Il teatrino messo in scena dal Sindaco Carlo Capacci e dal Partito Democratico dopo l’avviso di garanzia che ha raggiunto il vicesindaco Giuseppe Zagarella per via di un presunto favoreggiamento all’ex collega di studio accusato di detenzione di materiale pedopornografico, è davvero avvilente, svilente e sintomatico di un totale disinteresse verso le sorti di una città, Imperia, alle prese con una crisi economica e sociale senza precedenti.
Ne Capacci ne il Pd, infatti, hanno il coraggio di portare avanti le proprie idee per paura di perdere quella poltrona tanto bistrattata quanto visceralmente desiderata. Frasi come “a me non importa nulla di fare il Sindaco/l’assessore, torno a fare volentieri il mio lavoro” sono all’ordine del giorno. Un refrain davvero sgradevole, quanto inoppportuno.
Nelle ultime settimane il Sindaco ha prima chiesto le dimissioni dell’assessore Giuseppe De Bonis (nel corso di una riunione di Giunta, in relazione a un incontro tra Capacci e Massimo Donzella sul futuro di Rivieracqua, di cui De Bonis era all’oscuro, l’assessore in quota Pd avrebbe detto ‘non mi fido delle parole del Sindaco’) , arrivando addirittura a predisporre l’atto di revoca delle deleghe, senza però firmarlo, e successivamente quelle del vicesindaco Giuseppe Zagarella. Il Pd, cui si sono rivolti , come da copione, i due assessori, ha risposto “picche” al primo cittadino, mantenendo in sella Zagarella e De Bonis.
Ed è a questo punto che il teatrino ha raggiunto l’apice. Lo scontro politico ha dimostrato in maniera sin troppo palese che è venuta meno la fiducia del Sindaco verso il proprio alleato più importante (e ingombrante), il Pd, e viceversa. Perché allora Capacci, evidentemente deluso dai suoi assessori, non revoca le deleghe a Zagarella e De Bonis? E perché il Pd, evidentemente deluso dal Sindaco, non lo sfiducia? Perché manca il coraggio. Il coraggio di lasciare una poltrona di prestigio , il coraggio della quotidianità, il coraggio di tornare ad essere un imperiese come tanti, il coraggio di sentirsi chiamare nuovamente ingegnere, avvocato, dottore, piuttosto che Sindaco, assessore o presidente, il coraggio di essere ricordato come membro di un’amministrazione incapace di terminare il proprio mandato, il coraggio di riunciare al “non si preoccupi, ci penso io”, il coraggio di dire “si, ho fallito”.
L’orgoglio e il desiderio di rivalsa dei singoli, però, non può e non deve essere messo davanti alle esigenze della città e degli imperiesi, che chiedono a gran voce un’amministrazione seria, coesa e preparata e non un manipolo di politici, o presunti tali, travestiti da bambini capricciosi. All’inaugurazione del Museo Navale, un momento storico per la città, è andata in scena la pagina più nera di questa amministrazione. Il vicesindaco Zagarella non parla più con il Sindaco Capacci che non parla più con l’assessore De Bonis che non parla più con il presidente del consiglio Parodi (che non era presente all’inaugurazione del Museo Navale e che ha smentito di avere screzi con il collega del Pd). Una situazione imbarazzante, che ha trasformato l’apertura di una struttura tra le più importanti e attese degli ultimi anni in una parata incolore.
L’alibi del Commissario non regge più. L’amministrazione Capacci è allo sfascio e la città non si può permettere, in questo momento storico, di essere governata da una giunta e da un consiglio (tranne rare eccezioni) senza identità, professionalità e maturità. Il Pd e il Sindaco mettano da parte l’orgoglio e tirino fuori il coraggio. Tornare a essere imperiesi tra gli imperiesi non è un’onta. La paura di farlo è la più grande sconfitta.