Disegni, graffiti, murales, opere di arte urbana che fanno aprire le ali della fantasia alle persone. È questo ciò che crea Fijodor Benzo, anche conosciuto come “Mrfijodor”, il 37enne imperiese che dal 2004 si è trasferito a Torino per poter esprimere al massimo la sua creatività.
La storia di Fijodor inizia a Imperia, dove è cresciuto e dove fin da piccolo ha sempre giocato con i colori e con le immagini. Dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte, Fijodor è andato a studiare all’Accademia delle Belle Arti di Cuneo, finchè non ha iniziato a spostarsi verso Torino.
COM’È NATA LA TUA PASSIONE PER IL DISEGNO?
“Ho sempre disegnato, ho cominciato nella mia cameretta, dove disegnavo un mondo parallelo dall’altra parte della tappezzeria e del muro, per la gioia dei miei genitori. In seguito, ho iniziato a fare graffiti in tempi “non sospetti”, parliamo di 20 anni fa, il primo è stato nel 1994, ma a causa del terribile risultato non ho più toccato gli spray per lungo tempo. Ho continuato a dipingere in maniera sempre più assidua, finché non sono passati gli anni e ora è diventata un vita che dipingo”.
COSA TI HA SPINTO A TRASFERIRTI A TORINO?
“Dopo l’istituto d’Arte sono andato a studiare a Cuneo, d’estate ho lavorato in Spagna e ho fatto l’Erasmus a Valencia. Dopodichè, nel 2003 ho avuto una commissione di lavoro da parte della Toroc, la società organizzatrice delle Olimpiadi Invernali 2006, per decorare la sede dell’ente. Questo è stato un trampolino di lancio e per molto tempo l’ho usato come biglietto da visita. Nel 2004 ho quindi deciso di trasferirmi a Torino, poichè ho visto delle opportunità”.
COME NASCE UNA TUA OPERA D’ARTE? C’È UN MESSAGGIO CELATO DIETRO?
“Opera per opera, cambia tutto. Uso molto carta e inchiostro, ma anche china e acrilici, pitture da esterni mischiate a spray. Realizzo installazioni e murales tematici, ma anche performance e graffiti. Quello che più o meno cerco di fare per ogni opera è creare qualcosa che aiuti le persone ad aprire la loro fantasia. Siamo in un modo dove sembra tutto visto e rivisto e quasi non si trova più significato nelle cose fatte a mano, cosa che invece ritengo di vitale importanza. Succede spesso che dietro alle opere si celi una critica sociale o ecologica, rappresentata però con uno stile spontaneo e diretto. In ogni caso, è poi il fruitore che lo interpreta a seconda del suo background e della sua personalità”.
AL GIORNO D’OGGI INVESTIRE SULL’ARTE PUÒ ESSERE VISTO DALLE PERSONE COME UNA SCELTA AZZARDATA, COME HAI AFFRONTATO LA SITUAZIONE IN FAMIGLIA E A SCUOLA?
“A scuola ero negato in tutto, andavo malissimo e anche negli sport. Nessuno aveva aspettative in me, quindi mi sono sempre sentito libero dai progetti degli altri, mi facevo gli affari miei. Anche nel disegno non ero il più bravo, ero uno di quelli che si arrangiavano. Mio papà è operaio magazziniere, mia madre dipendente statale, quindi non c’era un’azienda di famiglia o un mestiere da tramandare e sono stato libero di portare avanti le mie inclinazioni. Ho iniziato a trovare qualche lavoretto, dipingendo muri delle spiagge, vetrine dei negozi. Quello che mi ha spinto avanti è stata l’intuizione della potenzialità dell’arte urbana. Con il passare del tempo ho capito che sarebbe diventata sempre di più una cosa normale e quotidiana, apprezzata da più persone. Se 20 anni fa qualcuno avesse detto che voleva fare i graffiti, nessuno gli avrebbe dato credito, mentre ora le cose sono cambiate”.
QUALE OPERA TI È RIMASTA DI PIÙ NEL CUORE?
“Ce ne sono diverse di opere che ricordo con passione. Una che mi è rimasta particolarmente in mente è quando ho dipinto una cella di un ex carcere. Ho dipinto i muri di nero e sopra ho disegnato con gessetti un piano di evasione, ma non di evasione dal carcere bensì dalla propria testa, ispirandomi a una frase di Alda Merini:”Non si scappa mai dai luoghi, né dalle persone, né tanto meno dalle circostanze, si scappa da se stessi”.
Nel 2010 ho dipinto la facciata di Palazzo Nuovo con altri artisti. Ultimamente ho esposto delle opere alla fiera d’arte di Bologna Set Up, insieme alla mia associazione “Il Cerchio e le Gocce”, e in ballo ci sono nuovi progetti. Anche a Imperia ho realizzato delle opere, per esempio in zona Garbella, sull’argine destro, per Villa Grock e a Largo Ghiglia”.
OLTRE ALLE TUE OPERE, PERÒ, LAVORI ANCHE SU COMMISSIONE. DI COSA TI OCCUPI?
“Ho la mia partita Iva e sono membro dell’associazione culturale “Il Cerchio e Le Gocce” insieme ad altri artisti. Mi capita di fare di tutto, dalle illustrazioni per libri per bambini alle immagini per una ditta di Kiwi, come mi è capitato oggi. Realizzo murales per privati o per festival, vendo tele e disegni. Un’altra cosa interessante che porto avanti sono i laboratori di disegno con i minori o all’Accademia con tecniche di arte urbana. Ultimamente seguo anche un un laboratorio rivolto ai migranti, facendo disegnare ed esprimere le proprie emozioni graficamente ai ragazzi che hanno subito forti traumi. Si tratta di giovani soprattutto tra i 20 e i 25 anni, dalla Nigeria e dal Benin, e non sempre è facile lavorare perchè hanno subito shock inspiegabili e sentirli raccontare il loro viaggio è sempre incredibile. È diverso ascoltare una notizia alla TV e poi trovarti davanti la persona che l’ha vissuta. Abbiamo in programma di progettare un murales e una piccola mostra in cui racconteremo il percorso che abbiamo fatto insieme”.
QUAL È IL TUO RAPPORTO CON IMPERIA?
“Innanzitutto, non penso di poter vivere in un unico posto per tutta la vita, mi piace molto viaggiare. A Torino mi molto bene e torno spesso a Imperia e volentieri. Non so se ci tornerei a vivere, forse un giorno quando avrò una famiglia o se diventerò un artista affermato. Per ora Torino è più strategica e più semplice sia per reperire materiale sia per il lavoro. Rispetto a Imperia, sicuramente, ha un’offerta culturale molta più vasta, e questo per me è molto importante e stimolante”.
QUALE CONSIGLIO DARESTI A CHI VOLESSE INIZIARE UN PERCORSO NEL MONDO ARTISTICO?
“Penso che se qualcuno vuole fare un mestiere creativo non deve pensare a fare business, ma pensare a divertirsi e a trasmettere qualcosa. Se si riesce a entrare in quell’ottica lì, sì riesce ad andare avanti, sicuramente si attraverseranno momenti bui, come è successo a me, ma se invece si guarda solo alla possibilità del guadagno ci si allontana dalla passione. Molto spesso vedo ragazzi che incominciano e, prima ancora di imparare a dipingere o a divertirsi, pensano a quanto potrebbero guadagnare o a far mostre“.
Per conoscere meglio l’arte di Fijodor, è possibile visitare il sito, cliccando qui, o la pagina Facebook, cliccando qui.
[wzslider autoplay=”true” interval=”6000″ transition=”‘slide’” lightbox=”true”]