“Nel mio cuore non credo di aver fatto niente di male. Vogliono farmi prendere il massimo della condanna per non ridarmi i soldi“. Ha ribadito la sua innocenza questa mattina in aula Andrea De Iaco nel corso del processo che lo vede sul banco degli imputati con l’accusa di usura e estorsione.
De Iaco, difeso dagli avvocati Giuseppe Caprioli di Torino e Nicola Ditta di Imperia, è stato interrogato per oltre circa 3 ore dal Pubblico Ministero Alessandro Bogliolo, dalla difesa e dai legali delle parti civili.
Nel mirino degli inquirenti è finita, in particolare, una compravendita di auto tra De Iaco e alcuni imprenditori locali.
“Io sono sempre stato appassionato di macchine – ha raccontato l’imputato in aula – Ho comprato la mia prima macchina a 19 anni, una Fiat 500. Poi sono andato in Germania, dove ho vissuto diversi anni lavorando in una gelateria. Sembrava avessi una Ferrari. Ho rivenduto la 500 a una cifra nettamente superiore. Da quel momento ho capito che si potevano fare degli affari. Nulla di illegale“.
“Nel 2009 volevo una BMW X6. Ufficiale sarebbe costata 80 mila euro circa, di importazione 65 mila euro. Feci un accordo con il proprietario di una concessionaria. L’accordo era il seguente. Io avrei dato 50 mila euro per permettere all’imprenditore di acquistare un po’ di auto e di aumentare credibilità nel mercato. In cambio lui avrebbe acquistato la BMW di importazione e l’avrebbe data a me. In sostanza avrei avuto l’auto che volevo, risparmiando oltre 10 mila euro, anticipando questi 50 mila euro. Di fatto, però, questa auto arrivò solo dopo molti mesi e da Roma fecero pressioni al titolare della concessionaria per l’esborso di ulteriori 25 mila euro per il rilascio della documentazione. I soldi vennero nuovamente chiesti a me. Rifiutai e la macchina finì per tornare a destinazione. Da quel momento iniziò il mio calvario per recuperare i soldi. Riuscii a recuperare i soldi con una Audi A4, una Panda Grigia Diesel e una BMW X5“.
“Dopo alcuni anni fui coinvolto mio malgrado in un altro affare simile. Tutto partì dalla mia volontà di vendere il mio Pajero. Volevo 15-16 mila euro. Le mie macchine sono sempre curatissime, mi sembrava una cifra equa. Da quel momento in poi è iniziato un altro calvario infinito“.
“Nel mio cuore non credo di aver fatto niente di male. Ho dato sempre i miei soldi a persone che mi hanno chiesto di fare affari insieme. L’ho fatto in diverse occasioni e non ho mai fatto male a nessuno. Non posso negare in alcune occasioni di aver urlato, magari anche di aver minacciato quando volevo recuperare i miei soldi, fa parte del mio carattere. Ma qui si parla di usura, è una cosa ben diversa. Io non ho corrotto nessuno, fatto pressioni su nessuno. Dietro questa vicenda ci sono persone che vogliono rovinarmi. Non so neanche perché mi trovo qui. È finita in mezzo a questa storia anche mia moglie, che è una brava persone. Me l’hanno rovinata, con accuse assurde sui giornali. Vogliono farmi prendere il massimo della condanna per non ridarmi i soldi, questa é la verità“.
Nel frattempo è stata respinta la richiesta di scarcerazione presentata dagli avvocati di Andrea De Iaco. Il 44enne di Cipressa, dunque, resta in carcere. I legali hanno già annunciato ricorso in Appello.