Blitz dei lavoratori Telecom Italia Mobile al Festival di Sanremo a seguito della decisione della società di telecomunicazioni di disdettare il contratto aziendale sottoscritto con le parti sindacali. Tim si legge nel comunicato “ha deciso di trasferire forzosamente 265 lavoratori dalle sedi di Milano e Torino verso Roma, con le drammatiche conseguenze che tutto ciò potrà comportare”.
“Oggi siamo qua insieme ai lavoratori della Tim – ha detto il segretario provinciale della CGIL Fulvio Fellegara – oltre che sostenerli nella loro protesta anche per lanciare la giornata nazionale che la CGIL ha organizzato. Per lanciare due Referendum sul lavoro per migliorare l’Italia. Un Referendum sugli appalti, sulla responsabilità solidale in caso di appalto e un referendum per abrogare i voucher che sono ormai diventati una fonte di precarietà. Con la giornata di oggi ricordiamo al Governo che sono già due settimane che la consulta costituzionale ha dato l’ok per il nostro referendum, manca ancora una data per il voto. Noi vorremmo che venisse fissata la data per dare voce ai lavoratori, ai cittadini per poter cambiare e migliorare il Paese. Con due sì migliora l’Italia”.
“Vorremmo che la nostra azienda – ha detto Marco Contestabile lavoratore Tim – tornasse a giocare un ruolo primario all’interno delle telecomunicazioni internazionali. Abbiamo assistito negli ultimi 20 anni a un continuo depauperamento delle risorse di questa azienda a fronte di finanzieri senza scrupoli, stiamo parlando di Tim, che negli ultimi vent’anni grazie a Governi compiacenti è passata di mano in mano fino a ridurla all’azienda che tutt’ora ha disdettato il contratto dei dipendenti cercando di operare in qualche maniera i tagli richiesti dal management francese senza poter rilanciarla con delle innovazioni, il nuovo impianto di fibra ottica”.
ECCO IL DOCUMENTO PRESENTATO OGGI A SANREMO.
TIM SPONSOR UNICO DI SANREMO CON I SOLDI E I DIRITTI DEI LAVORATORI
Il Festival di Sanremo rappresenta un momento di festa popolare che ogni anno prova a distrarre gli italiani per qualche giorno da una vita quotidiana sempre più complicata. Sul palco dell’Ariston si susseguono artisti e cantanti che, attraverso le proprie esibizioni, allontanano per qualche minuto le tante preoccupazioni che ciascuno ha per il proprio futuro e quello dei propri cari. Siamo i lavoratori e le lavoratrici di TIM e per prima cosa vogliamo scusarci se siamo qui, a pochi metri dal Festival, a cantare una canzone stonata. Quest’anno però non potevamo proprio rimanere comodamente seduti sul divano a goderci lo spettacolo sapendo che, a questa gioiosa festa, viene associata, come sponsor unico, l’immagine della nostra azienda. Vent’anni fa l’allora Telecom fu privatizzata e da quel momento si sono avvicendati dirigenti, proprietà e Governi. In molti hanno attraversato le vicende TIM, in molti si sono arricchiti e hanno garantito i propri interessi, nessuno ha impedito che una delle principali multinazionali di telecomunicazioni del mondo si trascinasse in un lento e inesorabile logorio.
Oggi l’azienda che ha portato il telefono nelle case di tutti gli italiani non è più in grado di assolvere al suo ruolo storico. Prova ne è che altre aziende, che fino a ieri si occupavano di altro, stanno portando avanti la costruzione della Rete in Fibra, soprattutto nelle aree tecnologicamente più disagiate del Paese. Un’infrastruttura determinante per il futuro di tutta Italia, un’opportunità unica per rilanciare il settore delle telecomunicazioni e con esso la nostra azienda. L’ennesima occasione buttata da dirigenti, proprietà e Governi quantomeno inadeguati. In questi ultimi anni anche i lavoratori di TIM hanno pagato un prezzo caro alla crisi. I lavoratori, insieme al Sindacato, hanno deciso di farsi carico dei problemi dell’azienda e pagare di tasca propria errori fatti da altri. Sono stati sottoscritti accordi sindacali pesanti che hanno portato i lavoratori di TIM a lavorare di più e guadagnare di meno. Inoltre da più di 7 anni l’azienda usufruisce di ammortizzatori sociali che interessano di volta in volta sempre più persone: oggi più di 30 mila lavoratori di TIM sono in contratto di solidarietà con riduzioni significative degli stipendi.
