighi della concessione.
Il ribaltamento attuato dal Tribunale è gravissimo, avendo sovvertito l’ordine delle cose: non è la Commissione di Vigilanza, non è Boni a dover stare agli accordi contrattuali tra Porto di Imperia ed Acquamare, è Acquamare, è Caltagirone a dover stare alle regole imposte dalla concessione, se si è assunto l’obbligo di costruire un’opera prevista dalla concessione demaniale marittima ed oggetto di un collaudo amministrativo che si effettua con la determinazione del costo effettivo delle opere.
L’accusa aveva sostenuto e sostiene ancora con i presenti motivi che la truffa ipotizzata fosse ai danni di un ente pubblico e che cioè la Porto di Imperia SPA fosse ente pubblico”.