26 Dicembre 2024 06:09

26 Dicembre 2024 06:09

IMPERIA. EREDITA DUE APPARTAMENTI DEL VALORE DI 300 MILA EURO DA UN CLIENTE CON PROBLEMI PSICHICI, NOTO AVVOCATO INDAGATO PER CIRCONVENZIONE D’INCAPACE/LA STORIA

In breve: Avrebbe convinto un proprio cliente, Giovanni Muratorio, 66 anni, con problemi psichici, a nominarlo nel testamento, ereditando alla morte dell'uomo due appartamenti poi ceduti per una cifra pari a 300 mila euro.

collage tribunale  luglio

Avrebbe convinto un proprio cliente, Giovanni Muratorio, 66 anni, con problemi psichici, a nominarlo nel testamento, ereditando alla morte dell’uomo due appartamenti poi ceduti per una cifra pari a 300 mila euro.

Per questi fatti il noto avvocato imperiese Mario Leone, 60 anni, è indagato con l’accusa di circonvenzione d’incapace. L’inchiesta è condotta dal Pubblico Ministero Paola Marrali. Nei giorni scorsi a Leone, nel corso delle perquisizioni della Guardia di Finanza all’interno del suo ufficio e della sua abitazione, è stato notificato l’avviso di garanzia. Il testamento è stato posto sotto sequestro.

L’indagine ha preso piede poco dopo la morte del 66enne che, ospite della clinica Sant’Anna, si era squarciato l’addome con un coltello da cucina, spirando dopo pochi giorni. La Procura aveva aperto un’inchiesta per far luce sulla morte di Muratorio, in particolare per verificare eventuali mancanze da parte del personale sanitario della Clinica Sant’Anna.

Contattato da ImperiaPost Mario Leone ha spiegato: “È inverosimile che io possa aver indotto Muratorio a modificare il testamento a mio favore. Io non sapevo neanche che lui mi avesse nominato nel testamento, l’ho scoperto solo dopo la sua morte. Mi aveva consegnato lui stesso una busta, che ho aperto solo dopo i funerali, scoprendo con mia sorpresa di essere stato nominato erede di questi due appartamenti. Immagino che lui mi abbia inserito nel testamento per una questione affettiva, di fiducia. Non aveva più familiari. Ci sono dei certificati medici che attestano la perfetta integrità morale di Muratorio. Per un anno abbiamo combattuto insieme perché potessi diventare suo amministratore di sostegno. Fu lui a chiederlo con insistenza. Presentammo varie istanze. Mi pare evidente che non si possa parlare di una persona incapace di intendere e di volere. Non tentò il suicidio, fu un gesto dimostrativo, forse perché voleva tornare a casa sua. Non si squarciò l’addome, ma si fece un taglio, cui seguirono delle complicazioni dalle quali non si riprese. Dispiace che questa storia sia finita sui giornali, anche perché è frutto solamente di un equivoco. La Procura avrebbe dovuto mantenere il riserbo, anche per una questione professionale”.

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