Erbil (Iraq) – Prosegue il viaggio alla volta del “Rojava” (quello che viene considerato il Kurdistan siriano) dell’attivista imperiese Giovanni Vassallo. Dopo il report di ieri, Vassallo, ha incontrato gli altri compagni di viaggio, cinque attivisti spagnoli con i quali ha trascorso la giornata e la notte. Il gruppo si trova in medio oriente per documentare i processi di indipendenza del popolo curdo.
ImperiaPost seguirà il viaggio di Vassallo con report quotidiani. Ecco quelli di ieri:
“Anche oggi fermi ad Erbil. Domani avremo una riunione per fare il punto sul passaggio della frontiera. Intanto sono arrivati tutti e il gruppo è al completo. Ci sono io, italiano, e cinque spagnoli. Abbiamo passato la giornata chiacchierando e scoprendo man mano quante esperienze abbiamo in comune. Alcuni di loro sono stati in Africa e in Palestina come me, altri in posti dove mi piacerebbe davvero andare, come la Mauritania, che è il mio sogno nel cassetto. È gente esperta e molto convinta di quello che fa. Si vede dalla tranquillità e pacatezza con cui affrontano le attività quotidiane: abbiamo fatto una cassa comune per pasti e taxi e ognuno è sempre pronto ad aiutare gli altri con piccole gentilezze. Ci siamo affiatati subito e tra noi si è creata una bella atmosfera di misurato entusiasmo. Credo che il gruppo possa reggere bene alle tensioni di un viaggio che potrebbe anche non essere facilissimo. Ho fatto loro da “guida” nella zona della Cittadella e del bazar dove sono stato ieri, quindi non ho grandi novità. A parte il fatto che abbiamo trovato un negozio che vende armi da guerra. Molte sono catenacci inservibili, per esempio il tubo lanciarazzi che si vede in foto è vuoto e nessuna mitragliatrice mi sembrava funzionante. Però la Glock e il Kalashnikov che mi hanno fatto vedere erano sicuramente in perfetta efficienza. Purtroppo nel negozio nessuno parlava inglese quindi non ho potuto fare domande sulla legislazione locale in materia di possesso di armi da guerra. Che sia legale detenerle non sarebbe poi così strano, in molti stati Usa è perfettamente lecito avere in casa un fucile d’assalto come l’M 16 o una mitraglietta Uzi” .
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Aggiornamento della notte.
“Siamo andati a fare un giro per il quartiere e neanche a cento metri dal nostro albergo abbiamo incontrato un piccolo insediamento informale di rifugiati siriani. Sono curdi di Aleppo, prima sono scappati a Raqqa e quando il Daesh è arrivato fin lì son venuti qui in Iraq.
Sono sei famiglie numerose in sei tende. Tutti figli di un signore anziano con le mogli e i bambini. Stanno lì da quattro anni mantenuti dalla solidarietà dei vicini. Ci sarebbero anche dei campi profughi governativi, ma loro si trovano meglio qui. A bordo strada, sul cemento di una stazione di servizio dismessa. Ma vicino ad una comunità che li ha adottati e li aiuta non solo materialmente. Chi ha visto l’alienazione dei campi profughi e dei centri di accoglienza non può che concordare con questa scelta.
Perdonate la frecciata polemica, ma ci hanno giurato che non hanno il permesso di occupazione del suolo pubblico e che si preparano i pasti da soli senza che il Comune abbia nulla da ridire. Pare non siano neppure gli unici. Queste notizie lasceranno esterrefatto il sindaco di Ventimiglia, che con queste motivazioni ha fatto sgomberare il campo autogestito che migranti e italiani solidali avevano messo su ai Balzi Rossi. Era una cosa molto simile, un luogo informale e caldo, che molti migranti preferivano al pur dignitosissimo centro della Croce Rossa in stazione.
Stavamo cercando di comunicare un minimo quando è capitata una di quelle combinazioni che dimostrano l’esistenza di quella che io chiamo Fortuna del Viaggiatore. A volte quando sei in viaggio la legge di Murphy funziona al contrario e se una cosa può andare bene lo fa.
Si è presentata una ragazza che parla spagnolo. Una vicina che è stata un anno in Spagna con la madre e il fratello ed ha appreso la lingua in maniera perfetta. La madre non ha imparato neppure una parola, ma ci tiene lo stesso a conoscere gli Iberici.
La situazione è presa in mano dalle nostre donne: si presentano, si parlano, si raccontano, cominciano a ridere come matte, a scambiarsi i numeri di telefono a farsi le foto e a inviarle con WhatsApp. Alexandra, una ragazza giovane che studia arabo va anche a parlare con le donne del campo che finora si sono tenute in disparte.
Sono comparsi stuoie e cuscini e sediamo sul cemento a bere il tè. La comunicazione tra noi maschi è molto più formale e ingessata, non è la prima volta che noto una cosa del genere in Medio Oriente. Veniamo comunque a sapere che sono una famiglia di contadini e che attualmente hanno poche speranze di tornare a casa.La guerra dura da quattro anni, come le nostre due guerre mondiali, e non se ne vede la fine.
Andiamo via dopo un paio d’ore. Qualcuno propone di lasciare un piccolo aiuto a questa gente, solo per scoprire che la metà di noi aveva già provveduto con discrezione. Siamo davvero un bel gruppo. Completiamo l’opera è andiamo a dormire”.
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