Ma tutti questi sacrifici non bastano. La nuova proprietà francese ha ritenuto tutto ciò insufficiente e, in ossequio a mere logiche finanziarie, ha preteso un piano di tagli di quasi 2 miliardi di euro, il cui raggiungimento garantirà premi per decine e decine di milioni di euro per la dirigenza. E così il 6 ottobre scorso l’azienda ha comunicato a Sindacato ed RSU che a decorrere dal primo febbraio di quest’anno non sarebbe stato più valido il contratto aziendale. Un Contratto, frutto di decenni di lotte e mediazioni con l’azienda, che garantiva ai lavoratori di TIM diritti e salario. Garantiva, perché ad oggi, con questo atto prepotente e unilaterale, TIM ha tagliato ulteriormente i nostri stipendi. La stessa azienda che in ogni occasione si vanta di garantire ai suoi dipendenti progetti di welfare all’avanguardia, ha cancellato ferie e permessi retribuiti necessari alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. L’azienda che favoleggia di nuove e moderne modalità di lavoro, di smart working, ha deciso di trasferire forzosamente 265 lavoratori dalle sedi di Milano e Torino verso Roma, con le drammatiche conseguenze che tutto ciò potrà comportare. Non siamo privilegiati. Esiste una doppia narrazione. La TIM che si vede nelle pubblicità, nelle sponsorizzazioni, nelle dichiarazioni dei manager, negli ottimi risultati economici portati alla comunità finanziaria. Un mondo di luci e successo.
E un’altra TIM che ogni giorno da anni con il proprio lavoro prova a garantire a tutti i clienti, i nostri clienti, un servizio efficiente, nonostante strumenti inadeguati, scarsa formazione, disordine organizzativo, in un contesto di continua erosione di diritti e salario, sotto il ricatto, più o meno esplicito ma sempre presente, della perdita di posti di lavoro. Un mondo di sacrifici sempre più onerosi e mai sufficienti. Da quel 6 ottobre, dalla data in cui l’azienda ha dichiarato guerra ai suoi dipendenti, i lavoratori di TIM, a migliaia, hanno svuotato gli uffici e riempito le piazze con decine di iniziative, scioperi e manifestazioni. Una mobilitazione senza precedenti nella nostra storia per provare a dire basta ad una deriva che toglie diritti e dignità al lavoro, garantendo solo premi multimilionari ai dirigenti in ossequio a logiche finanziarie che nulla hanno a che fare con lo sviluppo dell’azienda. La possibilità che TIM potesse rimanere sorda a questa straordinaria mobilitazione l’avevamo messa in conto.
Ci ha invece colpito l’assordante silenzio dei mezzi di comunicazione, ciechi, muti e sordi difronte a decine di migliaia di lavoratori in piazza per rivendicare i propri diritti. L’ultimo pensiero lo vogliamo dedicare a tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori del nostro settore in situazioni ancora più complicate della nostra: innanzitutto ai lavoratori di Almaviva, a quelli di Ericsson, a quelli di Convergys, e a tutti gli altri. A loro va la nostra solidarietà. Siamo tutti accomunati da un destino incerto, vittime di politiche industriali inesistenti e di imprenditori incapaci di trovare soluzioni differenti dalla miope logica del taglio dei costi. Per tutto questo siamo qui oggi a Sanremo a cantare la nostra canzone stonata. Per far sentire la nostra voce prima che sia troppo tardi. Per rivendicare che il lavoro si accompagna ai diritti e a salari dignitosi, se no è altro. Perché siamo convinti che solo attraverso il riconoscimento del valore del lavoro questa bad company chiamata Italia potrà tornare ad essere un Belpaese. Perché quest’anno non potevamo goderci serenamente Sanremo sapendo che lo abbiamo pagato noi, con i nostri diritti e il nostro salario.
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