Il consigliere comunale di Forza Italia Antonello Ranise ha preso posizione in merito alla decisione dei curatori fallimentari della Porto di Imperia Spa di bocciare la proposta di acquisto formulata dalla Go Imperia, partecipata del Comune capoluogo.
“Bocciata la proposta di Go-Imperia: un flop annunciato dell’Amministrazione, una condotta dilettantistica e inadeguata. E ciò che è peggio, il “regalo di Natale” a 29 dipendenti, che rischiano di rimanere a casa.
Il fatto, brutale, è che dal primo di gennaio lo scalo turistico rischia di essere chiuso e 29 persone di perdere il posto di lavoro. Queste in sintesi le conseguenze del rigetto della proposta di acquisto formulata dalla Go Imperia: insomma un autentico flop. Credo sia utile ripercorrere alcune tappe fondamentali della storia del porto, in modo puntuale, per una comprensione obiettiva di quanto accaduto.
Nell’agosto del 2013, quando con provvedimento del giudice Colamartino, la Porto di Imperia spa è stata ammessa a concordato, con specifica richiesta da parte del collegio giudicante, rivolta al Comune di Imperia socio pubblico della Porto di Imperia, di manifestare con chiarezza la propria posizione in merito, al fine di dare un segnale forte alle istituzioni, ma soprattutto alle banche che rimandavano continuamente la firma dell’accordo, atto fondamentale per la chiusura del piano economico-finanziario. Non si trattava di una semplice richiesta, ma di una forte presa di posizione, si badi bene anche politico-amministrativa, per dare forza alla procedura stessa.
L’allora Amministratore Unico della Porto di Imperia, pochi mesi prima che fosse sancito il decreto fallimentare, aveva infatti relazionato a tutta la giunta, Sindaco compreso, per sollecitare una (doverosa) presa di posizione. Promesse e garanzie che sono state disattese in quanto era ferma volontà della maggioranza di far fallire la società. A pochi giorni dall’ancora possibile chiusura dell’accordo con le banche, giunse la sentenza di fallimento (maggio 2014). A questo punto cambia lo scenario con il subentro della Go Imperia srl per la gestione diretta del porto, senza peraltro un piano finanziario, senza un euro nelle casse, e senza alcuna possibilità di rassicurare gli investitori del porto su garanzie di continuita’. Il contratto stipulato prevedeva un affitto mensile di 40 mila euro e l’impegno di presentare offerta di acquisto per un valore di 7 milioni e mezzo di euro entro la fine dell’anno.
E’ evidente come in tale contesto la società Go Imperia non fosse in grado di tenere fede agli accordi contrattuali, anche perché, senza garanzie di mantenimento dei diritti acquisiti ai clienti proprietari dei posti barca, i veri investitori del porto, questi non avevano, e non hanno tuttora (più che comprensibimente), intenzione di firmare alcun contratto né di versare alcun onere alla nuova società. Viene allora deciso di chiedere una proroga al termine indicato per prendere tempo e “traccheggiare”, probabilmente sperando in una svalutazione del Porto. Una perizia successiva sull’effettivo valore delle proprietà ha invece confermato i suddetti 7 milioni e mezzo di euro, cifra, lo ripeto, del tutto al di fuori della portata del Comune di Imperia, se si vuol ragionare seriamente e non prendere per i fondelli la gente.
Alla scadenza del secondo termine viene chiesta una ulteriore proroga, fissata questa volta al 30 novembre 2015. Consapevoli del fatto che non era possibile predisporre un piano industriale sostenibile, Go Imperia, come ben riportato dagli organi di stampa, avanza un’offerta “bufala” per interrompere i termini. In sintesi: pagare 50 mila euro al mese tentando nel frattempo di ottenere una concessione di durata prossima ai 25 o 35 anni, in modo da poter mettere in vendita i posti barca ancora invenduti. Peccato che i Curatori sono in attesa della sentenza del Consiglio di Stato in merito alla decadenza della concessione ed il fallimento non è stato confermato dopo la sentenza del Tar di Genova che ha revocato il fallimento per un vizio di forma. Forse speravano che i Curatori si fossero dimenticati che il fallimento era stato voluto dallo stesso Comune e che con una offerta palesemente insostenibile non era possibile rimediare all’attuale disastro. Una vicenda gestita male, con pressapochismo e sulla pelle di investitori, lavoratori, e più in generale di tutta la città, che merita ben altre risposte e ben altre competenze”.