Imperia – Il professore di musica della scuola media “Littardi” Maurizio Lavarello (oggi sospeso dal servizio, ndr) è stato condannato poco fa, dal tribunale di Imperia a 1 anno e 8 mesi di reclusione (pena sospesa) perché ritenuto colpevole di violenza sessuale nei confronti di una studentessa. Il Pubblico Ministero Maria Paola Marrali al termine della sua requisitoria aveva chiesto la pena di 2 anni di reclusione e un percorso di recupero a carico di Lavarello.
La parte civile, i genitori e la vittima stessa, rappresentati dagli avvocati Elena Pezzetta e Carmela Mesiano del foro di Imperia avevano chiesto 110 mila euro come risarcimento del danno (20 mila euro per ciascun genitore e 70 mila euro per la vittima). L’avvocato Bruno Di Giovanni, difensore di Lavarello, ha invece proposto un risarcimento danni di 11 mila euro.
I giudici Aschero, Bonsignorio e Leopardi hanno anche condannato Lavarello al pagamento di 7 mila euro di spese legali e disposto le pene accessorie che vanno dal divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dai minori, all’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, alla sospensione dall’esercizio di una professione, al divieto di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minori. Inoltre, i giudici hanno disposto che la quantificazione del risarcimento danni è da stabilire in sede civile.
Nel corso del processo, iniziato il 12 novembre 2015, sono stati mostrati i filmati realizzati dal Nucleo Radio Mobile dei Carabinieri relativi alle lezioni di musica del professor Maurizio Lavarello messi a confronto con altri relativi all’utilizzo della tecnica di respirazione denominata “Alexander”, tesi sostenuta dalla difesa dell’uomo.
L’uomo era stato arrestato dai militari nel dicembre del 2013 con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di un’allieva per alcuni presunti abusi avvenuti durante le lezioni di musica all’interno della scuola.
L’inchiesta, partita proprio dalla denuncia dei genitori della studentessa e coordinata dal Pubblico Ministero Maria Paola Marrali, ha portato alla citazione a giudizio del professore. Nel corso delle indagini sono stati anche sequestrati nell’abitazione dell’insegnante cinque computer, all’interno dei quali non è stato trovato alcun materiale pedopornografico.