Il caso del cambio della denominazione della “cultivar Taggiasca” in “Giuggiolina”, nello Schedario Oleicolo Italiano, ha suscitato non poche discussioni negli ultimi tempi. Se il progetto va avanti, c’è il rischio che gli interessi dei piccoli e medi produttori liguri, in particolare quelli della provincia di Imperia, invece che essere protetti, vengano danneggiati.
Tutto è nato dall’intenzione delle Associazioni di Categoria Agricole CIA, COLDIRETTI e CONFAGRICOLTURA di Imperia, unitamente al Consorzio di Tutela dell’Olio Extravergine di Oliva DOP Riviera Ligure di tutelare il nome delle olive taggiasche, per evitare la concorrenza di chi coltiva in altre parti di Italia, o anche di Europa. Dato che non è possibile utilizzare il nome di una varietà vegetale per creare una DOP, l’unico modo per aggirare l’ostacolo sarebbe quello di sostituire il nome scientifico “oliva taggiasca” presente nello Schedario Oleicolo Italiano, per sostituirlo con “giuggiolina”, in modo da utilizzare il primo per la denominazione di origine controllata. Una volta in vigore questo sistema, il termine “Taggiasca” potrà essere utilizzato solo da chi è iscritto al Consorzio.
ImperiaPost ha chiesto l’opinione a un produttore Ligure, Andrea Brun, titolare del “Frantoio Brun dal 1887” a San Bartolomeo al Mare, per riportare il punto di vista di chi è direttamente coinvolto.
“Il Consorzio Riviera Ligure si propone di tutelare il nome della Taggiasca – afferma Andrea Brun – L’ideale è giusto, il problema è che non funziona nel pratico. L’unico modo per blindare il nome è quello di cambiare il nome scientifico in “giuggiolina”, e questo significa che solo chi farà parte del Consorzio, solo una piccola parte della produzione, potrà ancora utilizzare il termine “Taggiasca”.
Per far parte del Consorzio bisogna attraversare un’enorme burocrazia e chi, come noi, compra anche olive da coltivatori privati delle nostre campagne, non può obbligare tutti ad iscriversi. Questo significherebbe prendere le olive solo da chi fa parte del Consorzio, ma questo vorrebbe dire escludere i piccoli coltivatori che sono il fulcro del nostro territorio. Sono loro che portano avanti il lavoro fatto dai nostri “vecchi”, e se si svuotano le campagne non avrà neanche più senso discutere del nome “Taggiasca”.
La Regione vuole portare avanti questo progetto che, ripeto, è fondato su giusti propositi – continua Brun – ma rappresenta la volontà di solo una piccola parte dei produttori della Provincia. Per quanto ne so, più dell’80% dei produttori teme che questa procedura li escluda dal mercato, poichè sarà come se non producessero più l’olio da olive taggiasche, come han sempre fatto. Il progetto è stato portato avanti senza interpellare chi davvero è coinvolto.
Il problema che il Consorzio denuncia è reale – Può essere che tra una decina d’anni avremo una concorrenza non leale, che sfrutta il nome della cultivar Taggiasca, pur non producendo olio nella Riviera Ligure. Io sarei però a favore di un discorso che inizia dal prodotto finale: l’olio. Se oguno fa la sua produzione e autodichiara il luogo e i modi in cui avviene, saranno poi i controlli a verificare che ciò corrisponda a realtà. Al contrario, creare un sistema complesso, che obbliga i singoli ad attraversare una burocrazia enorme, non tutela la produzione”.
A cura di Gaia Ammirati