“Il grande freddo” sta calando su Imperia. Con i rigori climatici di questi ultimi giorni di novembre, si sta determinando anche una drammatica svolta nei servizi comunali e nelle attività produttive locali: mentre si dà ai privati la refezione scolastica cittadina, si va a chiudere il mulino dell’Agnesi, con tutte le conseguenze che ciò comporterà, direttamente e indirettamente, nel breve, medio e lungo termine. La tragedia è che, in una città dominata da un silenzio assordante e agghiacciante, tutto ciò sta avvenendo come se fosse scontato e inevitabile. Cosa che non è.
*Refezione scolatica*: l’Amministrazione Capacci sostiene pubblicamente di aver dovuto mettere sul mercato le nostre mense scolastiche perché obbligata dalla normativa, che non darebbe alternative all’esternalizzazione. Non è vero: tanto per dirne una, gli ultimi emendamenti alla “Legge di Stabilità” 2014 consentono di mantenere le società che gestiscono servizi pubblici locali. Quello che si sta facendo è un preciso indirizzo politico. Una scelta. E Non certo quella sbandierata in campagna elettorale da coloro che oggi governano.
*Vicenda Agnesi*: mentre il Consiglio Comunale ha discusso una mozione unitaria che (finalmente) riconosce la gravità estrema dei rischi che l’industria locale sta correndo e leva fermi auspici affinché non chiuda il reparto di molitura del grano (che tutti sanno essere l’attività più importante per apprezzamento della qualità del prodotto da parte di consumatori e clienti) e l’intera attività manifatturiera dello stabilimento venga salvaguardata e rilanciata, con assoluto, eloquentissimo tempismo, i media informano che ieri sera, nella sede di Confindustria, è stato siglato l’accordo che farà scattare la cassa integrazione per ben 28 lavoratori, a partire dal prossimo dicembre, e determinerà la chiusura del reparto a febbraio!!!
Insomma, il messaggio è chiarissimo: il Consiglio Comunale tenta di muoversi, ma ogni cosa viene predeterminata, anzi addirittura anticipata!!!!! E’ la dimostrazione lampante – l’ennesima, direi, dopo quelle cui ci aveva abituato la disgraziata vicenda del porto turistico – del gap spaventoso che sussiste tra il luogo istituzionale di formazione democratica delle scelte riguardanti la gestione del territorio, sempre più mestamente rassegnato a rituali petizioni di principio, e l’autonomo agire dei poteri economici e delle agenzie che lo assecondano. E’ anche la clamorosa riprova di come le stesse relazioni industriali, nel nostro contesto, siano tenute: in assoluta separatezza dal confronto pubblico e istituzionale quando si tratta di imporre compatibilità aziendali, prontissime a reclamare o suggerire ai pubblici poteri e alle assemblee elettive orientamenti favorevoli quando sono in difficoltà ed hanno bisogno di una legittimazione di ordine politico.
Ma ai cittadini imperiesi a tutti i lavoratori dev’essere chiaro che una vertenza così segnata, che non attende neanche di conoscere avvisi e proposte del Civico Consesso, e, senza aver messo in campo possibilità alternative e azioni di lotta, è una ‘non vertenza’, una storia già risolta unilateralmente. Non solo viene inibita in partenza alcuna possibilità di vertenzializzare a livello territoriale la questione (che non è certo un mero affare tra privati!), ma incredibilmente si glissa su strategie e piani industriali. Nelle scorse settimane, ho fatto conoscere una mia proposta, che ripropongo nuovamente perché sia valutata nel merito da coloro che ancora non si sono rassegnati del tutto ad una ‘gelata’ come quella che colpevolmente si sta facendo calare sul nostro territorio e sulla sua gente.