“Perché timbrava in mutande? Magari se si ricordava di farlo fuori tempo massimo, quando si era già messo in libertà“. Così la moglie di Alberto Muraglia, il vigile urbano finito su tutte le prime pagine dei giornali nazionali mentre timbra il cartellino in mutande e diventato simbolo dell’operazione della Guardia di Finanza di Sanremo “Stachanov” , ha cercato di difendere l’operato del marito in un’intervista al Corriere della Sera.
Muraglia abita in un appartamento che si trova dentro il mercato annonario, di cui è custode, collegato con un corridoio che porta direttamente in alcuni uffici comunali. Da casa alla macchinetta per il timbro del cartellino, dunque, si impiegano pochi passi.
“Siamo brave persone. Abbiamo commesso delle leggerezze, sbagliato qualche dettaglio, è vero. Ma non siamo né ladri né truffatori“ ha dichiarato al cronista del quotidiano milanese la donna, ancora scossa dopo l’arresto del marito (ai domiciliari) nell’ambito del blitz delle fiamme gialle che ha portato all’arresto di 43 dipendenti comunali accusati di truffa e falso per via di un utilizzo indebito del cartellino.
Da 30 anni al servizio del Comune, sposato, con tre figli, Alberto ” è sempre stato un motivo di orgoglio per il Comune e adesso guarda cosa doveva capitare…“ prosegue la moglie del Vigile che, oltre all’impiego pubblico, è anche un ottimo cuoco, tanto da essere diventato l’italiano di fiducia dei reali del Belgio.
Adriana è convinta della buona fede del marito: “Abbiamo passato tutta la notte a ricostruire come sono andate le cose per ognuno degli episodi che gli contestano […] per ciascun fatto abbiamo le prove che niente è come è stato descritto nelle accuse. Dicono che si allontanava dal servizio e invece abbiamo carte e testimoni che dimostrano che stava lavorando eccome. Dicono che timbrava in ritardo per far la cresta sugli straordinari eppure non ha mai preso un centesimo di straordinario se non richiesto e approvato dai suoi superiori per motivi certificati”.
In merito alle immagini la ritraggono, lei come la figlia minorenne, mentre timbra il cartellino del marito, Adriana spiega: “Non dovevo farlo né avrebbe dovuto farlo nostra figlia. È stata una leggerezza, un errore. Però per quegli stessi giorni abbiamo la dimostrazione che mio marito aveva lavorato le ore che doveva. Lui si occupa di rimozioni, mercati esterni. Ci sono i verbali, le foto, i documenti delle manifestazioni che seguiva fuori ufficio. È che magari si ricordava del timbro mentre era sotto la doccia e ci diceva: per favore vai tu? Non era un imbroglio, mi creda. Noi siamo gente perbene”.