Rifondazione Comunista ha preso posizione in merito alla difficile situazione occupazionale in provincia. presentando un manifesto realizzato dalla Federazione locale contenente le possibili ricette alla crisi.
“Nella nostra provincia il problema della disoccupazione sta avanzando a ritmi impressionanti, forse anche più che in altre provincie. Le aziende olivicole sono passate dalle 1.044 del 2005 alle 961 del 2013. Gli addetti del settore floricoltura dai 4.443 del 2005 ai 2.971 del 2013. Se andiamo poi a confrontare i numeri degli iscritti alla cassa edile provinciale, troviamo che nel 2008 vi erano iscritti circa 5.500
muratori, mentre nel 2013 ne sono rimasti circa 2.800. Negli ultimi 2 anni, 2013 e 2014, si sono firmate nella provincia di Imperia ben 800 posizioni di cassa integrazione in deroga solo nel settore del commercio: 600 nel 2013 e ben 200 in questi primi due mesi
del 2014”
“Contro questa deriva noi proponiamo un Piano per il Lavoro e la Costituzione, per dare una concreta risposta sia in termini occupazionali che di difesa del territorio, per troppo tempo si è preferito cementificare e “violentare” così come oggi si può facilmente verificare, il nostro territorio. Le tante frane e smottamenti di questi giorni, frutto soprattutto di un dissesto idrogeologico ormai arrivato a livelli critici, ci fanno riflettere. Ancora irrisolto è il blocco del binario (unico) tra Cervo e Andora. Ora è tempo di rimediare a scelte scellerate fatte per troppo tempo. Noi proponiamo un piano occupazionale per difendere e riparare il nostro territorio, siamo sicuri che per questo si possano recuperare
moltissimi posti di lavoro senza incidere sulle casse esangui dei comuni, province, regioni. Come? Basta tassare in modo progressivo, come indicato chiaramente dalla Costituzione, le grandi ricchezze, sopra i 700 mila euro; iniziare seriamente una lotta all’evasione ed elusione fiscale; mettere un tetto massimo di 5 mila euro per stipendi (di parlamentari e dirigenti ad esempio) e pensioni; cessare il finanziamento di folli spese militari, come ad esempio i cacciabombardieri F35, che si dice non possano volare quando piove. Fermare le opere inutili, come la Tav in val Susa, dove la ferrovia attuale è del tutto sotto utilizzata, usando i fondi per ciò che è più utile, come il raddoppio ferroviario tra San Lorenzo e Andora,
vergognosamente stagnante da anni nonostante sia solo 16 km”.
“Queste sono solo alcune delle proposte del Partito della Rifondazione Comunista che nelle settimane a seguire illustreremo agli italiani. In questo periodo è in atto il congresso della organizzazione sindacale più grande e importante del nostro Paese, attraverso il rinnovo degli organismi dirigenti della CGIL. Il nostro partito sostiene il documento 2, che non a caso si intitola “IL SINDACATO È UN’ALTRA COSA”. La ragione di tale scelta è dovuta al fatto che in questi ultimi anni di controriforme sulle questioni lavoro e pensioni, la CGIL non ha saputo incalzare adeguatamente i governi di turno, così che la controriforma Fornero è passata sostanzialmente indisturbata. Alcune vertenze lavorative, chiusure di fabbriche o esternalizzazione di servizi hanno visto il sindacato confederale troppo arrendevole; la precarietà sul lavoro è divenuta la normalità e quindi anche la qualità della vita dei lavoratori è tragicamente peggiorata; l’articolo 18, unico baluardo di difesa dei lavoratori è stato nel concreto cancellato”.
“Noi siamo certi ci sia un altro modo di fare sindacato, un sindacato dei e per i lavoratori. I rimedi a tutto questo sfacelo esistono. Prima di tutto un referendum per l’abrogazione della riforma Fornero sulle pensioni. Oggi più di 240 RSU stanno raccogliendo firme per una petizione che cancelli quella legge, in modo che si possa tornare almeno ai 40 anni contributivi senza limite di età. Un piano contro la disoccupazione che preveda un reddito minimo, anche al fine di arginare il ricatto del sotto lavoro sempre più “di moda” in una situazione di disoccupazione dilagante e a condizioni vergognose per la dignità della persona. Non si può accettare che i lavoratori stiano sul posto di lavoro anche fino a 70 anni! Quale futuro e quali prospettive potremo lasciare ai nostri figli che entrano, quando entrano, nel mondo del lavoro intorno ai 35 anni, magari non continuativamente. Che prospettive e qualità della vita lasciamo? Probabilmente una Repubblica non più “fondata sul lavoro”, come recita
la Costituzione”.