Tra le varie forme di inquinamento, quella della presenza di platica in mare è sicuramente una delle più impattanti: dei quasi 300 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno nel mondo, molte finiscono in mare. Oltre alle macroplastiche, i vari contenitori, involucri e oggetti che si abbandonano come rifiuti, c’è un’altra categoria molto più subdola prodotta dall’uomo, quella delle microplastiche, minuscole sfere di polietilene, polistirene ed altre sostanze simili, contenute in molti prodotti di uso comune (ad esempio i cosmetici) ed in alcuni processi industriali, che ogni giorno finiscono in mare.
Di questo si è ampiamente discusso nel corso del Convegno dal titolo “Mare Mostro: un mare di plastica”, tenutosi oggi presso l’Auditorium dell’Acquario di Genova, promosso dall’Associazione MAREVIVO in collaborazione con la Capitaneria di porto di Genova.
Davanti ad una platea di un centinaio di persone, tra cui molti studenti delle scuole genovesi, si sono alternati oltre alla Presidente dell’Associazione, Rosalba Giugni ed al Comandante della Capitaneria di porto, l’Ammiraglio Giovanni Pettorino, il Consigliere delegato all’ambiente della Città Metropolitana di Genova, Enrico Pignone, e vari esponenti del mondo scientifico ed armatoriale, tra cui il Prof. Bavestrello dell’Università di Genova, la D.ssa Bertolotto dell’A.R.P.A.L., la D.ssa Gili, direttore scientifico dell’Acquario e l’Ing. Canevari, Energy Manager della Compagnia GNV.
Il tema dominante delle approfondite relazioni svolte è stato quello del grave e preoccupante assorbimento delle microplastiche all’interno di numerosi organismi che vivono in mare e che finiscono per accumularsi lungo la catena trofica fino ad arrivare all’uomo. Alcuni studi condotti dall’ARPAL, ad esempio, mostrano che se in generale nei mari più inquinati si stimano fino a 240.000 frammenti di microplastiche disperse in un km quadrato di mare, in Liguria tale stima non supera i 50.000 frammenti.
D’altro canto però, sotto il profilo delle reti e attrezzi da pesca disperse in mare, una ricerca condotta dall’Università di Genova mostra come i fondali del mare ligure sono tra i più interessati da questo fenomeno di abbandono.
Di fronte a tale scenario allora le azioni da porre con urgenza in capo sono certamente, da un lato, la riduzione della produzione di plastica attraverso il riutilizzo di molti oggetti che possono avere una seconda vita, e, secondariamente, una più convinta azione di sensibilizzazione delle coscienze nel perseguire comportamenti virtuosi votati al non abbandono dei rifiuti e soprattutto alla raccolta differenziata.
Così come, ormai da tempo, fa la legislazione internazionale e nazionale nell’ambito del settore del trasporto marittimo, imponendo precisi obblighi e divieti alle navi e ai porti, in tema di raccolta differenziata e divieto di abbandono in mare di rifiuti.
Ed è proprio su questi temi che si sono concentrati, in definitiva, tutti gli interventi, proprio per suscitare, soprattutto nei giovani studenti intervenuti, quella sensibilità ambientale ed il perseguimento di quelle buone pratiche capaci veramente, al di là di ogni obbligo o divieto, di salvare il nostro mare.