24 Novembre 2024 02:09

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24 Novembre 2024 02:09

IMPERIA. VINCITORE DEL CONCORSO LETTERARIO DI PESCARA, IL 18ENNE ANDREA VIALE UNISCE SPORT E IMMIGRAZIONE:”ALÌ SOPRAVVIVE AL NAUFRAGIO DEL BARCONE, POI…”/ECCO IL RACCONTO

In breve: Si è aggiudicato il secondo posto del Concorso letterario "Rocky Marciano", realizzato in collaborazione con il Lions Club Pescara Ennio Flaiano e il Coni, con un racconto intitolato "Quattro salti alla volta".

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Si è aggiudicato il secondo posto del Concorso letterario “Rocky Marciano”, realizzato in collaborazione con il Lions Club Pescara Ennio Flaiano e il Coni, con un racconto intitolato “Quattro salti alla volta”.

Parliamo di Andrea Viale, 18enne, residente a Diano Castello e studente al Liceo Scientifico Vieusseux di Imperia. Il concorso era a livello nazionale ed era aperto ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie di tutta Italia.

Il tema del bando era “Storie di Sport” e Andrea, essendo stato calciatore per anni, ha deciso di raccontare una storia che unisse la sua passione all’attuale tema dell’immigrazione.

ImperiaPost ha quindi contattato Andrea per conoscere meglio i dettagli del suo racconto.

COME MAI HAI DECISO DI PARTECIPARE AL CONCORSO?

“In realtà non è stata mia l’idea di partecipare. Ho scritto il racconto a febbraio scorso, inizialmente doveva solo essere un compito a casa. La nostra professoressa di italiano è appassionata di poesia e racconti e spesso ci fa fare temi che sono bandi di concorsi. Quella volta il mio le piacque e mi propose di inviarlo per partecipare, altrimenti non mi sarebbe mai venuto in mente. L’italiano mi piace, ma sono più propenso per le materie scientifiche”.

DI COSA PARLA IL TUO RACCONTO?

“Il protagonista è Alì, un giovane immigrato che arriva in Italia dopo essersi salvato da un naufragio a bordo di un barcone a soli 8 anni. Nonostante l’esperienza drammatica, Alì riesce a farsi forza. La sua più grande passione è il calcio e un giorno, mentre gioca con altri rifugiati, viene notato da un procuratore, che lo porta con sè. Da lì inizia la sua scalata fino alla serie A. 

Il racconto si sviluppa partendo da un episodio di una partita, in cui durante un’azione di attacco, un compagno di squadra di Alì non gli passa la palla e prova il gol, senza successo. Quando il protagonista chiede spiegazioni del mancato passaggio, il compagno lo insulta con un “Stai zitto negro”. Parallelamente, il racconto si evolve, fino a un episodio simile, ma con una conclusione differente. Durante un’altra partita si ripete la stessa scena, ma questa volta il passaggio avviene e Alì fa gol, facendo vincere la squadra”.

COME MAI HAI DECISO DI ACCOSTARE IL TEMA DELLO SPORT A QUELLO DELL’IMMIGRAZIONE?

Il tema era ‘Storie di Sport’. Io ho giocato a calcio per molti anni e quindi ho deciso di raccontare una storia legata a questo sport, ma anche al tema dell’immigrazione, attuale e importante. Volevo far risaltare i valori dello sport, di come unisce le persone, a prescindere dal colore della pelle. Conosco bene il mondo del calcio, quindi ho saputo inserire molti particolari su questo ambiente, partite, superstizioni, telecronaca ecc”. 

 ECCO IL RACCONTO:

“QUATTRO SALTI ALLA VOLTA”

“Ho freddo, ho freddo, ho freddo, le mani gelate, le scarpe piene d’acqua, le stelle ondeggiano e poi scompaiono; è buio, ho tanta paura. Qualcosa di rosso che galleggia, il nonno, il nonno, vestito di blu e con il berretto mi chiama e mi abbraccia.

Mi sveglio, Carla dorme tranquilla, già, Carla, ci siamo conosciuti al Liceo, una storia lunga e tormentata. “…noi non siamo razzisti ma…”. Ma, e in questo ‘ma’ tutte le diffidenze e le ipocrisie: la gente, la religione, i costumi…
Perché io, Alì, sono uno dei tanti arrivati dal mare e per di più con la pelle scura: io sono il diverso, io sono due volte il diverso, del quale diffidare. Ma io ce l’ho fatta: sono diventato un ‘campione’ e ho sposato Carla. Ma non è stato facile.

