Erano accusati di accendere mutui con carte di identità fasulle intestate a persone ormai defunte per poi darsi alla macchia appena ricevuti i soldi. A distanza di circa dieci anni di udienze e processi sono stati tutti assolti dalla Corte d’Appello di Genova per intervenuta prescrizione. Si tratta degli imperiesi Luciano Rossetti e Stefan Paul (di origini romene), e dei lombardi Roberto Rossetto e Ferdinando Bellini.
Con i soldi ottenuti truffando banche e istituti di credito i quattro, secondo l’accusa, avevano acquistato auto di lusso ed effettuato lavori di ristrutturazione. L’indagine, risalente al 2004, era stata condotta dalla Guardia di Finanza e il fascicolo affidato al Pubblico Ministero Maria Antonia Di Lazzaro. Secondo l’ipotesi accusatoria i quattro erano soliti incontrarsi presso il mobilificio “I mobilieri”, sulla Statale 28, per pianificare le truffi.
A seguito di attività d’indagine per i quattro era scattato l’arresto con le accuse di associazione a delinquere, truffa, falso, evasione fiscale e sostituzione di persona. Il Tribunale del Riesame, però, all’epoca, fece subito cadere l’ipotesi dell’associazione a delinquere, disponendo la scarcerazione per mancanza di prove schiaccianti. L’inchiesta è poi sfociata nell’udienza preliminare e nel processo, iniziato nel 2010 con l’ipotesi di reato principale di truffa. In primo grado i quattro erano stati condannati dal giudice Varalli a pene tra i tre e i quattro anni. In appello, però, cadute tutte le accuse, è rimasta solo quella per truffa, il cui reato, passati ormai dieci anni, è risultato prescritto. Da qui l’assoluzione. Chi truffò le banche, allo stato attuale resta un mistero.
“Arresti e dieci anni di processi sono sfociati in un nulla di fatto – commenta l’avvocato Mario Leone, legale di Rossetti – È un’inchiesta nata male, con l’accusa di associazione a delinquere basata su prove deboli. Tutta l”inchiesta era incentrata sull’ipotesi che gli allora indagati si vedessero presso il mobilificio ‘I mobilieri’ sulla Statale 28 per pianificare le truffe. Il tutto, però, senza uno straccio di prove. Non c’erano foto, nessun pedinamento, solo qualche intercettazione telefonica, per altro di difficile interpretazione. Già il Tribunale del Riesame dopo 20 giorni aveva scarcerato gli arrestati e fatto decadere l’accusa di associazione a delinquere. Il Pm di allora, però, insistette, finché si arrivò in udienza preliminare, dove anche il giudice Favalli stralciò l’accusa di associazione a delinquere mandando a processo i quattro indagati, di fatto, solo con l’accusa di truffa, reato che, arrivati in Appello, è risultato prescritto. In più le presunte truffe sarebbero state commesse non a Imperia, ma in diverse città d’Italia. Da qui il problema della competenza territoriale. Insomma, un’inchiesta basata sul nulla risoltasi in un nulla fatto. Credo non ci sia molto altro da dire”.