Sono passati 16 anni dai fatti del G8 del 2001, quando la polizia, tra le 22 e mezzanotte, aveva fatto irruzione nelle scuole Diaz, Pertini, Pascoli, Rosselli e Montale, massacrando di botte gli attivisti e tutte le persone che si trovavano all’interno. Tra di loro anche il giornalista inglese Mark Covell, che, a causa dell’aggressione a calci e manganelli, è finito in coma per 14 ore, con 16 denti rotti e un polmone perforato. Ieri, dopo tutto questo tempo, Mark è ritornato nel luogo di questa drammatica vicenda, grazie alla collaborazione con Amnesty International.
All’incontro, intitolato “Forze di polizia e diritti umani in Italia”, ha partecipato come relatore anche l’ex poliziotto e sindacalista del Siulp di Imperia Orlando Botti, che ha incontrato i ragazzi delle scuole per far in modo che questi episodi non siano dimenticati. Botti ha affrontato il tema della giustizia e del dovere delle forze dell’ordine di agire solamente al fine di garantire la sicurezza delle altre persone.
“Sono stato invitato dall’organizzatrice regionale di Amnesty International, Emanuela Massa, e ho accettato con piacere – racconta Orlando Botti a ImperiaPost – Penso infatti che sia necessario e doveroso ricordare un evento così importante per la sua gravità, di modo che non si ripeta mai. I giovani che frequentano queste scuole, se non informati, sono troppo giovani per sapere cos’è accaduto tra queste mura, perciò è nostro compito spiegare. Mark è quasi morto 16 anni fa. A causa delle botte che ha ricevuto è finito in coma, con un polmone perforato e 16 denti rotti. Ci ha messo più di 2 anni per rimettersi in sesto e è passato attraverso a due esaurimenti nervosi. Ora vive a Londra, è spostato e non fa più il giornalista. Cerca di fare la vita più tranquilla possibile. Dopo tutto questo tempo è voluto tornare qui, nonostante la difficoltà di rivivere quei momenti, perchè vuole raccontare ai giovani ciò che è accaduto per fare in modo che non sia dimenticato.
Gli studenti sono stati molto presenti nel dibattito – continua – e hanno visionato il video che Mark ha portato con grande attenzione, nonostante i contenuti forti. C’erano immagini di lui sdraiato a terra dopo le botte, di lui in ospedale in fin di vita e molto altro. Hanno chiesto cosa provasse a entrare di nuovo nella scuola e se nutrisse vendetta. Lui ha risposto di no, che non bisogna continuare a offendere la parte buona della Polizia. Lui si riferisce soltanto a coloro che hanno calpestato la legge e che dovrebbero prendersi le loro responsabilità.
Io sono stato segretario provinciale Siulp (Sindacato Italiano dei lavoratori della Polizia di Stato) e poliziotto, ispettore capo e vicedirigente della squadra mobile della questura di Imperia. Per questo tengo molto a un simile argomento. Io ho parlato per una questione di etica professionale. Mi sento in dovere di controbilanciare le avversità e le oscenità commesse da qualcuno che non ha rispettato le regole. Non eravamo lì per parlare male della polizia, ma per affermare che tutti coloro che sbagliano devono pagare. Mentre invece negli eventi del G8 nessuno ha pagato, tutti i reati sono andati prescritti e, ancor peggio, alcuni funzionari, accusati di reati gravissimi come simulazione di reato o colti in sul fatto nel lanciare 3 bottiglie molotov, invece di essere cacciati dal corpo, sono stati promossi.
La Polizia non deve essere questo – conclude – La Polizia e tutte le altre forze dell’ordine devono essere un corpo pulito e deve agire in modo consono agli impegni per i quali hanno giurato. La testimonianza di Mark arriva diretta ai ragazzi, che devono crescere consapevoli che la giustizia è importante e va rispettata e pretesa. Non bisogna dimenticare”.