Un viaggio di mille giorni intorno al mondo. È ciò che ha fatto Claudio Pelizzeni, 35enne piacentino, che nel 2012 ha lasciato il suo lavoro da vicedirettore di una filiale di banca per iniziare un giro del mondo unico nel suo genere.
Non solo, infatti, Claudio ha deciso di non utilizzare aerei, ma ha anche affrontato l’avventura nonostante un compagno da cui non può separasi: il diabete. Per questo motivo, il blog in cui ha tenuto il diario di viaggio, con oltre 30 mila followers, si chiama “Trip Therapy”. Grazie a questa esperienza, il suo corpo e la sua mente hanno potuto attraversare un percorso di scoperta che è stata come una terapia.
Tornato in Italia l’11 febbraio scorso, dopo aver toccato 44 paesi in giro per il mondo, Claudio è venuto a Imperia, in occasione del Videofestival, per raccontare la sua storia ed essere di stimolo per i ragazzi imperiesi. ImperiaPost l’ha quindi incontrato per conoscerlo e per sapere qualche dettaglio in più sul suo viaggio.
PERCHÈ HAI DECISO DI PARTIRE?
“Lavoravo in banca, ero vicedirettore di filiale. C’è stato un giorno in cui ho realizzato che non ero felice, era il 27 ottobre del 2013, durante un tramonto che ho visto mentre ero in treno da Milano a Piacenza, nel mio percorso da pendolare. Questo tramonto mi ha risvegliato determinate sensazioni, che poi erano quelle che io avevo in viaggio. Sono tornato a casa e ho iniziato a farmi domande allo specchio, prima fra tutte: ‘Sei felice?’. Quindi mi sono detto che il mio sogno era fare il giro del mondo e l’ho fatto. Sono partito a 32 anni alla volta della realizzazione del mio sogno”.
COME HA INFLUITO IL DIABETE IN QUESTA SCELTA?
“Ha influito in tutto e niente. La mia vita è sempre stata con il diabete, avevo 9 anni quando mi è stato diagnosticato, ha sempre fatto parte di me. È come dire: quanto hanno influito i tuoi piedi con la tua scelta? Paradossalmente è stato quasi più semplice che a casa. Stando via, monitorandolo con più attenzione ho ottenuto grandi vantaggi, come ascoltare bene il mio corpo, il muoversi con responsabilità diversa. A livello di blog ero diventato una sorta di testimonial per coloro che avevano lo stesso mio problema, soprattutto giovani, quindi non potevo permettermi di fare sciocchezze”.
QUALCUNO HA PROVATO A FERMARTI, PREOCCUPATO?
“Sì, assolutamente, e anche io stesso inizialmente mi sono detto:“Ma dove vuoi andare con il diabete?”. Ma ora abbiamo la risposta, si può fare! Sono andato dal mio medico e gli ho chiesto consigli. Mi sono portato dietro una grande scorta di insulina“.
HAI SCELTO DI NON USARE AEREI, PERCHÈ?
“Quando ho deciso di fare il giro del mondo mi sono detto che non doveva essere una vacanza, ma l’obiettivo doveva essere quello di investire su me stesso e sulla mia felicità. Volevo fare una cosa diversa. Avevo appena finito di leggere “Un indovino mi disse” di Tiziano Terzani e mi è venuto l’input di farlo senza aerei. Ho deciso di pormi una sfida. Ho pianificato solo una parte di viaggio, in Asia e in Australia, perche senza aerei in quei posti è molto complicato muoversi, ma poi è stato tutto stravolto. Devo dire, però, che gli imprevisti sono la cosa piu bella del viaggio”.
COSA HAI IMPARATO SU TE STESSO?
“Ho cominciato ad amare molto di più me stesso, ho la consapevolezza di valori legati al rispetto, fratellanza, al fatto di essere completamente anti razzista. Ho capito quanto viviamo ovattati da quello che realmente succede. Ho imparato che il linguaggio universale è il sorriso”.
HAI TENUTO PER TUTTA LA DURATA DEL VIAGGIO UN “DIARIO” VIRTUALE, REALIZZANDO VIDEO, FOTO E SCRIVENDO SUL BLOG. COME TI SEI ORGANIZZATO?
“Mi portavo dietro un bagaglio con pochi cambi, l’insulina e le poche cose essenziali, più uno zainetto con tutte le attrezzature tecnologiche: 3 videocamere, 1 computer, hard disk, microfoni. È stato impegnativo, ma mi ha dato grandi soddisfazioni. È stato un blog completamente autoprodotto. Questo mi ha portato a lavorare per Licia Colò come inviato speciale per il suo programma”.
