Imperia – Una vittoria a metà quella ottenuta oggi dall’amministrazione Capacci sulla battaglia legale per la pedonalizzazione di via Cascione. La prima sezione del Tribunale Amministrativo ligure ha dichiarato il ricorso di parte dei commercianti della “inammissibile e irricevibile” per vizi di natura procedurale. Allo stesso tempo però il T.A.R. ha disposto l’annullamento degli atti di assenso paesaggistico e storico artistico. Il motivo? Sarebbero carenti le motivazioni addotte dalla Soprintendenza nel concedere il nulla osta per i lavori. La pedonalizzazione, dunque, resta per ora un miraggio per l’amministrazione Capacci che sarà costretta a chiedere le necessarie autorizzazioni alla Soprintendenza.
I giudici, inoltre, hanno definito legittimo, in termini di interessi, il ricorso dei commercianti in quanto risultano “titolari di esercizi commerciali siti nella stessa area interessata dall’intervento i cui effetti pertanto coinvolgono direttamente l’operatività degli stessi. Cosicché, rispetto alla piena sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante alla legittimità dell’attività amministrativa che assente il mutamento dello stato delle aree interessate direttamente dall’attività facente capo ai ricorrenti, la eventuale preferenza per il carattere pedonale o meno della strada modificata assume mero interesse di fatto, come reso evidente anche dall’intervento ad opponendum di altri operatori”.
“Il ricorso è stato dichiarato inammissibile e irricevibile – ha detto il sindaco Capacci a ImperiaPost – ma allo stesso tempo sono state annullate le autorizzazioni che richiederemo al più presto per portare avanti il nostro obiettivo”
ECCO PERCHÉ IL RICORSO É INAMMISSIBILE E IRRICEVIBILE
– rilevato che, anche a fronte della completezza degli atti e delle difese nonché in relazione alla rilevanza delle opere coinvolte, sussistono i presupposti per l’adozione di una decisione in forma semplificata;
– atteso che, in primo luogo, appare prima facie fondata l’eccezione di irricevibilità in ordine ai vizi dedotti avverso gli atti di approvazione dei progetti di opera pubblica, risalenti ad alcuni anni fa ed in relazione ai quali vale il principio a mente del quale il termine per l’impugnazione non decorre dalla pubblicazione ma dalla comunicazione ovvero dalla piena conoscenza solo in relazione ai singoli soggetti proprietari interessati;
– rilevato che in secondo luogo, pur dinanzi ad una astratta legittimazione ad impugnare gli atti di aggiudicazione dei lavori di esecuzione di un’opera pubblica contestata da parte dei soggetti operanti in aree limitrofe e coinvolte dai lavori affidati, nel caso di specie nessuna censura viene dedotta avverso gli atti di gara confluiti nell’aggiudicazione, con conseguente inammissibilità delle stesse in parte qua;
– atteso che peraltro, al riguardo, ai fini dell’applicazione del rito speciale assume rilievo preminente l’oggetto della controversia che, coinvolgendo (oltretutto col ricorso principale ed introduttivo del giudizio) atti di procedura di affidamento di lavori pubblici, non può sottrarsi alla piena operatività dell’art. 120 cod proc amm;
– considerato che a quest’ultimo proposito, ai fini perseguiti dal legislatore con l’introduzione del peculiare rito processuale, ciò che rileva è che le controversie comunque coinvolgenti tale tipologia di atti siano oggetto di un percorso giurisdizionale accelerato, a prescindere dalla questione dell’individuazione soggettiva della legittimazione ad impugnare ed ai fini perseguiti dai ricorrenti;
ECCO PERCHÉ SONO STATE ANNULLATE LE AUTORIZZAZIONI
– rilevato che, in terzo ed ultimo luogo, il ricorso per motivi aggiunti appare invece prima facie fondato nella parte in cui coinvolge gli atti di assenso paesaggistico e storico artistico, sotto l’assorbente profilo del palese difetto di motivazione;
– considerato che, in via preliminare, sussiste all’evidenza la legittimazione ad agire ed il concreto interesse in capo a soggetti che, pacificamente, risultano titolari di esercizi commerciali siti nella stessa area interessata dall’intervento, i cui effetti pertanto coinvolgono direttamente l’operatività degli stessi, cosicchè, rispetto alla piena sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante alla legittimità dell’attività amministrativa che assente il mutamento dello stato delle aree interessate direttamente dall’attività facente capo ai ricorrenti, la eventuale preferenza per il carattere pedonale o meno della strada modificata assume mero interesse di fatto, come reso evidente anche dall’intervento ad opponendum di altri operatori;
– atteso che, in linea di diritto, costituisce jus receptum quello in base al quale nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica il parere vincolante della soprintendenza deve essere puntualmente e congruamente motivato;
– rilevato che in generale va ribadito che l’atto di autorizzazione paesaggistica espressione dell’esercizio di valutazioni tecniche, deve contenere un’adeguata motivazione, e deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria (cfr. art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990), ed in particolare non appare ammissibile che la motivazione di un provvedimento autorizzatorio paesaggistico possa esaurirsi nell’integrale richiamo « per relationem » di un atto privato, senza esprimere un’autonoma valutazione dell’ente preposto alla cogestione del vincolo (cfr. ad es. CdS 4925\2015);
– atteso che, in materia, va conseguentemente ribadito con la citata preminente giurisprudenza che nello specifico settore in esame la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde a un modello che contempli, in modo dettagliato, a titolo esemplificativo la descrizione: I) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; II) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante l’indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; III) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l’indicazione dell’impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio;
– rilevato che nel caso di specie il provvedimento impugnato è del tutto carente di qualsiasi valutazione, limitandosi ad una formula non solo di stile ma altresì dubitativa (“allo stato attuale delle conoscenze e delle informazioni contenute nella relazione…risultano compatibili”), senza alcuna indicazione di un qualsiasi elemento concreto e della connessa valutazione da cui trarre tale reputata compatibilità, ciò in specie in considerazione della ampiezza dell’intervento che coinvolge una arteria ed un’area rilevante del centro storico;
– considerato che analoghe considerazioni in diritto – a maggior ragione – vanno ribadite per quanto riguarda l’assenso sotto il profilo storico artistico, secondo il consolidato principio per cui anche il potere della competente Soprintendenza di valutare la compatibilità degli interventi edilizi progettati dai proprietari con il vincolo posto sui beni vincolati sotto il profilo storico-artistico, già previsto dall’art. 18 della l. 1089 del 1939 e dall’art. 23 d.lg. 490 del 1999, adesso contemplato dall’art. 21 d.lg. 42 del 2004, sfocia in un atto di natura autorizzativa, con conseguente onere di puntuale ed adeguata motivazione;
– atteso che nel caso di specie l’analisi dell’atto evidenzia – analogamente all’assenso paesaggistico – una formula di stile e palesemente dubitativa (“le opere in progetto sembrano allo stato attuale delle conoscenze risultare compatibili con le esigenze di tutela monumentale dell’edificio in oggetto”);
– rilevato che, conseguentemente, il ricorso va accolto in parte qua con conseguente annullamento degli atti di assenso paesaggistico e storico artistico impugnati;