Nel settembre del 2009 trasformò una missione a l’Aquila, da poco devastata dal terremoto, in una vacanza con l’amante. Per quei fatti l’ex Comandante dei Vigili del Fuoco di Imperia Vincenzo Giordano finì a processo con le accuse di peculato e falso ideologico. Questa mattina si è tenuta un‘udienza chiave in Tribunale a Imperia. Sul banco dei testimoni, infatti, sono sfilati, tra gli altri, Maurizio Favero, ex autista dei Vigili del Fuoco di Imperia e principale accusatore di Giordano, e M.E.T., funzionario dei Vigili del Fuoco di Rimini, nonché la donna con cui Giordano trascorse i giorni della missione a l’Aquila.
MAURIZIO FAVERO
“La mia mansione nel 2009 all’interno del Comando dei Vigili del Fuoco di Imperia era di coordinatore del magazzino e autista del Comandante. Diatribe con il Comandante? Mai, o almeno non prima del famoso viaggio a l’Aquila. Avevo però già presentato degli esposti orali alla Guardia di Finanza inerenti alcune problematiche emerse nella gestione del magazzino”.
“Dal 2 al 13 settembre era in programma una missione a l’Aquila a sostengo dei terremotati. Andai a prendere l’ing. Giordano a Cuneo, su ordine di servizio dello stesso comandante. Lui viveva a Cuneo. Già in altre occasioni ero andato a prenderlo a Cuneo. L’obiettivo era raggiungere l’Aquila. Era la seconda volta che facevamo questo viaggio. Ad agosto, ci vollero 7 ore dirette.
Partii da Imperia alle 12.30 e da Cuneo verso le 14.30, con l’ing. Giordano. Salimmo prima a Torino e poi prendemmo la Torino-Piacenza e la Piacenza-Parma. Uscimmo a Parma e mangiammo a casa del nipote del comandante che frequentava lì l’università. Successivamente ci dirigemmo verso Rimini. Uscimmo nuovamente dall’autostrada. Il motivo? Dovevamo prendere una persona che doveva fare il viaggio con noi. Si trattava di una donna. L’avevo già vista in una precedente missione a l’Aquila. Era M.E.T., dipendente del Comando dei Vigili del Fuoco di Rimini, che in quei giorni era fuori servizio. Io ero fortemente contrariato perché non potevamo portare nessuno e la responsabilità era la mia, come autista. Subito dopo la partenza, essendo già pomeriggio avanzato, ci fermammo in un albergo ad Ancona. Io presi una camera per me, il Comandante dormì con la signora. Io pagai la mia camera, l’ing. Giordano la sua. La spese mi venne poi rimborsata dall’amministrazione”,
“Da Ancona ci dirigemmo poi verso Roma. Il Comandante andò al Viminale. La signora venne con noi. Terminati i suoi impegni istituzionali, il Comandante decise di fare un giro per Roma. Mangiammo li e poi finalmente partimmo per l’Aquila. Per una viaggio di sette ore ci volle un giorno e mezzo. In più a l’Aquila andammo anche a vedere un concerto, quello di Riccardo Muti”.
“Successivamente tornammo indietro perché il Comandante aveva una riunione a Genova l’8 settembre. Riportai la signora a Rimini, il Comandante a Cuneo e poi raggiunsi Imperia. Ero davvero disgustato per quello che era successo. Per questo, quando pochi giorni dopo tornammo a l’Aquila, la signora venne in treno e non con noi in macchina. Fu tutto diverso, da Genova, da dove partimmo dopo la riunione, raggiungemmo l’Aquila in poche ore senza soste”.
“Durante la nostra permanenza a l’Aquila la signora T., in quanto fuori servizio e dunque non autorizzata, utilizzò il mio pass per accedere alla caserma della Guardia di Finanza, dove ‘alloggiava’. Io avevo infatti ricevuto il pass, ma non ne avevo bisogno in quanto ero in divisa”.
“Dopo quella missione i rapporti con l’ing. Giordano si guastarono. Gli dissi che non volevo più fare missioni con lui. Mi sentivo umiliato come pompiere e come uomo. Mentre i miei colleghi lavoravano per aiutare i terremotati io facevo l’Ambrogio di turno. Fu una vacanza, non una missione. In futuro scesi altre volte a l’Aquila, ma sempre con la squadra”.
M.E.T.
“All’epoca dei fatti ero funzionrio contabile amministrativo presso il Comando dei Vigili del Fuoco di Rimini. Nei giorni della missione all’Aquila, a settembre, io ero in ferie. Andai insieme all’ing. Giordano. Perché? Mi venne a prendere, eravamo d’accordo, io ero in ferie. Perché l’Aquila? Poteva essere l’Aquila come un altro posto (il PM fa presente al teste che in sede di interrogatorio aveva raccontato di voler andare a l’Aquila per vedere il concerto di Riccardo Muti, ndr). I rapporti con l’ing. Giordano? Una semplice conoscenza, divenuta poi amicizia. Amicizia poi sfociata in una relazione? Queste sono questioni personali”.
“L’ing. Giordano mi venne a prendere con l’auto di servizio. Guidava un autista. Ci fermammo a Roma. Io dormii in camera con l’ing. Giordano. Pagò lui il conto dell’albergo. Successivamente andammo a Roma perché l’ing. Giordano doveva recarsi al Viminale. L’Aquila? Io avevo alloggiato presso la Caserma della Guardia di Finanza. Dormii in stanza con l’ing. Giordano. Al termine della missione venni riportata a Rimini. Dal settembre 2009 in poi non ho mai più avuto rapporti con l’ing. Giordano”.
Successivamente sono stati sentiti altri due testimoni, Giuseppe Di Maria, all’epoca dei fatti responsabile del personale e dei corsi di formazione dei Vigili del Fuoco di Imperia e Stefano Augeri, capo squadra dei Vigili del Fuoco di Imperia.