Viaggia il mondo, trova grandi affari, propone investimenti a ricchi sceicchi arabi e non si ferma mai. È questa la vita di Tufan Moussavi, 36enne di origine iraniana, ma italiano “di adozione”.
All’età di 8 anni Tufan è arrivato a Imperia con la sua famiglia, dopo essere scappato dalla guerra in Iran. Con la sua incredibile intraprendenza, partendo da zero, è riuscito a crearsi una rete di relazioni in tutto il mondo, diventando il mediatore di affari per ricchi imprenditori.
Adesso Tufan, viaggiando costantemente tra Europa, Emirati Arabi, Asia e America è un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono fare grandi investimenti tra il mondo arabo e il mondo “occidentale”.
ImperiaPost l’ha incontrato per conoscere i retroscena di una vita così fuori dalla normale routine.
CHE COSA FAI NELLA VITA? C’È UN MODO PER DEFINIRLO?
“Sì e no. Sono un mediatore di affari. Faccio di tutto. A volte ho 10 richieste di lavoro contemporaneamente, tutte diverse tra di loro. Il mio lavoro è trovare affari per ricchi (ricchissimi) imprenditori. In pratica sono un “facilitatore”. Il mio lavoro sono i miei contatti, le mie conoscenze e, per costruirle, ho dovuto impiegare moltissimi anni, e tutto è in costante costruzione”.
DA PICCOLO HAI DOVUTO AFFRONTARE MOLTE DIFFICOLTÀ.
“Sì. Sono nato in Iran nel 1980, durante la grossa rivoluzione. Siamo scappati via dalla guerra quando avevo 4 anni. Mi ricordo che di notte dovevamo correre a fare una doccia fredda quando venivano usate le armi chimiche. Siamo scappati senza niente e abbiamo vagato tra Turchia e Romania per quasi un anno, senza sapere cosa fare. Poi siamo riusciti ad arrivare in Italia, inizialmente a Recco, dove i miei genitori hanno aperto un’attività di antiquariato. Nell’87 siamo arrivati a Imperia, un po’ per caso, e, per una serie di motivi familiari, abbiamo deciso di rimanere a vivere qui”.
COME VEDEVI IMPERIA CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO?
“Non molto positivamente, devo ammettere. È stato molto difficile ambientarmi. Presto però, verso i 14 anni, ho iniziato a lavorare e ho fatto i lavoretti più disparati, dal porta pizze al barista, dal commesso al parrucchiere e l’operaio in cantiere. Non avevo le idee chiare, volevo solo abituarmi al mondo del lavoro. Non riuscivo a stare fermo. Ho continuato gli studi anche in Canada, dove ho vissuto con mia sorella, ma poi sono tornato a Imperia”.
QUANDO C’È STATA LA SVOLTA NELLA TUA VITA?
“Quando ho preso la patente. Lavoravo nella telefonia già da quando avevo 16 anni, ma, una volta presa la macchina, ho iniziato a girare e ho iniziato a lavorare per la Telecom a Genova. In ogni lavoro puntavo sempre al massimo, non mollavo mai. Quando mi sono trovato a Montecarlo per lavoro, mi si è aperto un mondo. Ho scoperto il lusso e la ricchezza del principato, mi ha stregato, e ho deciso che avrei dovuto lavorare sodo per arrivare lì. Arrivato all’apice della carriera in Telecom, ho iniziato a lavorare per un grande imprenditore, come suo assistente. Organizzavo viaggi e spostamenti, vivendo la sua vita e facendo tantissime conoscenze. Con questa esperienza ho fatto un’altra grande scoperta: Dubai”.
UNA VOLTA ARRIVATO A DUBAI HAI RAGGIUNTO IL SUCCESSO COME TI ASPETTAVI?
“Inizialmente sì, ma poi tutto è crollato e ho dovuto ricominciare letteralmente da zero. I primi anni mi ero fatto strada facendo il trader di materie prime, in particolare vendevo cemento negli Emirati. Nel 2008 però c’è stato il crollo del mercato che ha colpito particolarmente Dubai. Sono rientrato in Italia senza soldi, senza niente. Ho passato due anni senza sapere cosa fare. Ho provato a lavorare a Shangai, ma non è andata bene. Poi, tornando in Italia, ho fatto per caso scalo a Dubai, dove in aeroporto mi sono venuti a salutare amici del posto. Lì mi sono detto: “Il tuo sogno era Dubai? Devi riprovarci”. Mi sono fermato a Dubai con soli 60 euro in tasca e ho ricominciato dal nulla. Sono stato preso da un’agenzia immobiliare che mi pagava solo a provvigioni, ma grazie alla mia intraprendenza e agli affari conclusi in 3 mesi sono diventato capoufficio. Dopodichè ho iniziato a lavorare per un ricco sceicco e non mi sono più fermato”.
E ADESSO COSA FAI?
“Lavoro per diversi ricchi imprenditori. Tra gli altri, sono un consulente esterno della famiglia Habtoor, una delle più ricche degli emirati, creatrice della “Al Habtoor City”, una delle zone più esclusive di Dubai. Al momento mi sto occupando del restauro di uno yatch di 60 metri per uno sceicco del Kuwait e, per un altro cliente, sto organizzando la progettazione della più grande imbarcazione dei cantieri navali italiani”.
QUAL È IL TUO SEGRETO?
“Non c’è un segreto. Bisogna riuscire a capire le persone. Per ogni nuovo affare possono passare anche 6 mesi prima di ottenere un semplice: “Lo posso valutare”. In tutto il periodo che precede la trattativa io mi impegno a conoscere tutto dell’imprenditore, del suo paese, delle sue tradizioni. Divento uno di famiglia. La cosa più importante è l’amicizia e la fiducia. A un “billionaire” non interessa fare un affare in più o in meno, lui guarda la persona, se c’è un rapporto di reciproco rispetto, allora chiamerà sempre te per avere consulenze o fare trattative.
Io mi adatto di volta in volta dove mi trovo. Parlo italiano, inglese, francese, spagnolo, farsi, arabo e studio russo. Devo essere veloce a captare le emozioni e lo stato d’animo di chi ho di fronte. Devo saper mettere insieme le persone, riuscire a creare situazioni di serenità dove le persone si sentano a loro agio per discutere di trattative. È una sciocchezza, ma, per fare un esempio, io non bevo caffè, ma per avere appuntamenti ne avrò bevuti 2.000. Ho guardato infinite foto di famiglia, partecipato a eventi, feste e viaggi solo per fare essere di compagnia. Mantenere questo tipo di rapporti è davvero molto costoso, ma è il mio lavoro e, inoltre, mi diverto moltissimo.
Non mi fermo mai. Faccio anche 60 voli all’anno. Faccio avanti e indietro tra Europa e Emirati anche 2 volte a settimana”.
A UN CERTO PUNTO DELLA TUA CARRIERA HAI AVUTO A CHE FARE CON LA FAMOSA “RUBY RUBACUORI”. COM’È ANDATA?
“Non c’è molto da dire. Era venuta da me dicendomi di voler investire una grande somma di denaro, ma poi è sparita. Fortunatamente non sono rimasto coinvolto in nessuno dei suoi “strani” affari. Sono stato anche sentito dalla Magistratura alla quale ho raccontato il nostro incontro”.
C’È QUALCOSA A CUI SI DEVE RINUNCIARE PER FARE QUESTA VITA?
“Personalmente non c’è niente che mi manca perché faccio quello che amo. Non riuscirei mai a fare lo stesso lavoro per tutta la vita. Ammiro chi lo fa, come i miei genitori e moltissime altre persone, ma io non sono fatto per questo. Ho sempre la casa a Imperia, dove torno regolarmente per far visita alla mia famiglia, ma la mia città ideale è Milano, oltre che bellissima è anche il punto strategico dell’Europa. Il tempo è fatto di priorità. Quando gli altri dormono, io viaggio, imparo, scopro. Cerco sempre nuove sfide. Divento esperto di ogni settore di cui mi occupo. Le conversazioni sono la parte fondamentale del mio lavoro quindi devo sempre sapere cosa dire in un discorso”.
COSA PENSI DI IMPERIA VISTA CON GLI OCCHI DI UN “UOMO D’AFFARI”?
“Sicuramente è un posto bellissimo, ricco di grandissime potenzialità. Il problema è che non si fa nulla, non c’è nessun investimento sul turismo per portare persone qui. C’è un porto meraviglioso, un eco clima fantastico, ma ogni locale che apre chiude, spesso si cerca di mandare via la gente, ci si lamenta del rumore o della musica. Quando vengo qui spesso sto solamente a casa con la mia famiglia. Vedere lo stato in cui è la città mi rende molto triste. Porto molto spesso qui i ricchi sceicchi e imprenditori con i loro yacht, per farla conoscere. La prossima settimana arriveranno 4 imbarcazioni da Montecarlo”.
SEI SODDISFATTO DI DOVE SEI ORA?
“Assolutamente sì. Sono felice di chi sono e di quello che faccio, ho vinto il rispetto delle persone che mi stanno intorno. Il mio desiderio sarebbe un giorno riuscire a fare quegli affari che ora propongo ai ricchi investitori. Prima o poi, con tempo e devozione, sempre lavorando in maniera onesta trasparente, come ho sempre fatto, ce la farò”.
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