5 Novembre 2024 19:25

Cerca
Close this search box.

5 Novembre 2024 19:25

PROCESSO PORTO. ECCO IL RICORSO IN APPELLO DEL COMUNE DI IMPERIA CONTRO L’ASSOLUZIONE: “GLI IMPUTATI HANNO…”/LE MOTIVAZIONI

In breve: Ecco il ricorso del Comune di Imperia, rappresentato dall'avvocato Boggio di Genova, contro la sentenza di assoluzione in primo grado degli imputati accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e abuso d'ufficio nell'ambito del processo relativo a...

11106352_550193301786689_1001720414_n

“Gli imputati con le loro azioni delittuose hanno impedito di giungere al completamento delle opere, traendone notevole profitto […] Il Comune di Imperia, quale socio di minoranza della Porto di Imperia S.p.A., ha chiesto in reiterate occasioni di essere informato sulla gestione sociale e sullo stato dei rapporti della società con Acquamare S.r.l. Tali richieste sono rimaste tutte sostanzialmente inevase da parte degli amministratori della Porto di Imperia S.p.A., che mai hanno riscontrato in maniera puntuale ed adeguata i solleciti ricevuti. Ciò è emerso in maniera inequivoca dall’istruttoria dibattimentale”.

Ecco il ricorso del Comune di Imperia, rappresentato dall’avvocato Boggio di Genova, contro la sentenza di assoluzione in primo grado degli imputati accusati di truffa aggravata ai danni dello Stato e abuso d’ufficio nell’ambito del processo relativo al porto turistico di Imperia.  Vediamo, punto, per punto, come è stato formulato il ricorso.

ABUSO D’UFFICIO – MANCATA GARA PER INDIVIDUAZIONE SOCIO PRIVATO

Il giudice di merito ha ritenuto che non si dovesse scegliere il socio privato tramite evidenza pubblica, ancorché la Porto di Imperia fosse una società mista, con il compito di realizzare opere e infrastrutture di interesse pubblico. La Porto di Imperia S.p.a., giova ricordarlo, tuttavia, è titolare, dalla fine dell’anno 2006, della concessione demaniale marittima, dell’annessa convenzione urbanistica e dei relativi permessi di costruire, per la realizzazione e la gestione del Porto Turistico di Imperia, opera pubblica di essenziale e strategica importanza per lo sviluppo dell’economia e del turismo nella città di Imperia. Il Comune di Imperia è socio, in misura di un terzo del capitale sociale, della Porto di Imperia S.p.a., mentre gli altri due soci della medesima Società – per quote paritarie di un terzo del capitale ciascuna – sono Acquamare S.r.l., ed Imperia Sviluppo S.r.l. Sulla natura giuridica della Porto di Imperia si è a lungo dibattuto, fino ad arrivare alla nota e recente pronuncia della Corte di Cassazione del 2012 […] La Suprema Corte, in particolare, ha qualificato la Porto di Imperia S.p.a. come ente pubblico, essendo partecipata in parte dal Comune.  

Tale impostazione (in riferimento alle motivazioni della sentenza di assoluzione, ndr) oltre a non tenere conto della pronuncia della Corte di Cassazione del 2012, non tiene conto neppure delle risultanze processuali, ed in particolare della deposizione del teste Antonella Cirillo,all’epoca dei fatti Dirigente dell’Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici. La Cirillo nel merito della questione ha affermato che ‘quando c’è una società mista l’individuazione del socio privato con una gara ad evidenza pubblica è obbligatoria, soprattutto se poi lo stesso socio privato diventa l’esecutore materiale dell’opera‘. 

Di tale autorevole indicazione testimoniale non ha tenuto in alcun conto il Collegio, giungendo alle conclusioni che sono note, delle quali la difesa dell’Ente appellante si duole.
Per le ragioni esposte, si chiede dunque che l’Ecc.ma Corte d’Appello voglia, in riforma dell’appellata sentenza, affermare la responsabilità agli effetti civili di Gandolfo Domenico, Conti Carlo, Caltagirone Bellavista Francesco, Gotti Lega Andrea, Merlonghi Delia e Degl’Innocenti Stefano per il reato di abuso d’ufficio.

LA TRUFFA

LA QUERELLE SUI COSTI DELL’OPERA

Il fatto che non vi sia stato un “flusso di denaro” non significa che la compensazione non abbia causato un danno alla Porto di Imperia e quindi anche al Comune, che di essa era socio. La Porto di Imperia S.p.A., infatti, non ha ricevuto i circa 140 milioni di euro da Acquamare S.r.l. in pagamento del 70% dei diritti di godimento sulle opere a mare, ma li ha compensati con il pari importo da lei dovuto ad Acquamare S.r.l. per la costruzione delle stesse opere (a mare): ma queste ultime valevano decisamente meno.

