“La Porto di Imperia Spa società pubblica”. E’ questo l’orientamento della Cassazione in merito alla natura giuridica della Porto di Imperia Spa. Lo si apprende dalla “Rassegna della giurisprudenza di legittimità-gli orientamenti delle sezioni penali, anno 2013”. Nel dettaglio, dal documento si apprende che nel 2013 si è registrato un cambio di interpretazione rispetto al passato, proprio a partire dalla casistica relativa all’affaire porto turistico di Imperia. Un cambio di rotta che potrebbe avere forti ripercussioni sia sul processo per truffa aggravata ai danni dello Stato in corso a Torino, sia su tutti gli altri processi collaterali alla Truffa Aggravata.
“Occorre tuttavia dar conto – si legge – di un dibattito sviluppatosi dopo la sentenza (Sez. II, 21 settembre 2012- dep. 30 ottobre 2012, n. 42408, Caltagirone Bellavista, Rv. 254038) che, in un’ipotesi di truffa in danno di una società per azioni a partecipazione pubblico-privata titolare della concessione per la costruzione e lo sfruttamento di un’opera pubblica, si è discostata da tale consolidata interpretazione “formale” ed ha ritenuto configurabile l’aggravante accedendo ad una nozione “sostanziale” di pubblica amministrazione, anche sulla scorta delle disposizioni introdotte nell’ordinamento in attuazione di alcune direttive comunitarie (come interpretate dalla Corte di Giustizia)”.
“In particolare – si legge ancora – muovendo dalla elaborazione dei principi comunitari contenuta in alcune pronunce della Corte costituzionale e del Consiglio di Stato, e dando conto degli ulteriori contributi offerti dalle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, la sentenza ha ritenuto “ormai non più attuale” l’impostazione imperniata sul mero dato formale, evidenziando il carattere “neutro” della forma societaria nell’indagine relativa all’identificazione della natura pubblica di un ente, e la necessità di far riferimento – anche ai fini penalistici qui in esame – alla nozione di “organismo di diritto pubblico” elaborata in sede comunitaria e trasfusa nell’art. 3, comma 26, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici). In tale prospettiva, assume quindi rilevanza, per la configurabilità dell’aggravante, qualsiasi organismo “anche in forma societaria” connotato cumulativamente dai seguenti requisiti: a) sia istituito per soddisfare esigenze di interesse generale e aventi carattere non industriale o commerciale b) sia dotato di personalità giuridica; c) sia finanziato dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, ovvero sia soggetto al controllo di gestione di questi ultimi, ovvero abbia organi di amministrazione, direzione o vigilanza nominati dalla mano pubblica in misura superiore alla metà dei membri“.
La Cassazione sottolinea come “la prospettiva ermeneutica della sentenza Bellavista Caltagirone sembra essere condivisa da altre decisioni della Suprema Corte”.
I DUE CASI CITATI DALLA CASSAZIONE
– “In questo senso, Sez. V, 2 luglio 2013 – dep. 25 settembre 2013, n. 39837, Cavaliere in corso di massimazione ha ritenuto di superare l’orientamento tradizionale, osservando tra l’altro che quest’ultimo “sembra tuttavia non tener conto, privilegiando l’aspetto formale rispetto a quello contenutistico-sostanziale, della “ratio” dell’aggravante, formulata in epoca anteriore alla normazione sulle privatizzazioni. Tale “ratio” è ravvisabile nell’esigenza di maggior tutela del patrimonio dello Stato e degli enti pubblici, che non viene meno solo perché un ente a partecipazione pubblica esercente un servizio pubblico, che mette quindi in gioco risorse della collettività, è strutturato nelle forme del diritto privato, inidonee ad influire sull’aspetto funzionale della gestione di un servizio pubblico o di pubblico interesse, nella specie tra l’altro di primaria importanza (la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in numerosi comuni della Campania)”.
– A conclusioni non dissimili sembra essere giunta anche Sez. VI, 29 gennaio 2013- dep. 16 aprile 2013, n. 17343, Maroni, Rv. 256241, relativa ad una fattispecie di malversazione di cui all’art. 316-bis cod. pen., che ha chiarito che “l’ente pubblico erogatore dei fondi distratti dalla loro destinazione si identifica con l’organismo pubblico di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163” (in applicazione di tali principi, la sentenza ha ritenuto “organismo di diritto pubblico”, rilevante ai fini del delitto di malversazione, la società per azioni Sviluppo Italia); in un recente passato in termini anche – anche quanto alla qualifica conferita alla Investimenti Italia s.p.a. – Sez. VI, 3 giugno 2010 (dep. 18 novembre 2010), n. 40830, Marani (Rv. 248786).
LE CONCLUSIONI DELLA CASSAZIONE
“L’evoluzione interpretativa sia pure collegata ad una fattispecie diversa da quella della truffa aggravata, rende possibile una nuova rimessione alle Sezioni unite della questione relativa alla qualificazione giuridica, agli effetti penali, delle società a partecipazione mista concessionarie di servizi pubblici, eventualità questa resa probabile anche dalla considerazione che, nel ben diverso settore della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (in cui l’ente viene in rilievo non come persona offesa, ma come soggetto passibile delle sanzioni di cui al D.Lgs. N. 231 del 2001), il problema delle società a partecipazione mista – e, in particolare, della loro assoggettabilità alla predetta disciplina – sembra esser stato affrontato e risolto non tanto su basi meramente formali, quanto piuttosto in una prospettiva attenta, anzitutto, all’attività in concreto esercitata”.