Pasquale Indulgenza, ex consigliere comunale di Rifondazione Comunista e segretario dell’Associazione culturale “Michele De Tommaso“, ha inviato una nota stampa in merito alla chiusura della Biblioteca Civica Lagorio per inagibilità.
“La chiusura della Biblioteca Civica di Imperia nuoce gravemente alla salute. La salute di tutti: giovani e vecchi; cittadini residenti e visitatori del Capoluogo.
La nostra Associazione, che da oltre un lustro tiene in Biblioteca cicli di incontri filosofici aperti alla cittadinanza, ritiene che il più importante servizio culturale del Comune, che è anche il centro pubblico di incontro più significativo presente nello stesso e tra i più rilevanti dell’intera Provincia, debba essere riaperto al più presto. Per questo, chiediamo che gli amministratori locali si adoperino col necessario senso di urgenza. Una urgenza che non può essere considerata in termini meramente contabilistici, poiché la straordinaria gravità dell’infelice e assai sconcertante circostanza (un complesso attivato otto anni fa, dopo la realizzazione ex novo di una struttura moderna all’interno di un edificio storico, che oggi viene chiuso nell’interezza delle sue funzioni per un dichiarato difetto delle misure di sicurezza), è data da eminenti ragioni di etica pubblica.
A tal riguardo, ci permettiamo di proporre una piccola riflessione. Viviamo tempi in cui sovente, allorchè lo Stato centrale o gli Enti territoriali e locali decidono tagli o riduzioni, se non cessioni a privati in vario modo agite, di servizi pubblici, si giustificano tali operazioni con l’evidenziare ristrettezze economiche, mancanza di risorse, problemi di bilancio, e la conseguente necessità di dover provvedere in via prioritaria alle prestazioni o alle incombenze ritenute più urgenti ed essenziali. Proprio il caso di specie, tuttavia, si presta ad un approfondimento che riteniamo doveroso. A metà Ottocento, il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach aveva affermato che ‘l’uomo è ciò che mangia’. Feuerbach intendeva dire che l’essere umano è una unità psicofisica e che, se si vogliono migliorare le condizioni spirituali degli individui e di un popolo, bisogna innanzitutto migliorarne le condizioni materiali, a cominciare dall’alimentazione, poiché, per riprendere le sue parole, ‘la fame e la sete abbattono non solo il vigore fisico, ma anche quello spirituale e morale dell’uomo, lo privano della sua umanità, della sua intelligenza e della coscienza’.
Questo pensiero, però, non deve essere oggi banalizzato mediante una sua riduzione alla considerazione, apparentemente ‘realistica’ e pragmatica, che in momenti di “vacche magre” non può esservi dubbio tra il sacrificare un beneficio di elevazione spirituale (la cultura, i libri..) a vantaggio di un ben più concreto beneficio ‘materiale’.
Il pensiero di Feuerbach – un pensiero che in verità era teso a promuovere la lotta per il riconoscimento dei bisogni delle masse popolari a partire dalla conquista di un giusto sostentamento -, fu infatti ripreso e rielaborato da Karl Marx, che, procedendo in quella stessa direzione, mostrò lucidamente lo stretto rapporto di reciproca implicazione che lega i bisogni naturali degli esseri umani con il procedere della storia, cioè con lo sviluppo delle formazioni sociali, con l’imprescindibile interdipendenza tra la sfera spirituale e creativa dell’esistenza umana e la dimensione prassica della stessa, che si realizza anzitutto nella produttività del lavoro. Questa, infine, è la vera materia in divenire dell’essere sociale: “L’uomo è ANCHE ciò che mangia”!
In una situazione socio-economica speciosa come quella che in campo nazionale stiamo subendo da anni, con un progressivo depauperamento del tessuto produttivo e della base occupazionale ed una disoccupazione giovanile oltre il 40 per cento, in un contesto così profondamente deprivato sul piano economico, sociale e culturale come quello della nostra provincia, anche per effetto di scelte pubbliche fallimentari o speculative, con un polo universitario sempre più abbandonato a se stesso, il caso disgraziato della Biblioteca Civica “Lagorio”, che solo superficialmente può essere visto e trattato come fatto particolare e di secondaria importanza, assume una valenza paradigmatica della crisi generale in atto: un perdurare della sua chiusura, anche solo per qualche mese, inciderebbe pesantemente, come sta già succedendo, a danno di migliaia e migliaia di concittadini (studenti, anziani lettori e frequentatori, famiglie più disagiate, studiosi, cittadini immigrati) sull’intera qualità sociale: la vitalità delle relazioni e la produttività della cultura, che da sempre si esaltano nel comune bisogno di conoscenza.
Una città come Imperia, che sta perdendo la sua gioventù per effetto di un esodo tristissimo, in massima parte determinato dal venir meno di opportunità di sviluppo e realizzazione per i singoli e dalla mancanza di luoghi intelligenti di aggregazione, si condannerebbe, con un’ennesima inerzia, ad un ulteriore scivolamento in basso, ben oltre le già impietose posizioni in graduatoria delle classifiche nazionali”.