Fotografia di food molecolare, progetti speciali e creatività allo stato puro. Sono queste le cose intorno a cui ruotano le giornate di Silvia Tomati, 31enne di Diano Marina, che vive a Milano da 7 anni e porta avanti le sue passioni più grandi all’insegna dell’arte e dell’inventiva. Difficile trovare una definizione con cui “etichettarla” e forse è proprio questo che rende interessante la sua storia.
Silvia lavora come project specialist per una grande azienda editoriale, ma, nel resto del tempo, non abbandona mai il suo grande amore: la fotografia.
DA DOVE NASCE LA TUA PASSIONE PER LA FOTOGRAFIA?
“Senza dubbio dai miei genitori. Li ho sempre visti con una macchina fotografica in mano, erano appassionati e mi hanno trasmesso questo amore. Quando avevo 15 anni ho iniziato anche io a fotografare, iniziando ovviamente con le macchine analogiche. Penso che se impari con quelle è come imparare a guidare con una macchina vecchia, poi sei capace di guidarle tutte. La cosa bella era che non potevi vedere il risultato finché non sviluppavi il rullino. Con l’esperienza poi sapevo già quali scatti sarebbero venuti bene e quali no. Sono quindi mamma e papà che mi hanno insegnato le prime tecniche, dalla regola dei terzi e ai giochi con la luce, ai meccanismi interni della macchina fotografica”.
COSA FAI A MILANO E QUALE PERCORSO HAI SEGUITO?
“A Genova ho studiato all’Accademia delle Belle Arti in Fotografia e Graphic Design. Volevo che la fotografia fosse la mia strada, ma non sapevo ancora quale indirizzo. Mi sono laureata in ritratto, ma poi mi sono trasferita a Milano per frequentare 2 anni di Master in Fotografia Commerciale e tutto è cambiato. A Milano mi si è aperto un mondo. Mi sono avvicinata allo scatto commerciale e dopo gli studi ho avuto la fortuna di entrare subito nella casa editrice RCS, dove mi occupavo di costruire la parte pubblicitaria. Dopo 3 anni e mezzo ho lavorato un po’ per Mondadori, finchè ho accettato l’offerta di lavoro di Hearts Magazine Italia, l’azienda editoriale che cura le testate Marie Claire, Elle, Cosmopolitan, ecc. Mi occupo di progetti speciali stampa, in cui, insieme al team, pensiamo, sviluppiamo e progettiamo idee per un progetto ad hoc per il cliente. Un lavoro molto dinamico e attivo”.
COME RIESCI A FAR COMBACIARE IL TUO LAVORO NELL’EDITORIA A QUELLO DA FOTOGRAFA?
“Non potrei mai abbandonare la fotografia. L’ho capito con il tempo. Nei weekend, nel tempo libero, in ogni ritaglio di tempo possibile, quindi, lavoro come fotografa commerciale soprattuto di Life Style e Food. Realizzo servizi fotografici per chef, catering, ristoranti e molto altro. Ho avuto la possibilità di lavorare per grandi marchi di food italiani”.
COME MAI TI SEI SPECIALIZZATA NELLA FOOD PHOTOGRAPHY?
“Ho pian piano scoperto che è ciò che amo di più. Nonostante io mi sia laureata in ritratti, ho capito che in realtà ciò che mi piace di più fotografare sono i dettagli. Già nei ritratti, infatti, adoravo catturare magari solo una parte del viso, un occhio, una mano. Fotografando il cibo, ho capito che più che il ritratto, amavo il dettaglio. Il cibo, poi, piccolo, colorato, sempre nuovo, dà spazio a un’infinità di possibilità. Devo dire che Milano ha giocato una parte importante, perché qui hai accesso alle cose più nuove e curiose, dal cibo più casalingo al più all’avanguardia. L’Expo mi ha dato moltissimi spunti e poi non mi sono più fermata”.
COM’È POSSIBILE COMUNICARE UN MESSAGGIO ATTRAVERSO IL CIBO?
“Questa è una domanda a cui è difficile rispondere, perché molto è dovuto a un istinto che non si può spiegare. Fotografando, io ritrovo in un piatto una forma d’arte, trasmetto un’idea dentro un cibo. Credo che per fotografare, così come per tutte le forme d’arte, sia necessario un mix di senso estetico e conoscenze tecniche. La componente creativa è essenziale, ma anche lo studio e l’aggiornamento continuo lo sono. Tutto ciò che ho studiato mi hanno reso ciò che sono, rifarei tutto da capo. La mia formazione grafica credo sia fondamentale, per avere la giusta preparazione per rendere equilibrato e armonico lo scatto. Dopodiché, ci vuole la parte più estrosa e creativa possibile, ricercando sempre cose nuove da sperimentare”.
UN PROGETTO PARTICOLARMENTE CURIOSO?
“Sicuramente quello a cui sto lavorando adesso per uno chef di “Food molecolare” che ha lavorato in Australia e ora si trova a Milano. Il cibo molecolare viene creato attraverso dei liquidi sarebbe un particolare trattamento di gusti e sapori che, buttati nell’acqua bollente si raggrumano diventando sfere lucide. Le potenzialità sono infinite. Non è cibo finto, né chimico. Quelle sfere in bocca esplodono e rilasciano il sapore come se stessi mangiando pesce o carne o qualsiasi altra cosa. È un esplorare i confini della cucina ed è incredibile vederlo creare sotto i miei occhi”.
DESCRIVICI UN PIATTO DI FOOD MOLECOLARE.
“Ti parlo dei piatti che ho creato e fotografato ieri con lo chef Giordano Dauria, sono piatti con lavorazioni lunghe ben studiate e calibrate, le foto sono state pensate in parallelo con i piatti partendo da un idea di ordine eleganze e cucina stellata. Uno è Ostrica francese con finto caviale di spremuta di gambero, scorza di limone ligure, riduzione di crostacei e bietola orientale.
Il secondo scatto è Filetto e cosce di quaglia in salsa di canocchie di sabbia su giardino baby italo-orientale. Quella gialla ad esempio è una melanzana, la verdura è tutta molto particolare ricercate e selezionata per colore. È stata una bellissima collaborazione fatta di tecnica passione e creatività. Il finto caviale di spremuta di gambero è una cosa molto particolare, è un esplosione di gusto e colore. Il piatto è stato pensato dallo chef naturalmente e impiattato su uno stile di food design ricercato da entrambe e l’abbiamo impiattato insieme”.
QUAL È IL TUO SOGNO?
“Sicuramente l‘ideale sarebbe unire le mie due anime, diventando fotografa nel campo dell’editoria, poiché non riuscirei ad abbandonare nessuno dei due settori. Amo tutto ciò che è creativo e stimolante, fuori da ogni schema e sempre nuovo. C’è sempre da imparare ed è questo il bello”.
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