In altri termini, è stato pagato ad Acquamare S.r.l. un prezzo notevolmente superiore a quello stimato, a fronte della realizzazione della sola metà delle opere previste. Ciò ha tra l’altro comportato la spoliazione del valore che la concessione avrebbe dovuto generare per finanziare la realizzazione delle opere progettate, cosicché la concessionaria si è trovata priva delle risorse necessarie a ultimare le opere anche con un diverso soggetto realizzatoreNon si può, dunque, prescindere dalla corretta rappresentazione dei costi, nei confronti dei soggetti individuati nel capo d’imputazione quali soggetti passivi degli artifizi e raggiri, la Porto di Imperia (e quindi il Comune di Imperia) e la Commissione di Vigilanza e Collaudo.

Non appare, perciò, condivisibile la tesi sostenuta dal Tribunale di Torino, secondo la quale sarebbe irrilevante la modalità di tenuta delle scritture contabili da parte di Acquamare S.r.l. (o meglio la totale assenza di una regolare tenuta delle scritture contabili). Il Collegio di Prime cure omette di considerare che la pressoché totale assenza della documentazione contabile, impediva ed impedisce la quantificazione dei costi delle opere già costruite. A differenza di quanto sostenuto dal Tribunale di Torino, si ritiene quindi che, alla luce di quanto è emerso dall’istruttoria dibattimentale la pressoché totale assenza della contabilità sia indice chiaro della volontà degli imputati di occultare o quanto meno rendere di fatto impossibile l’analisi dei costi dell’opera, costi che sono risultati inferiori rispetto a quelli dichiarati, così come dimostrato dall’Accusa.

Giova ricordare, infatti, che la somma richiesta da Acquamare per la realizzazione dell’opera era dapprima di euro 160.000.000, e lievitata poi, con l’approvazione della variante, ad euro 209.000.000, a fronte dei costi effettivamente sostenuti pari a circa ad euro 77.000.000È evidente perciò che lo scopo della sostanziale assenza di contabilità fosse quello di indurre in errore la Porto di Imperia, e quindi il Comune quale socio di minoranza della stessa.

IL RALLENTAMENTO DEI LAVORI

Il Tribunale, quindi, ha positivamente valutato (considerandole ragionevoli) le motivazioni addotte dagli imputati per giustificare il rallentamento dei lavori: ciò per l’incombente decadenza della concessione demaniale, per le continue e pressanti (ingiustificate, secondo gli imputati) richieste da parte della Commissione di Vigilanza e Collaudo, per l’abbandono del cantiere da parte di alcune delle società sub-appaltatrici, per la crisi finanziaria del gruppo Acqua Pia Antica Marcia, dovuta anche alle indagini penali a carico dei vertici del gruppo per i fatti oggetto del presente procedimento (Cfr. sentenza, pag. 117).

È evidente, tuttavia, come tali circostanze siano state travisate dal giudice di merito. Il procedimento di decadenza della concessione demaniale e l’inasprimento dei rapporti con l’Autorità di Commissione e Vigilanza, in particolare, non possono ritenersi la causa della mancata prosecuzione delle attività nel cantiere del porto, ma bensì la conseguenza dei comportamenti tenuti dagli imputati attraverso le condotte sopra descritte (innalzamento dei costi apparenti diverso dai costi effettivamente sostenuti, occultamento della contabilità, catena di sub-appalti a società fittizie). Anche per tali ragioni la sentenza non merita dunque conferma.

IL COMUNE ERA A CONOSCENZA DEI TERMINI DI REALIZZAZIONE DELL’OPERA?