QUANTO È COSTATO UN VIAGGIO SIMILE?
“La sfida era inizialmente spendere 15 euro al giorno, quindi 15 mila euro. In realtà, io ne avevo solo poco più di 12 mila, che venivano dalla liquidazione e dalla vendita dell’auto. Poi con la collaborazione con Licia, ho iniziato ad avere qualche entrata e a instaurare collaborazioni in loco, dormendo gratis in alberghi in cambio di video. Ci sono stati giorni in cui sono stato vicino allo zero, ma ho perseverato. Ho anche lavorato su una barca vela a Panama, come agricoltore, barista, receptionist, ho fatto di tutto. Alla fine ho speso circa 20 euro al giorno, quindi 20 mila euro in 1000 giorni, che sono come una automobile. È una questione di scelte”.
C’È STATO UN MOMENTO IN CUI HAI PENSATO: “MOLLO TUTTO E TORNO A CASA”?
“La frontiera India-Birmania mi ha dato molto da penare. Mi avevano rifiutato il visto cinese, l’unica via era passare attraverso quella frontiera e sembrava impossibile. Considera che quando l’ho attraversata era il 28 dicembre 2014 e la mia firma era la numero 16 in tutto l’anno. Lonely Planet mi ha scritto chiedendomi di raccontare la mia esperienza sul loro forum. Molti viaggiatori dopo di me mi hanno contattato e ho dato loro l’aggancio che ho usato. Poi ci sono stati altri imprevisti difficili, come quando mi sono ammalato in Colombia prendendo la dengue, una sorta di malaria. Ho avuto la febbre a 40 per 2 giorni e deliravo. Mi trovavo in un ostello, solo. Sono andato da solo all’ospedale e mi hanno curato. Altre difficoltà erano legate all’essere stato lontano da casa e quindi all’essermi perso momenti importanti della mia famiglia”.
C’È UN POSTO DOVE ANDRESTI A VIVERE?
“L’Italia sarà sempre la mia origine, ma, con grande amarezza, devo dire che purtroppo è il posto dove si vive peggio in assoluto. Il rapporto tra qualità della vita e costi – salari è assolutamente sproporzionato. Stiamo buttando via il paese più bello del mondo. Ora si vive molto bene in Australia, ma anche lì ci sono difetti. Ho trovato la Patagonia come un posto molto bello da vivere. Quello che ho capito, però, è che il posto perfetto non c’è. È dove stai bene”.
IMPERIAPOST STA CURANDO UNA RUBRICA SUI GIOVANI IMPERIESI VANNO ALL’ESTERO IN CERCA DI MIGLIORI OPPORTUNITÀ. COSA NE PENSI DI QUESTE SCELTE?
“Credo che dovrebbe essere lo Stato stesso a pagare un anno fuori, perché è un investimento sulla persona, che torna più aperta di mente, dopo che ha visto altre situazioni. Anche lo Stato stesso ne trarrebbe un beneficio. Lo istituirei proprio come politica: io Stato ti pago un anno in giro e se torni non me li ridai perché me li restituisci come valore aggiunto. Il viaggio non è redenzione, non risolve i problemi, ma è un’apertura della mente. Conoscere il mondo risolverebbe il grande problema del razzismo, che purtroppo sta dilagando”.
PROGETTI FUTURI?
“Per un po’ starò qui, dopo aver girato tanto, porterò avanti progetti nel paese più bello del mondo. In mente ci sono viaggi di gruppo con i miei followers. L’idea futura è quella di compare una barca a vela e girare con quella. Il mio spirito da vagabondo mi rende irrequieto, questo è un po’ il mio pregio ed il mio difetto”.
HAI ANCHE SCRITTO UN LIBRO: “L’ORIZZONTE OGNI GIORNO UN PO’ PIÙ IN LÀ”. PARLA DEL TUO VIAGGIO?
“Sì e no. Non si tratta di un diario di viaggio, non è un reportage. Parla anche della mia vita prima, come dei flashback. Ci sono gli episodi più importanti che ho vissuto, collegati da una sottile linea. È autobiografico, ma il mio nome non compare mai, perché parla di ognuno di noi”.
UN MESSAGGIO PER I GIOVANI IMPERIESI?
“Il mio messaggio è di porsi delle domande nel modo più semplice possibile e cercare di darsi le risposte più sincere possibili. Viaggiare, così come la vita normale, dà tantissime risposte, l’importante è tendere le orecchie. Ma il problema restano sempre le domande. Se si fanno domande sbagliate, anche le risposte saranno sbagliate“.
Clicca qui, per visitare la pagina Facebook “Trip Theraphy” di Claudio.
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