24 Novembre 2024 12:44

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24 Novembre 2024 12:44

PROCESSO CONTRO L’NDRANGHETA – Il pentito Oliverio: “Zio Peppino Marcianò era a capo della Locale di Ventimiglia, i Pellegrino erano a disposizione per la droga, armi, estorsioni”

Ecco la seconda parte della deposizione del pentito Francesco Oliverio.

“Pelle mi ha detto che Palamara gli aveva dato 2 kg di cocaina. Dopo due giorni con Lorenzo, cugino di Antonio Palamara, siamo andati a Sanremo. Feci una precisa domanda, gli chiesi: “Antonio (Palamara) siete attivi a Ventimiglia? lui mi fece cenno con la testa di sì e mi disse che erano a disposizione. Lui assumeva un ruolo di capo. Io ero passato alla società maggiore mi avevano dato la “Santa” (una grado gerarchico). Palamara era sopra di me come grado. C’è una forza solidarietà tra calabresi anche in carcere.

Oliverio Angelo aveva delle persone che abitavano nella zona Bordighera che per lui erano degli idoli e che si mettevano a disposizione: i fratelli Pellegrino, De Marte e Giovinazzo di Rosarno. Loro si mettevano a disposizione a livello di traffico di droga e armi e qualche estorsione, picchiare qualcuno.

Nell’arco della mia latitanza, un mio soldato Mimmo Morrone, mi disse che lavoravano con persone calabresi. Mi sono rivolto agli esponenti del clan Papalia per movimentare circa 200 kg di cocaina proveniente dal sud America.

Avevamo appuntamento a Mentone, loro arrivavano dalla Spagna. Erano francesi in contatto con Morrone e con persone di origini calabresi. Io vado in Francia con un certo Ferdinando la cui mamma aveva un’agenzia di moda a Milano. Andiamo nei pressi del Casinò in una gelateria e trovo un francese e un calabrese di nome Roberto. In 10 minuti si presenta un napoletano di nome giovanni che conobbi in carcere a Torino e mi disse che non ce la facevano a coprire i costi dell’operazione. Abbiamo parlato di prezzi, io gli ho detto che non c’erano problemi per i documenti. Loro mi disserro che avevano 200 kg in Spagna e il prezzo era 28 mila euro al kg nel 2005.

Mi sono sentito in dovere di mettere a conoscenza Palamara e gli altri di Ventimiglia. A Sanremo siamo andati nei night. Il giorno dopo durante la colazione mi viene detto da Angelo Oliveri che saremmo dovuti uscire per incontrare due persone. Siamo andati da Maurizio e Roberto Pellegrino e loro mi dissero che erano della locale della zona. Mi dissero che erano a disposizione e che nel pomeriggio avrei dovuto incontrare “zio Peppino” Marcianò. Ci spostiamo con la macchina sulle colline a Sanremo. Si presenta una persona anziana con un ragazzo più giovane erano Peppino e il figlio Vincenzo Marcianò.

Marcianò mi disse che non si occupava del traffico della droga e che si occupava di altre cose e che non c’erano problemi bastava che mandassi l’ambasciata in Calabria. Zio Peppino era al vertice della locale di Ventimiglia come Antonio Palamara era il capo. Il rapporto era da pari a pari al mattino mi ero incontrato con sotto ordinati (i Pellegrino) e allora mi dissero che dovevo parlare con lo “zio”.

Alla sera andiamo in un ristorante che mi dissero essere di loro proprietà. Era pieno di gente era un locale affermato. Alla cena conobbi anche un certo Vincenzo Marcianò, che non era il figlio di Peppino, e lui mi disse il ruolo che aveva, era “capo società”. C’era Ciccio Barillaro che sedeva a capo tavola, in quel contesto era il più importante in mancanza del capo Peppino. C’era Vincenzo Marcianò, poi c’erano Roberto e Maurizio Pellegrino che hanno consumato la cena con noi. Poi mi sono alzato e mi sono spostato. I 200 kg sono arrivati a Milano e io ricevetti la mia parte per l’affare. Mi hanno dato 40-50 mila euro. Una volta che i Papalia avevano immagazzinato i 200 kg poi gli Allavena potevano andare a comprare da loro.

Mi hanno detto che in Liguria c’erano 10-15 locali e a capo a Genova c’era un certo Domenico Gangemi. Ci sono delle drine sempre con il benestare del capo locale. Ho trattato con un certo Torromino Pasquale e Giordano Marco e dei “Mao Mao” (dei marocchini). Era Pasqua del 2011 e volevo trascorrere un po’ di tempo con i miei figli e mia moglie, io ero appoggiato a casa di una mia amica.

A scopo precauzionale, quando incontravo altri latitanti per evitare la preoccupazione di essere intercettato tendo a non usare i cellulari per non essere intercettato”.

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