Sono dure le parole dell’ex consigliere comunale Pasquale Indulgenza, oggi membro dell’Associazione Culturale “Michele De Tommaso”, in merito alle dichiarazioni dell’assessore alla cultura Nicola Podestà in seguito alla consegna delle firme consegnate al primo cittadino da un gruppo di attivisti per chiedere la riapertura della biblioteca civica, rimasta chiusa per 6 mesi.
“Sono rimasto molto colpito, – scrive Indulgenza – come cittadino e membro di un’associazione culturale operante localmente, dalle dichiarazioni pubbliche rese dall’assessore alla Cultura Podestà in riferimento alla civica mobilitazione che ha avuto luogo nei mesi scorsi, durante il lungo periodo di chiusura della nostra Biblioteca.
L’amministratore ha dichiarato – bontà sua – di ritenere che quell’impegno, che, ricordiamolo per inciso, ha visto svolgersi ogni sabato sit in che hanno portato alla sottoscrizione di oltre duemila firme a sostegno di un apposito appello pubblico e ha costantemente coinvolto sotto i portici di Piazza Dante centinaia di cittadini di diversa estrazione sociale e provenienza, insieme ad alcune espressioni dell’associazionismo imperiese, sia stato “lodevole” ma “ininfluente”, dato che la riapertura del sito era stata autonomamente e prontamente recepita dall’Amministrazione comunale, cui egli ascrive l’esclusivo merito della riattivazione della struttura e dei suoi servizi.
Nella stessa occasione, oltre a ‘dare le pagelle’ a cittadini e amministratori, lo stesso Podestà non manca di illustrare i risultati conseguiti dalla ‘sua’ amministrazione, che egli giudica non abbia bisogno di “sollecitazioni esterne”, nel campo delle politiche culturali, riuscendo anche ad infilare – non è la prima volta – un propagandistico elogio per il suo “gruppo politico” di appartenenza. Tutto legittimo, come è legittimo fare implicita campagna elettorale giovandosi di una posizione occupata nell’ambito dell’amministrazione del Comune. Legittimo è persino l’ottimistico e autocelebrativo punto di vista sullo ‘stato dell’arte’ della Cultura nella Città di Imperia, che tuttavia andrebbe ponderatamente confrontato, oltre che con gli effetti della penosa e penalizzante vicenda della Biblioteca (chiusa per un difetto nelle misure di sicurezza risalente al 2009!), con la spietata evidenza delle mancanze, dei disservizi e della povertà complessiva che altri osservatori, forse più disincantati ed attenti a realtà urbane paragonabili ad Imperia e di certo meno partigiani e zelanti di Podestà, quotidianamente denotano.
Ciò che francamente scuote, è il tono (e il linguaggio) svalutante riguardo all”impegno profuso in forma spontanea e convinta dai cittadini, i quali, paradossalmente, per essere stati attivamente partecipi, dal basso e per strada, della sorte di un proprio essenziale bene comune, per aver animato in prima persona una petizione in fieri intesa a stimolare la sensibilizzazione delle Istituzioni e spingere l’azione amministrativa conseguente, si vedono qualificati come optionals dell’ “iter” politico-amministrativo che ha portato alla riapertura della Biblioteca dal ligio Assessore, in possesso di una tale autostima da riuscire ad affermare: “non ho avuto bisogno di essere sensibilizzato per muovermi nel verso giusto”.
Una esternazione dall’accento paternalistico come ne se ne sentivano da tempo. Un “ghe pensi mi”, con tanto di autocertificazione di virtù! Ed un modo assai singolare di stare nella discussione pubblica. In tempi in cui alla sempre più drammatica sfiducia e disaffezione verso la Politica, dal sedicente versante progressista si risponde invocando partecipazione ed esercizio della cittadinanza attiva, questa uscita, così apertamente autoreferenziale e con una tale, così netta demarcazione tra la presunta responsabilità del ‘Palazzo’ e l’asserita ‘esternità’ della società civile, fa davvero una certa impressione”.