28 Dicembre 2024 12:35

28 Dicembre 2024 12:35

IMPERIA. OLIVA TAGGIASCA. SLOW FOOD SI SCHIERA CON IL COMITATO CONTRO IL CAMBIO DELLA DENOMINAZIONE IN “GIUGGIOLINA”/ECCO PERCHÉ

In breve: Ricordate la Taggiasca? Quella cultivar regina dell’Imperiese e presente anche in provincia di Savona, da cui si ottengono oli garbatamente fruttati molto apprezzati in Italia e all’estero? Ebbene c’è chi richiede la modifica del nome, sostituendo la denominazione varietale con un sinonimo (che potrebbe essere Giuggiolina o Gentile), e chi vi si oppone fieramente.

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In seguito alla proposta di sostituzione della denominazione “Taggiasca” in “Giuggiolina” o “Gentile”, ecco le parole di Diego Soracco, di Slow food.

“Ricordate la Taggiasca? Quella cultivar regina dell’Imperiese e presente anche in provincia di Savona, da cui si ottengono oli garbatamente fruttati molto apprezzati in Italia e all’estero? Ebbene c’è chi richiede la modifica del nome, sostituendo la denominazione varietale con un sinonimo (che potrebbe essere Giuggiolina o Gentile), e chi vi si oppone fieramente.

Il confronto diventato scontro nasce in seguito all’iniziativa del Comitato promotore dell’oliva taggiasca Dop (sostenuto da Cia e Coldiretti, dal Consorzio di tutela dell’olio extravergine Dop e dagli Alimentari Oleari di Confindustria) che, per tutelare la produzione delle olive taggiasche in salamoia dalla concorrenza – vera o presunta – di altre regioni e/ o di altri Paesi, ha voluto intraprendere l’iter che porta alla denominazione di origine protetta.

Per farlo non c’era una sola strada. Quella scelta, ovvero di usare in esclusiva il nome Taggiasca, non era possibile tout court in quanto la denominazione oliva Taggiasca porta con sé il nome di una varietà vegetale, cosa vietata dalla normativa comunitaria. Perciò ecco “la trovata ingegnosa”: si chiede la sostituzione nel registro varietale del nome dell’oliva con un suo sinonimo. Il progetto comporta una inevitabile ricaduta sull’olio extravergine e sulla attuale Dop Riviera Ligure, con le tre menzioni geografiche Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese, Riviera di Levante. Allora che succede?

Dal cilindro esce la Dop Taggiasca che, non essendo più la cultivar con cui si identifica la pianta, diventa un marchio, una Dop che nelle intenzioni dovrebbe rappresentare il non plus ultra della qualità, ma il cui disciplinare, a dare retta alle indiscrezioni, prevedrebbe parametri analitici addirittura un poco più alti di quelli attuali. Per quelli che non avranno i requisiti richiesti per accedervi ce ne sarà un’altra che ingloberà le tre menzioni geografiche in un’unica ”Dop Riviera dei Fiori” con parametri analitici uguali a quelli dell’olio extravergine di oliva. Ma sono sempre indiscrezioni, aspettiamo i fatti.

Certo è che, se avvenisse la sostituzione della cultivar, gli operatori della filiera olivicola per mantenere il nome Taggiasca sulle loro bottiglie dovranno, volenti o nolenti, aderire alla Dop Taggiasca, con tutti i costi e la burocrazia che comporta. Lo ricorda l’antagonista Comitato promotore per la protezione, la tutela e la valorizzazione della cultivar taggiasca nel Ponente Ligure – a cui aderiscono diverse realtà quali olivicoltori, aziende, frantoiani… insomma una buona parte degli operatori che non si sentono tutelati dalle associazioni di categoria.

Considerato che l’attuale Dop incide su circa il 15% della produzione di olio ligure (un esito che non pare un successo), il cambiamento darebbe una decisa spinta verso l’alto alla percentuale a scapito di quelli che non vorranno o potranno aderire, pur avendo oliveti di varietà Taggiasca, perché dovranno classificare il loro olio “100% italiano” e, volendo, chiamarlo monocultivar Giuggiolina o Gentile. Evidentemente un bel danno. A quel punto la Taggiasca non sarà più un patrimonio e una risorsa di tutti, ma diventerà un “marchio privato”.

Ritornando all’inizio della questione, vale a dire a una Dop che tuteli la produzione delle olive taggiasche in salamoia, si sarebbe potuto trovare, attraverso il confronto, una situazione di compromesso che – come ha sempre chiesto il Comitato Salva Taggiasca favorevole alla Dop ma non alla sostituzione del nome della varietà – mettesse tutti d’accordo e non incidesse sull’olio extravergine.

Tuttavia l’intransigenza della posizione espressa dal Comitato Promotore dell’oliva Taggiasca Dop, a sentire gli esponenti del Comitato avverso, non ha lasciato e non lascia spazi di intesa. A pensare male, si potrebbe prendere in considerazione la possibilità che fin dall’inizio ci sia stato un disegno più ampio. A questo punto la coesione territoriale, ampia e convinta (che non c’è) e l’attenzione a situazioni e interessi consolidati e legittimi (che ci sono) in questi casi vanno a farsi benedire. Chi rischia di rimetterci sono innanzitutto gli olivicoltori (a caduta gli operatori del settore), quei contadini che mantengono in vita l’olivicoltura che ha un legame con il territorio di origine e, ribadiamolo, ha un grande valore in termini ambientali, di paesaggio e di cultura.

Noi, come sempre siamo dalla loro parte”.

 

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