E’ stata una testimonianza drammatica quella resa questa mattina in Tribunale da un 34enne, parte lesa nel processo che vede sul banco degli imputati due medici dell’ospedale di Imperia, S.F., difeso dall’avvocato Emilio Varaldo, e A.C., dermatologa, difesa dall’avvocato Maurizio Temesio, accusati di lesioni colpose.
I fatti contestati si riferiscono al 2011, quando la vittima, allora 28enne, avvertì una piccola pallina sottocutanea sulla gamba sinistra. Il giovane si rivolse prima al proprio medico di famiglia, che gli prescrisse una crema e un antibiotico e successivamente, visto il persistere del dolore, al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Imperia.
Al Pronto Soccorso il 28enne venne visitato e, successivamente, ricoverato in astanteria con una prima diagnosi: cellulite infettiva. Il giovane venne successivamente visitato da diversi medici, una dermatologa, un virologo, un chirurgo e un chirurgo vascolare. La diagnosi non cambiò, cellulite infettiva.
Dopo diversi giorni, visto il persistere del dolore e il peggioramento delle condizioni della gamba sinistra, il 28enne si recò nuovamente al Pronto Soccorso. La diagnosi, questa volta, fu diversa: fascite necrotizzante. Immediatamente venne disposto il trasferimento urgente all’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure dove, purtroppo, i medici dovettero procedere con l’amputazione della gamba.
LA TESTIMONIANZA
“Prima del 2011 lavoravo come idraulico a Montecarlo. Conducevo una vita normale, giocavo a calcio, andavo in bici , sciavo. Mi piaceva molto fare sport. Nell’aprile del 2011 iniziai a notare una piccola pallina sottocutanea, sulla gamba. Giocando tanto a calcio, pensavo si trattasse di uno stiramento.
Feci un’ecografia privatamente, non avevo alcun malessere. Mi dissero che avevo un principio di infezione. Ricordo che era un venerdì, 22 aprile. Mi consigliarono una cura antibiotica. Era ormai sera, però, e dunque non sapevo a chi rivolgermi, dunque iniziai una terapia antibiotica con un antibiotico che avevo già utilizzato in passato.
Lunedì mi rivolsi al mio medico, che mi prescrisse un altro antibiotico. Il martedì iniziai ad avere la febbre alta, per questo decisi di recarmi al Pronto Soccorso dove, dopo una flebo e i controlli di rito, mi rimandarono a casa. Fu una notte difficile, con dolori mai avuti prima. Il giorno dopo tornai al Pronto Soccorso e venni ricoverato. Rimasi due giorni in astanteria, prima di essere sottoposto a una visita dermatologica. Mi parlarono di cellulite infettiva. Mi venne fatto un impacco sulla gamba e venne disposto il mio trasferimento nel reparto di Medicina. Tenni l’impacco per circa tre ore, quando lo tolsi avvertivo un forte bruciore, la mia gamba era in condizioni drammatiche, con una grande macchia nera.
Iniziai ad avere dolori davvero forti. Mi lamentavo di continuo e iniziai a prendere vari antidolorifici. Venni visionato dai medici del reparto di medicina. Mi dissero che poteva essere una brutta sciatica. Il 29 aprile feci un’ecografia dal chirurgo. Gli chiesi cosa avesse capito. Ricordo benissimo cosa mi rispose: ‘Non ho capito un cazzo’.
Mia madre, la mia compagna e mio padre nel frattempo continuavano ad insistere per avere maggiori notizie. I medici rispondevano che ci voleva tempo perché gli antibiotici facessero effetto. Il 30 aprile richiesero la consulenza di un infettivologo di Sanremo. Escluse la fascite necrotizzante, disse che bisognava che non si trasformasse però in una fascite.
Io nel frattempo continuavo ad avere dolori sempre più lancinanti. Il 2 maggio mi visitò il chirurgo e mi disse che vedeva dei miglioramenti. Io però avevo sempre più male e chiesi di essere sedato. Non riuscirono a sottopormi a una risonanza, perché avevo troppo dolore e mi muovevo troppo. Venni trasferito così all’Ospedale Santa Corona per una consulenza.
Al Santa Corona venni visitato da un medico che mi parlò immediatamente di fascite necrotizzante. Venni ricoverato e mi venne somministrata della morfina. Non mangiavo neanche più. La mattina seguente venni visitato da una equipe di medici e venni operato d’urgenza per fascite necrotizzante. Rischiavo la morte. Mi venne fatta una pulizia della gamba. Al mio risveglio dall’anestesia, ero in rianimazione.
Successivamente fui trasferito ad Albenga. La situazione degenerò. Avevo dolori fortissimi e andavo avanti a morfina. Il mio piede era viola, ormai in cancrena. Da quel momento in poi ho ricordi confusi, perché avevo troppa morfina in corpo. Venni di nuovo operato e rimasi a lungo in coma farmacologico. Quando mi risvegliai mi avevano amputato il piede e la caviglia.
Rimasi in rianimazione, poi dopo diversi giorni il chirurgo mi disse che era necessaria una nuova amputazione, perché l’infezione continuava ad espandersi. Io diedi il mio assenso, venni operato e mi amputarono la gamba. A quel punto il dolore cessò e tornai a casa il 7 giugno.
Dopo aver messo la protesi decisi che volevo capire cosa fosse successo, se tutto fosse stato fatto nel modo giusto dai medici. La mia vita è cambiata radicalmente, nulla è più come prima. Al lavoro innanzitutto, faccio manutenzione, ma ho tanti vincoli. Non posso salire sulle scale, non posso mettermi in ginocchio. Non posso dare garanzie. Praticare sport è difficilissimo e le passeggiate a piedi sono ormai un lontano ricordo. Anche le mie condizioni economiche sono mutate radicalmente. Per fortuna c’è la mia compagna, con cui convivo, che mi aiuta e mi sta vicino, così come la mia famiglia”.