Anche l’operazione porto di Imperia è finita nel calderone della Banca Etruria. L’istituto di credito più discusso del momento è arrivato a un passo dal tracollo finanziario (con un buco da oltre tre miliardi di euro, per il quale la Magistratura ha aperto un’inchiesta) scongiurato dall’intervento della Banca d’Italia, in collaborazione con l’Ue, e poi ratificato dal Governo Renzi tra mille polemiche (il salvataggio è avvenuto tramite il cosiddetto bail in, un sistema che prevede di salvare una banca utilizzando i soldi degli investitori; hanno così perso denaro le persone che avevano investito i propri risparmi nelle azioni della banca oppure in obbligazioni subordinate) per via della erogazione di crediti “malati”, ovvero concessi senza rispettare il criterio base della “sana e prudente gestione”.
Ebbene, tra i crediti più sostanziosi erogati dalla Banca Etruria, c’è anche quello concesso all’Acquamare, società che fa capo all’imprenditore Francesco Bellavista Caltagirone e costola dell’universo Acquamarcia, per i lavori di costruzione del porto turistico di Imperia.
La storia, oramai, è ben nota. Un pool di sei banche, tra cui appunto la Banca Etruria, capitanato cdall’Unicredit, concede all’Acquamare, società (Srl) con un capitale sociale pari a soli 10 mila euro, un finanziamento pari a 140 milioni di euro per la costruzione del porto. Finanziamento garantito da un’ipoteca pari a 280 milioni di euro sottoscritta dalla Porto di Imperia Spa (società incaricata della gestione del porto turistico) sul 70% del porto turistico di Imperia, ovvero la fetta di proprietà dell’Acquamare. Ipoteca poi rivelatasi nulla a seguito di una sentenza del Tar di Genova.
Ogni istituto di credito versa circa 20 milioni euro. Di quel mutuo, che secondo gli accordi l’Acquamare avrebbe dovuto far rientrare in base agli stati di avanzamento lavori, però, si sono perse le tracce. Il porto è stato in parte costruito, ma di soldi alle banche neanche l’ombra, se non qualche spicciolo. La Banca Etruria, alla fine dei conti, è rimasta esposta per circa 17 milioni di euro con la sola Acquamare. Addirittura ammonta a 60 milioni di euro il credito nei confronti dell’Acquamarcia, il più sostanzioso dopo quello della Banca Etruria con il gruppo Sacci, storica azienda cementiera.
Altre banche hanno invece di deciso di intraprendere le vie legali. La Banca Monte dei Paschi di Siena, infatti, ha chiesto il pignoramento dei beni della Porto di Imperia SPA per un valore pari a circa 18 milioni di euro. Non è escluso che ora che la Banca Etruria, uscita dallo stato passivo, decida anch’essa di chiedere il pignoramento dei beni della Porto di Imperia Spa. Una possibile svolta sul fronte fallimento o un atto solo formale visto che l’ipoteca è stata definita nulla dal Tar?