IMPERIA – “Di notte i talebani venivano a cercarci nelle nostre case per ucciderci”. È questo il drammatico racconto di Maruf Spingol, 27 anni, poliziotto scappato assieme ad altri giovani da Jalalabad, città dell’Afghanistan ad est di Kabul, vicina al confine con il Pakistan.
Oltre 5.000 km, la maggior parte dei quali percorsi a piedi. È questa la distanza che hanno percorso Maruf e gli altri nove giovani profughi afgani (Wares, Ningaari, Gulmuhammad, Kudratullah, Seilrahman, Lebakhan, Baber, Hafisullah, Nooraga, tutti tra i 15 e i 27 anni) arrivati dopo alcuni mesi di viaggio alla “corte” di Don Antonello Dani nella parrocchia di Piani.
Occhi smarriti, persi nel vuoto, ma ancora con la speranza di migliorare la propria condizione di vita. Una vita che nella loro terra di origine era in pericolo, minacciata dai talebani. Jalalabad e Tagab, sono queste le due città di afgane da cui provengono i profughi respinti alla frontiera con l’Austria che domani saranno trasferiti a Camporosso. Dal punto di vista medico hanno tutti superato le visite del caso. Tutti hanno chiesto asilo politico per motivi umanitari. ImperiaPost è andata a conoscerli per capire cosa li ha spinti ad intraprendere un viaggio tanto lungo quanto pericoloso.
“Io ero un poliziotto e loro sono tutti figli o comunque parenti di poliziotti. – racconta Maruf, l’unico a conoscere un po’ di inglese – In Afghanistan, a Jalalabad, vivevamo circondati dai talebani che di notte facevano incursioni e attentati. Vivevamo tutti all’interno di una stazione di polizia e da quando gli americani sono andati via siamo ancora più in pericolo di vita proprio perché rappresentiamo quelle istituzioni che loro, gli estremisti, non riconoscono e che combattono. Per uscire dalla città abbiamo usato l’elicottero degli americani perché sarebbe stato troppo rischioso percorrere la strada che porta fuori città. Abbiamo attraversato l’Iran, la Turchia, la Bulgaria, la Serbia, la Bosnia, la Slovenia e poi siamo finalmente arrivati in Italia. Io e un altro ragazzo ci abbiamo messo circa un mese ad arrivare, altri fino a 4 mesi. In alcune città siamo stati aiutati da automobilisti e camionisti, ma la gran parte del viaggio l’abbiamo fatto a piedi. Nel nostro paese nessuno di noi poteva andare a scuola e
Cosa è successo al confine con l’Austria?
“Ci hanno fatto sedere in un posto e poi ci hanno detto che non avremmo potuto continuare il viaggio. Poi siamo stati identificati a Udine e portati qua”.
Lo sapete che in Italia c’è chi non vede di buon occhio gli immigrati, cosa ne pensate?
“Le persone che abbiamo incontrato ci hanno trattato bene, sono gentili e per questo li ringraziamo. L’Italia ci piace, vorremo ricominciare la nostra vita qua”.