Il Tribunale Amministrativo Regionale è entrato nel merito della vicenda che ha visto protagonisti quattro “no Borders” colpiti da foglio di via emesso dall’ex Questore di Imperia Leopoldo Laricchia. Già nel dicembre scorso i giudici genovesi avevano accolto il ricorso presentato da 4 no Borders: Gabriella Grasso, Stefano Depetris, Noemi De Cicco e Federica Martina, contro il foglio di via obbligatorio emesso dalla Questura di Imperia, per la durata di tre anni, dai comuni di Olivetta San Michele, Airole, Ventimiglia, Apricale, Camporosso, Dolceacqua, Isolabona, Soldano, San Biagio della Cima, Vallecrosia, Vallebona, Bordighera, Sanremo, Taggia, Imperi e Diano Marina rimandando ad altra udienza la discussione nel merito.
Nel dettaglio, il foglio di via era stato notificato ai 4 no borders in quanto, secondo le forze dell’ordine, era “manifesta la loro partecipazione al movimento autodefinitosi no border, organizzando e/o partecipando, anche in maniera estemporanea, manifestazioni e/o cortei non autorizzati e/o blocchi stradali coinvolgendo in tali attività i migranti ed inducendoli a parteciparvi in gruppo”.
In particolare, i fogli di via vennero notificati dopo che gli attivisti, nell’agosto scorso, raggiunsero Ventimiglia per portare acqua, solidarietà e supporto ai migranti che si trovavano fuori dal campo di accoglienza.
I quattro no borders, difesi dall’avvocato Alessandra Ballerini, si sono visti accogliere il ricorso e, nella giornata di ieri venerdì 11 agosto, il Tar ha reso note le motivazioni della decisione.
LE MOTIVAZIONI DEL RICORSO:
I) i provvedimenti impugnati non conterrebbero elementi rivelatori di pericolosità sociale;
II) essi sarebbero orientati al dissimulato scopo di contrastare le attività solidaristiche realizzate a sostegno dei migranti;
III) è del tutto immotivato l’ordine di allontanamento da numerosi Comuni dell’Imperiese che nulla hanno a che vedere con le attività del movimento “no borders”;
IV) è stata omessa la doverosa comunicazione di avvio del procedimento;
V) la durata triennale della misura di prevenzione è irragionevole e sproporzionata.
4) Si costituiva formalmente in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, in rappresentanza dell’intimata Amministrazione dell’interno.
LE MOTIVAZIONI DELL’ACCOGLIMENTO DEL RICORSO:
Tra i motivi, il collegio scrive che non ci sono elementi per cui le persone possano essere considerate “pericolose” e le descrizioni delle loro condotte sono generiche, quindi impossibili da valutare.
“È fondato il primo motivo di ricorso – si legge nella sentenza – con cui gli esponenti denunciano le carenze motivazionali dei provvedimenti impugnati, privi di elementi idonei a suffragare il giudizio di pericolosità formulato nei loro confronti. Gli unici elementi sintomatici ivi riferiti riguardano, infatti, la partecipazione ad una “manifestazione sediziosa” organizzata dal cosiddetto “movimento no borders” in data 6 agosto 2016 e la resistenza opposta all’intimazione di scioglimento.
Nel contesto degli atti impugnati, non sono state puntualmente illustrate, però, le condotte poste in essere in concreto dagli interessati e non è stata depositata in giudizio la documentazione riguardante i fatti posti a base degli atti medesimi. La descrizione del tutto generica delle singole condotte rende impossibile l’apprezzamento della loro reale portata e tendenziale pericolosità”.
Inoltre, non risulta dai provvedimenti che i ricorrenti abbiamo compiuto atti violenti. Alcune condotte violente vengono attribuite generalmente ai manifestanti, non ai singoli.
“Non risulta dai provvedimenti impugnati che i ricorrenti avessero compiuto – continua la sentenza – nelle riferite circostanze, atti violenti di alcun tipo né che avessero inneggiato alla violenza ovvero, ancora, che ricoprissero in qualche modo il ruolo di promotori o leader dell’iniziativa. Non sono stati riferiti, in definitiva, atteggiamenti, condotte, espressioni verbali o altri elementi riconducibili ai prevenuti dai quali si possa ragionevolmente evincere una valutazione di pericolosità effettiva e attuale”.
La relazione della Questura di Imperia fa riferimento a condotte violente (“lancio di oggetti e di pietre”) che non erano state menzionate nel contesto dei provvedimenti impugnati. Va sottolineato come i comportamenti in questione vengano genericamente attribuiti ai “manifestanti”, anziché riferiti in modo puntuale e diretto agli odierni ricorrenti.
Per quanto riguarda i precedenti, i ricorrenti non hanno carichi pendenti o precedenti penali, tranne una persona.
“E’ anche opportuno sottolineare – prosegue – come l’assenza di precedenti pregiudizievoli converga a definire profili soggettivi distanti dal paradigma del soggetto socialmente pericoloso. Tutti i ricorrenti, infatti, hanno comprovato l’assenza di precedenti penali e di carichi pendenti.
Solamente per una di essi, è stata riferita l’esistenza di un “precedente di polizia per detenzione al fine di spaccio di sostanze stupefacenti nel 2003” nonché di una denuncia per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale. L’Amministrazione, peraltro, non ha comprovato tali circostanze, recisamente negate dall’interessata, né ha riferito l’esito giudiziario delle risalenti denunce”.
Accolti, in aggiunta, anche i motivi tre e cinque, in cui si ritiene immotivato l’allontanamento da 15 Comuni in provincia di Imperia, anche molto distanti da Ventimiglia, luogo dove si sono svolti i fatti.
“Le contestate misure di prevenzione, infatti, non producono effetti circoscritti al territorio del Comune di Ventimiglia, nel quale si sono svolti i fatti riferiti dall’Amministrazione, ma impediscono ai ricorrenti di fare ritorno in altri 15 Comuni della provincia di Imperia. Nella motivazione dei singoli atti, tuttavia, non sono esternate le ragioni per cui la presenza dei prevenuti in tali località – alcune distanti molti chilometri da Ventimiglia e, a quanto consta, mai teatro delle attività del “movimento no borders” – potrebbe costituire fonte di pericolo per la sicurezza o per la tranquillità pubblica.
Né è dato comprendere il criterio sotteso all’individuazione dei Comuni cui si estende l’ordine di allontanamento che, pertanto, incide in maniera ingiustificata e sproporzionata sul diritto fondamentale, costituzionalmente garantito, inerente alla libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio nazionale”.
Infine, appare immotivata anche l’applicazione della durata massima del foglio di via, ossia 3 anni, data la mancanza di motivi validi specifici e di precedenti.
“Del tutto immotivata – conclude – è anche la scelta di applicare la misura di prevenzione per la durata massima (tre anni) prevista dalla legge. Tanto più che, a fronte della mancata contestazione di specifici episodi di violenza e dell’assenza di precedenti, tale uniforme applicazione appare sproporzionata e incurante delle esigenze di differenziazione imposte dalla natura delle misure di prevenzione”.
Per le precedenti ragioni, quindi, il collegio, composto dai giudici Giuseppe Daniele, Paolo Perugia e Richard Goso, ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati poiché illegittimi.