Il giudice di merito a pag.100 della sentenza ha affermato: “non vi fu alcuna induzione in errore secondo i profili contestati, in quanto l’amministrazione comunale era a conoscenza delle linee determinanti dell’operazione economica, ossia del finanziamento privato della costruzione del porto e della modalità di determinazione in percentuale “secca” di diritti sull’opera da cedersi come corrispettivo alla costruttrice, secondo una forma di contratto di affidamento dei lavori atipica, senza pagamento di un corrispettivo in denaro…”.
Tale affermazione non può essere condivisa.
Il Comune di Imperia, quale socio di minoranza della Porto di Imperia S.p.A., ha, in realtà, chiesto in reiterate occasioni (si vedano le lettere inviate nelle date del 25/10/2011, 24/11/2011, 19/1/2012, 1/2/2012) di essere informato sulla gestione sociale e sullo stato dei rapporti della società con Acquamare S.r.l., mostrando perciò di versare in ben diverse condizioni rispetto a quelle ritenute dal Collegio.
Tali richieste sono rimaste tutte sostanzialmente inevase da parte degli amministratori della Porto di Imperia S.p.A., che mai hanno riscontrato in maniera puntuale ed adeguata i solleciti ricevuti.
Ciò è emerso in maniera inequivoca dall’istruttoria dibattimentale:
Il dott. Matarazzo, Segretario generale del Comune dal 2010 (sentito all’ud. 25.03.2013, alla quale si rinvia), ha dichiarato tra l’altro che il primo atto della “gestione Strescino” fu chiedere, tramite nota scritta, tutta la documentazione relativa alla c.d. permuta 70-30, richiesta che peraltro non venne mai accolta. Egli ha affermato inoltre che il Comune non ha mai “visto” i contratti dei sub appalti.

Per i motivi fin qui illustrati, si chiede, pertanto, che l’Ecc.ma Corte d’Appello voglia, in riforma dell’appellata sentenza, affermare la responsabilità agli effetti civili di Caltagirone Bellavista Francesco, Gotti Lega Andrea, Gandolfo Domenico, Merlonghi Delia, Conti Carlo, Degl’Innocenti Stefano e Calzia Paolo per il reato di truffa aggravata, come da modifica dell’imputazione effettuata dal Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 516 c.p.p. all’udienza tenuta in data 7 aprile 2014, contestato al capo B).

 LE MINACCE DI FRANCESCO BELLAVISTA CALTAGIRONE AL CONSIGLIO COMUNALE

V’è di più dell’allusione minacciosa: si assiste a vere e proprie dichiarazioni programmatiche di “rovesciare” il Consiglio Comunale quale organo collegiale se non si fosse piegato al volere dell’agente, volontà che si tradusse non solo in minacce telefoniche dirette a singoli componenti dello stesso, ma in plateali azioni.
Per i motivi sopra illustrati, si chiede, pertanto, che l’Ecc.ma Corte d’Appello voglia, in riforma dell’appellata sentenza, affermare la responsabilità agli effetti civili dell’imputato Caltagirone Bellavista Francesco per il reato contestato di cui al capo C), con le conseguenti statuizioni.

LE CONCLUSIONI

Alla luce delle considerazioni sopra illustrate, quindi, gli imputati con le loro azioni delittuose hanno impedito di giungere al completamento delle opere, traendone notevole profitto. Ci si trova ora di fronte ad un dato obiettivo: il costo per il completamento delle opere, ovverossia il costo eccedente, rispetto a quello previsto dal contratto, che il Comune dovrà sopportare, tenuto conto del fatto che in conseguenza del fallimento della concessionaria (largamente previsto e prevedibile, come da ricorso ex art. 2409 c.c. presentato dal Comune di Imperia nell’aprile 2012 a ministero dell’avv. F. Liconti), si assisterà alla decadenza della concessione.

A seguito della decadenza è però evidente che la situazione non sarà come quella originaria; infatti, l’assetto contrattuale posto in essere dalla concessionaria per la costruzione del porto (lavori di realizzazione in cambio di permuta dei posti barca) ha comportato il frazionamento delle banchine a centinaia di assegnatari (che hanno aperto un contenzioso di notevoli proporzioni).
In sostanza, anche l’assegnazione di un’eventuale nuova concessione per l’ultimazione delle opere in cambio dello sfruttamento del bene demaniale per un certo numero di anni, sarà fatto tutt’altro che semplice, giacché la nuova concessione nascerebbe svuotata del valore economico intrinseco, esaurito (quasi) interamente dal concessionario fallito, non per la realizzazione dell’intero progetto (come avrebbe dovuto essere), ma per le sole opere a mare.

Per tutti i motivi sopra illustrati, si chiede, quindi, che l’Ecc.ma Corte di Appello voglia, in riforma dell’appellata sentenza, affermare la responsabilità degli imputati per i reati loro rispettivamente ascritti, per i quali è intervenuta la costituzione di parte civile del Comune di Imperia e voglia condannarli al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in favore del Comune di Imperia, parte civile costituita, conseguenti alle condotte loro rispettivamente ascritte ai capi d’imputazione.

Condividi questo articolo: