“Perchè l’agave? Innanzitutto, perchè la terra dove sono cresciuto, la Liguria, ne è piena. Terra di marinai e pescatori, ma anche terra secca, più arida di quella del Messico. L’agave la troverete ogni volta che la terra si butta a mare, in modo un po’ disordinato; con romantica tenacia, con spirito di adattamento, con colori sobri. Una forza quieta, con spine necessarie e legittime, in mezzo all’arsura e ai miraggi. Tra il tramonto e l’alba, la bufera e la pioggia. Sopra e sotto la ferrovia, lei è lì, statica e forte. Paradigma di tutti quei luoghi in cui l’orizzonte non dà pace, ma agita gli animi di chi prova con ostinazione a guardare oltre“.
Inizia così il libro dell’imperiese Francesco Scopelliti “La via dell’agave” che, contattato da Imperiapost, ci ha spiegato la genesi della sua nuova opera letteraria: “Avevo già pubblicato altri libri, ma nell’ultimo periodo più che scrivere un romanzo per così dire “intero”, mi sono occupato di piccoli racconti che non pensavo nemmeno di riunire poi in un unico libro”.
“Invece – continua Francesco – ad un certo punto mi sono accorto che tra tutti i racconti si poteva trovare un filo conduttore e così li ho raggruppati. Parlo di esperienze mie, ma anche di altri, cose che ho visto con i miei occhi e altre che invece mi sono state raccontate, ma che, in ogni caso danno un’immagine di un avvenimento che per qualcuno può sembrare piccolo, irrilevante, ma invece per me ha un valore importante“.
Il libro, in formato e-book, edito da Matisklo, nella collana narrativa Vertigini, parla ” di quella striscia di terra schiacciata tra il mare e la montagna[…] La Via dell’Agave, però, è anche il ritratto di un paese, l’Italia, che pare vagare totalmente allo sbando senza direzione e di una generazione rimasta senza appigli, schiacciata tra le memorie del posto fisso e il miraggio di un futuro sempre più incerto. Una generazione che resiste, nonostante tutto; resiste all’incertezza, alla precarietà, allo sconforto. Resiste a se stessa e alla tentazione, troppo facile, di lasciarsi andare. Una Generazione Agave che cerca di fiorire nonostante il paesaggio, attorno, le sia ostile.
“In questo tempo postmoderno, che non sarà neppure ricordato come un periodo buio; con la dignità di un medioevo ridimensionato, che non conosce sovrani al di fuori delle banconote, ci resta da recuperare solamente qualche ricordo. Tanti racconti che non insegnano nulla, se non la loro stessa memoria”.