“Attenzione! Faustini avanza palla al piede, al suo fianco c’è Modù, sono due contro zero, c’è solo il portiere davanti a loro, avanza ancora, entra in area, fa partire il destro e…palo! Incredibile occasione sprecata per la squadra ospite” – commentò esaltato il telecronista- “ed ecco il triplice fischio dell’arbitro; Civitavecchia batte Latina per due reti a uno e si aggiudica la vittoria del campionato”.
“Perché non me l’hai passata Alex? Ero libero!” chiese Alì al compagno, ancora ansimante per la fatica.
“Sta zitto negro” rispose quello.

Non era la prima volta che Alì riceveva insulti riguardanti il colore della sua pelle, avrebbe potuto denunciarlo, ma non gli andava che i suoi ‘amici’ andassero nei casini per colpa sua; eppure questa faccenda continuava a tormentarlo. Avrebbe voluto tornare a casa sua, in Africa, ma questo non gli era possibile, non aveva i soldi, né i mezzi, e della sua famiglia…beh, non aveva più notizie da anni ormai.

Aveva soltanto otto anni quando una mattina si svegliò di soprassalto, era sua madre che lo scuoteva, gli disse che sarebbe dovuto partire in fretta, i militari erano arrivati, lo avrebbero preso e costretto a combattere con loro. Alì si alzò di scatto, ancora con gli occhi un po’ annebbiati, sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, riempì una sacca con quei pochi stracci di cui era in possesso, diede un bacio a sua madre e si mise a correre verso la riva. Ad attenderlo trovò un barcone pieno di uomini. Ancora oggi sogna il naufragio, un’esperienza che lo ha segnato per sempre.

L’unica cosa che rincuora Alì, e che gli dà la forza di sopravvivere, è il calcio, uno sport molto diffuso in Italia, forse il più praticato. Per molti il calcio è considerato uno sport stupido, “quattro scemi che corrono dietro a un pallone: che cosa ci troveranno mai di divertente?”; per Alì invece gli stupidi sono loro: non c’è niente di più emozionante che indossare le scarpette che hai lucidato la sera prima, sentire l’odore dell’erba bagnata, fare quattro salti prima di entrare sul terreno di gioco (ogni calciatore ha il proprio ‘rito scaramantico’, e questo era quello di Alì; ogni salto corrispondeva a un membro della sua famiglia: il primo alla madre, il secondo al fratello più grande, il terzo alla sorellina, e l’ultimo al padre, purtroppo mai conosciuto perché morto in guerra), ma soprattutto, non c’è niente di più bello che sentire quella sfera magica sotto i propri piedi. Il calcio, come tutti gli sport, va compreso, imparato, ma soprattutto va amato.
Ebbene, Alì lo amava eccome, lo amava più di ogni altra cosa.

Durante i primi mesi in Italia giocava sempre insieme agli altri rifugiati. Un giorno arrivò al campo profughi un osservatore che rimase impressionato dalla sua bravura e decise di portarlo a fare un provino nella squadra del Latina. Entrò in squadra. Il primo anno non fu per niente facile per il giovane immigrato, ma piano piano incominciarono ad arrivare i primi cenni di intesa, i primi ‘cinque’, le prime pacche sulla spalla, i primi abbracci. I rapporti con i compagni non erano più tesi, anzi, venivano coltivati anche fuori dallo spogliatoio: “Alì, birretta?”. Tutto era iniziato così, da una semplice domanda.

Poi venne chiamato dalla Roma, in serie A, la massima lega, insieme al suo compagno Alex Faustini, per Alì era un’occasione unica, le porte del suo futuro si stavano man mano spalancando sempre di più.

“Attenzione! Faustini avanza palla al piede, al suo fianco c’è Modù, sono due contro zero, c’è solo il portiere davanti a loro, avanza ancora, entra in area, carica il destro e…incredibile, quello di Faustini non è un tiro ma un passaggio all’indietro per il compagno che calcia di prima intenzione…gooooooaaaal! La Roma si riporta in vantaggio proprio allo scadere dei novanta minuti. Ed ecco il triplice fischio dell’arbitro; Roma batte Inter per due reti a uno e si aggiudica la vittoria del campionato”.

I compagni assalgono esultanti l’autore della rete decisiva, lo alzano portandolo in trionfo per tutto il perimetro del rettangolo verde. Per Alì è il coronamento di un sogno, la fine di una crisi e l’inizio di una nuova vita, una vita che solo lo sport poteva dargli, partendo dal nulla, quattro ‘salti’ alla volta, verso un qualcosa di grande”.

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