“A Catanzaro si è svolto un lavoro importante perché non si è limitato alla verifica formale dell’autocertificazione dei candidati ma si è andati a verificare presso le procure la veridicità di queste dichiarazioni ravvisando – non nei Comuni da noi attenzionati, ma in altri – alcune dichiarazioni non corrispondenti alla veridicità. Questo non è stato possibile farlo ad Imperia”.
Queste le prime parole di Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare Antimafia al termine delle audizioni del Prefetto di Catanzaro, Luisa Latella e del Prefetto di Imperia, Silvana Tizzano. Audizioni programmate nell’ambito di una più vasta attività, predisposta dalla Commissione Antimafia e che interessa tutti i comuni sciolti per mafia e quelli che negli ultimi 3 anni sono stati sottoposti a Commissione di accesso. Il tutto in vista delle prossime elezioni comunali del 5 giugno, con l’obiettivo di garantire “liste pulite”.
La convocazione del Prefetto di Imperia si è resa necessaria in quanto tra i Comuni che negli ultimi 3 anni sono stati sottoposti a Commissione di accesso c’è anche Diano Marina, nonostante poi il procedimento di scioglimento per infiltrazioni mafiose sia stato archiviato.
“Il nostro lavoro – ha proseguito la presidente della commissione – prosegue con approfondimenti che le commissioni elettorali non sono state in grado di fare ovunque nei Comuni da noi attenzionati, interpellando le Procure con la collaborazione della Procura nazionale Antimafia e soprattutto con gli accertamenti di come si sta svolgendo la campagna elettorale. In questo siamo supportati anche dalle prefetture e dalle forze di polizia, mentre stiamo redigendo relazioni sulla situazione politica che ha determinato gli scioglimenti e su come si va evolvendo in vista delle elezioni”
In conclusione la Bindi ha spiegato che ritiene necessari che le commissioni elettorali abbiano più tempo a disposizione per valutare i candidati.
“È assolutamente necessario che le commissioni elettorali abbiamo più tempo a disposizione, perché 48 ore non sono sufficienti. Lo dimostra il caso di Roma dove è stata fatta la verifica con la Procura ma è stata possibile sono per metà dei candidati.
Serve comunque un’anagrafe dei candidati per informare i cittadini, perché aldilà della legge Severino e delle regole di incandidabilità e inelegibilità contenute, ci sono candidati condannati per altri reati che magari prevedono pene inferiori a due anni ma che ne hanno accumulate più di una oppure reati che non sono previsti da quella legge ma che sono altrettanto gravi.
È giusto che i cittadini sappiano chi vanno a votare. Se i partiti decidono di candidarli è una loro scelta, ma i cittadini devono conoscere la situazione giudiziaria dei candidati. Non bastano i certificati penali e gli atti giudiziari, perché le parentele e le frequentazioni non sono registrate, ma non sono meno rilevanti dal punto di vista politico”.