Il marchio “Alberti” al centro del processo che ha visto sfilare questa mattina nell’aula Trifuoggi del tribunale di Imperia alcuni testimoni a sostegno della parte civile, Remo Alberti di Cipressa Sapori Srl, difeso dall’avvocato Bruno Di Giovanni, nel processo che vede imputato il patron della “Latte Alberti” e presidente provinciale di Confindustria Alberto Alberti, difeso dall’avvocato Carlo Fossati, accusato di aver commercializzato barattoli di pesto con un marchio già registrato. In aula, oltre ai due Alberti, sono stati sentiti dal giudice Laura Russo altri tre testimoni: Paola Spaggiari (titolare dell’azienda produttrice di pesto per la Latte Alberti S.p.A), Bruno Bruna (ex titolare dell’azienda che gestiva il Conad di via Argine Destro) e Marco Alberti (cugino di Alberto, ex direttore commerciale della Latte Alberti S.p.A.).
Il processo prende il via a seguito di una querela presentata da Remo Alberti relativa alla presunta inosservanza da parte della “Latte Alberti” della “diffida” emessa dal Tribunale di Genova nei confronti dell’azienda di Pontedassio a non commercializzare il pesto marchiato “Alberti”.
PAOLA SPAGGIARI
“Sono la titolare di un’impresa agricola di produzione di basilico che produce pesto con il nostro marchio e per conto terzi. Abbiamo avuto rapporti commerciali con la “Alberti S.p.A.”. Prima della notifica cartacea della sentenza del tribunale di Genova, siamo stati contattati, mio marito, dalla “Alberti” che ci ha chiesto di togliere il loro marchio da tutti i barattoli di pesto destinati a loro in nostro possesso. Ci hanno chiesto di etichettare il prodotto, barattoli da 90 e 180 gr solo con il nostro marchio, Spaggiari. Mi sono recata io stessa presso l’azienda Alberti a portare le etichette e i sigilli per sostituire le etichette dei barattoli presenti. Noi non lavoriamo con il reso, produciamo su ordinazione. Non abbiamo mai commercializzato per Alberti il pesto sfuso da 1,5 kg. Dalla telefonata, dai primi di dicembre non ho mai più venduto i vasetti con marchio Alberti Spa. I vasetti che mi sono stati mostrati sono stati fatti a novembre, consegnati prima della telefonata ricevuta dalla Alberti S.p.A.”
BRUNO BRUNA
“Nel 2011 e 2012 lavoravo al Conad di via Argine Destro. Acquistavamo dalla Alberti S.p.A. del pesto fresco sfuso, l’etichetta con la dicitura “Pesto fresco Alberti” e il prezzo, 26,90 € al kg, la stampavamo noi. Si usava fare così anche con gli altri nostri fornitori, si metteva sull’etichetta il nome del fornitore. Acquistavamo in confezioni da mezzo kg e poi trasferivano il contenuto nella vaschetta”.
MARCO ALBERTI
“Ho lavorato in azienda fino a dicembre 2013 ,ero responsabile commerciale. La sentenza del 2011 me la ricordo. Il tribunale emise un provvedimento inibitorio per quanto riguarda la commercializzazione del pesto. Chiamai subito il produttore del pesto e gli chiesi di levare il sigillo identificativo dal prodotto, queste erano le disposizioni di mio cugino (Alberto Alberti, ndr). Il sigillo lo apponeva il produttore manualmente, chiesi di levare il sigillo e di mettere etichetta del produttore. Non ricordo di avere mandato mail ma ho avvistato i capi area di riportare indietro tutti i prodotti. Se abbiamo fatto dei resi? se sì ci sono delle note di credito. Penso che il pesto invenduto sia tornato indietro tutto, le vaschette non avevano marchio. Da gennaio 2014 non abbiamo più avuto rapporti con mio cugino”.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 5 aprile per la discussione e la sentenza.