“L‘assessore regionale all’Agricoltura, Stefano Mai (Lega Nord) non vuole arrendersi all’evidenza dei fatti, il fallimento del suo progetto di sostituzione della denominazione ‘cultivar Taggiasca’ in ‘Giuggiolina’ per la creazione di una nuova Dop”. Simone Rossi, presidente del Comitato Promotore per la Protezione, la Tutela e la Valorizzazione della Cultivar Taggiasca interviene a seguito delle dichiarazioni che l’assessore ligure all’Agricoltura diffonde attraverso i media.
“Non possiamo non rispondere a una serie di provocazioni, occorre fare chiarezza – osserva Rossi – l’assessore ha recentemente affermato di aver ‘avviato l’iter per la Dop taggiasca…’ ed ancora che ‘aziende pugliesi avrebbero chiesto di acquistare 270mila talee di taggiasca…’ oppure – e questo ci coinvolge direttamente – ‘le firme di chi difende la cultivar taggiasca non le ho viste, potrebbero comprendere anche quelle di chi ha un olivo in giardino…’.
Rispondiamo punto a punto. Veniamo all’iter. Uno, la condizione indispensabile per avviare il progetto di sostituzione della Dop era e resta il consenso, la coesione del territorio e degli operatori della filiera olivicola. Consenso che non esiste e che comunque si sarebbe dovuto cercare attraverso un tavolo di confronto che la Regione e l’assessore Mai assieme al Comitato favorevole alla cancellazione della ‘cultivar taggiasca’ (Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Consorzio della Dop) hanno sempre rifiutato. Ma c’è di più.
Il fallimento del progetto fortemente sposato da Stefano Mai trova ragion d’essere nel decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali che ha inserito la cultivar Taggiasca nel Registro Nazionale delle Piante da Frutto.
Due, questa storia delle aziende pugliesi (o non liguri a seconda delle dichiarazioni rilasciate) alle prese con il problema Xylella – di cui nessuno pare avere traccia concreta – è il leit-motiv dell’assessore ligure. 270 mila talee avrebbero comportato un investimento di milioni di euro in una situazione estremamente critica per qualsiasi imprenditore, con il rischio tra l’altro di trovarsi con 270 mila alberi di ‘Giuggiolina’…
Tre, le firme del Comitato Salvataggiasca sono oltre 700 e continuano a crescere per un motivo ben preciso. A tanti non era ancora chiaro che cosa avrebbe significato cancellare la cultivar taggiasca, patrimonio di cultura, storia, tradizione del nostro territorio, un’identità millenaria frutto del lavoro e della fatica di chi da generazioni ha portato avanti l’economia della Riviera assicurando lavoro e benessere a centinaia e centinaia di famiglie.
Le nostre aziende, inoltre, sono strutturate, solide, importanti e reali sotto il profilo occupazionale e non solo ‘piccole aziende famigliari’: ci sono anche aziende che hanno da 20 a 35 ettari, alcune industrie hanno un fatturato di milioni e tra l’altro il nostro comitato comprende larga parte dei trasformatori e dei frantoiani”.
A livello politico l’ostinazione dell’assessore ligure sta sollevando non poche polemiche all’interno dei partiti, con una forte presa di posizione di parte della minoranza in consiglio, delle associazioni di categoria e delle istituzioni.
Tanti i distinguo e le perplessità che ad esempio in seno alla parte imperiese della Camera delle Riviere hanno portato alle dimissioni del presidente dell’Oleoteca Regionale Pierluigi Rinaldi.
Il Comitato per la salvaguardia della cultivar Taggiasca sostenuto da Slow Food, dall’Associazione Lavoratori Produttori Agroalimentari e della Pesca della Cisl, dalle organizzazioni del Biologico oggi rappresenta un prezioso punto di riferimento per il mondo olivicolo e la tutela di una eccellenza del territorio come la taggiasca.
“C’è grande unità di vedute – sottolineano Simone Rossi e Gigi Benza – sulla necessità di conservare la denominazione ‘cultivar taggiasca’ nell’ambito di soluzioni in grado di dare risposte concrete al problema di fondo: salvare il nome della taggiasca.
Alla luce di questa oggettiva radiografia una sola domanda alla Regione: siete ancora sicuri che il progetto di sostituzione abbia il consenso e la rappresentatività degli operatori della filiera e del territorio?”