Dopo aver raccontato le storie degli imperiesi che hanno lasciato la città di origine in cerca di migliori occasioni lavorative, ImperiaPost ha deciso di dar spazio anche a chi ha scelto di restare, investendo energie e risorse nel proprio territorio.
In un mondo in cui sembra di essere sopraffatti da tecnologia e web, c’è ancora qualcuno che punta sugli antichi mestieri e sui prodotti genuini. Tra questi, c’è Francesco Scopelliti, 34enne imperiese che, al contrario di moltissimi suoi coetanei, ha scelto di non lasciare la sua città e di diventare un olivicoltore.
Non sempre, però, la strada che si sceglie è quella che si aveva in programma. Francesco, infatti, dopo il diploma si è iscritto all’Università di Torino alla Facoltà di Lettere, data la sua grande passione per la scrittura. Arrivato all’ultimo anno di studi, però, si è reso conto di non voler continuare questo percorso a livello lavorativo. A quel punto, all’età di 26 anni, Francesco ha fatto ritorno a Imperia e ha iniziato a lavorare come giardiniere, per poi diventare un esperto olivicoltore e aprire una sua azienda chiamata “Zolle Grame”.
DA DOVE NASCE LA TUA PASSIONE PER L’AGRICOLTURA?
“Sono metà imperiese e metà calabrese. Mio nonno di qui era un agricoltore e faceva sempre l’olio. Ho passato tanto tempo in campagna con lui, come penso succeda per la maggior parte degli imperiesi. Fa parte della nostra cultura“.
CHE COSA FAI ESATTAMENTE?
“Sono un coltivatore diretto e mi occupo quasi esclusivamente di fare olio nella val Prino. Con altri 2 coltivatori, Livio e Daniele, stiamo cercando di far diventare le nostre 3 aziende un’unica azienda. Ci occupiamo delle campagne, alcune sono di nostra proprietà, altre in affitto. Spesso alcune terre sono di anziani che hanno sempre fatto l’olio, ma che, arrivati a una certa età, non riescono più a mantenere pulita la terra. Così noi le prendiamo in affitto, ci prendiamo cura degli ulivi, prendiamo le olive, puliamo la campagna, poi facciamo l’olio lo imbottigliamo in un frantoio di Dolcedo. I proprietario si trovano quindi la terra in ordine e una percentuale d’olio assicurata. Molte terre che abbiamo preso prima erano roveti, mentre ora sono belle campagne pulite. “Zolle Grame” oltre a essere il nome dell’azienda che ho fondato è l’etichetta del nostro olio. Come seconda attività facciamo anche lavori di giardinaggio saltuariamente”.
PERCHÈ HAI FATTO QUESTA SCELTA?
“La mia non è stata una scelta presa di punto in bianco, ma un percorso graduale e naturale. La mia passione per la letteratura e la scrittura mi ha portato a iniziare una strada diversa, ma con il tempo ho capito che non sarebbe potuto diventare un mestiere e ho deciso di cambiare rotta. Nonostante questo continuo a portare avanti la vocazione da scrittore. Ho infatti pubblicato alcuni romanzi. Tornato a Imperia a 26 anni, ho fatto per 3 anni l’operaio giardiniere. Questa esperienza mi è piaciuta molto, mi sono trovato bene tra motoseghe e decespugliatori. Ho quindi deciso di diventare un coltivatore diretto, avviando “Zolle Grame”.
È UNA SCELTA CHE VA IN CONTROTENDENZA NELLA SOCIETÀ DI OGGI?
“Molti più giovani di quanto si possa pensare fanno questo tipo di scelta. Non tutti vanno all’estero, non tutti lavorano al computer. Ora, poi, c’è un trend che porta alla ricerca del prodotto sano e genuino, a chilometro zero, che aiuta il nostro settore”.
QUAL È L’ASPETTO MIGLIORE DEL TUO LAVORO?
“Lavorare all’aria aperta, fare fatica fisica, stare a contatto con la natura, sono tutte cose che ti fanno arrivare alla sera con soddisfazione. Credo che l’uomo, dato che fa parte del regno animale, abbia bisogno di muoversi il più possibile. Un lavoro che stanca il corpo è un toccasana anche per la mente. La capacità che l’uomo ha di trasformare le cose realmente, dentro la natura, è una cosa che considero sacra. Sono da valorizzare i lavori manuali che racchiudono l’essenza dell’uomo. Non credo che l’essere umano sia fatto per lavorare seduto, sebbene ammiri e rispetti chi lo fa, dato che anche questi lavori sono essenziali nella società”.
LA TUA AZIENDA SI CHIAMA “ZOLLE GRAME”, PERCHÈ?
“È un nome simpatico che rappresenta un po’ l’essenza della “liguritudine”, ossia il “mugugno”. Un modo ironico per dare un’immagine al nostro modo di essere che si riflette nella zolla della terra da lavorare”.
LE DIFFICOLTÀ DI QUESTO MESTIERE?
“Sicuramente fare il coltivatore ha moltissime difficoltà, a cominciare dal fatto che, forse per ragioni fisiologiche e naturali, non tutte le annate sono buone, quindi non c’è una garanzia. Anzi, con l’esperienza abbiamo notato che gli ulivi seguono una biennalità perfetta. Abbiamo clienti, infatti, che ci chiamano una volta ogni 2 anni, proprio perché sanno come funziona. In ogni caso, anche nelle annate buone, è un mestiere che ha fatturati molto modesti. Noi lavoriamo, complessivamente, su circa un migliaio di piante. Siamo un’azienda piccola e speriamo un giorno di allargarci sempre di più”.
QUALI SONO I MOMENTI DI MAGGIORE SODDISFAZIONE?
“Ogni sera quanto torno a casa stanco dopo una giornata produttiva. I momenti migliori sono quando abbiamo finito di vuotare una campagna e quando si vedono le cassette piene di olive. Un altro bellissimo aspetto è quando vai di cliente in cliente a consegnare le bottiglie d’olio. Spesso infatti consegnamo personalmente e il contatto diretto, personale, è unico. I nostri maggiori clienti sono in Piemonte e Lombardia, ristoranti e privati, probabilmente perché in Liguria siamo in tanti a fare olio ed è difficile vendere a un prezzo giusto, che ripaghi del lungo lavoro che c’è dietro. Fuori dalla Liguria, invece, sono disposti a pagare il giusto prezzo per la qualità del prodotto”.
COSA NE PENSI DEL CASO “GIUGGIOLINA” – “TAGGIASCA”?
“La taggiasca è di tutti. Penso che sarebbe assurdo cambiare il nome di una cultivar che esiste da secoli. “Giuggiolina” sarebbe un nome irriconoscibile che confonderebbe le persone, mentre “Taggiasca” rimarrebbe a pochi eletti”.
PROGETTI PER IL FUTURO?
“L’obiettivo è avere sempre più piante, allargare la produzione, stabilizzandoci sull’aspetto economico. Oltre a quello, lo scopo è fare del lavoro una passione, recuperando la propria dignità e impegnandosi sempre a fare il massimo”.
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