Un nuovo caso “giudiziario” travolge l’Asl 1 Imperiese. Il Tar Liguria, infatti, ha annullato il concorso pubblico indetto dall’Azienda Sanitaria in data 8 luglio 2016 “per il conferimento di un incarico nella posizione di dirigente medico a tempo determinato, disciplina nefrologia”.
I giudici hanno accolto il ricorso presentato dalla dott.ssa Giada Pistoni (difesa dagli avvocati Luigi Cocchi e Gerolamo Taccogna), classificatasi al secondo posto della graduatoria finale, dietro alla collega Alessandra Ottonello, in quanto “gli atti della contestata procedura concorsuale sono affetti da macroscopici vizi di legittimità che inficiano l’esito della selezione e il consequenziale atto di conferimento dell’incarico alla prima classificata”.
I giudici hanno respinto tutte le eccezioni presentate dalla dott.ssa Ottonello e dall’Asl (condannata al pagamento delle spese legali per un importo pari a 3 mila euro), costituitesi in giudizio.
Il Tar, inoltre, “vista ‘l’anomalia della vicenda“, ha annunciato di aver inviato gli atti alla Procura della Repubblica di Imperia.
L’ESITO DEL CONCORSO
All’esito della procedura selettiva, cui hanno partecipato 11 candidati, la dott. Pistoni si è classificata al secondo posto della graduatoria con 23,20 punti complessivi, di cui 5,20 punti per i titoli e 18 punti per la prova orale. E’ risultata prima classificata, e poi assunta (incarico terminato il 31 maggio scorso) la dott. Alessandra Ottonello con 24 punti complessivi, di cui 4 punti per i titoli e 20 punti per la prova orale.
LE CONTESTAZIONI DELLA RICORRENTE GIADA PISTONI
– La ricorrente ritiene di segnalare che “a quanto pare, nella nefrologia proprio dello stesso Ospedale Civile di Imperia è impiegato il compagno […] dell’odierna controinteressata dott.ssa Ottonello […], nonché collega di reparto di uno dei medici nominati nella Commissione giudicatrice del concorso”.
– La prima e la seconda classificata erano separate da soli 0,80 punti nella graduatoria finale. E’ risultata decisiva ai fini dell’esito della procedura selettiva la valutazione del curriculum per il quale, nonostante la sostanziale sovrapponibilità delle esperienze riportate, la dott. Ottonello ha ottenuto il massimo di 4 punti, mentre alla dott. Pistoni sono stati assegnati solamente 2,50 punti.
– Ad entrambi i curriculum (Pistoni e Ottonello) è stato assegnato il giudizio “buono” e all’unico curriculum giudicato “ottimo” (quello della dott. Alice Bonanni) sono stati assegnati 0,50 punti in meno rispetto a quello della dott. Ottonello.
– Sul totale di 3 punti a disposizione, la Commissione ha assegnato alle pubblicazioni della ricorrente (Pistoni) 0,20 punti, senza fornire specifiche motivazioni in ordine all’attribuzione di tale irrilevante punteggio. Ne è derivata la dequotazione di un elemento di valutazione che avrebbe decisamente avvantaggiato la ricorrente, dal momento che la prima classificata era priva di pubblicazioni.
– La Commissione non ha sorteggiato le domande per ciascun candidato, ma ha sottoposto a tutti la stessa domanda.
– La prova orale si è svolta a porte chiuse.
– La valutazione dei titoli non è stata resa nota ai candidati prima della prova orale.
– Non è stata prevista la presenza di donne nella Commissione di concorso.
LA SENTENZA DEL TAR
– Gli atti della contestata procedura concorsuale sono affetti da macroscopici vizi di legittimità che inficiano l’esito della selezione e il consequenziale atto di conferimento dell’incarico alla prima classificata.
IL GIUDIZIO SUI CURRICULUM
Sulla base di giudizi identici, la Commissione ha contraddittoriamente attribuito punteggi molto diversi alle due candidate: il curriculum ‘buono’ della ricorrente (Pistoni) ha ricevuto 2,50 punti; quello della controinteressata (Ottonello), anch’esso ‘buono’, è stato premiato con 4 punti, il massimo previsto dal bando.
Tale differenza di punteggio si è rivelata decisiva ai fini dell’esito della procedura concorsuale, attesa la differenza di soli 0,80 punti fra le prime due classificate.
L’arbitrarietà dell’operato dalla Commissione risulta ancor più evidente ove si consideri che il curriculum della dott. Alice Bonanni, giudicato ‘ottimo rispetto alle esigenze del bando’, ha ricevuto un punteggio inferiore (3,50 punti) a quello attribuito alla dott. Ottonello: la Commissione ha irragionevolmente ritenuto, cioè, che un curriculum ‘buono’ meritasse un punteggio più alto di un curriculum ‘ottimo’.
E’ appena il caso di precisare, alla luce delle considerazioni contenute in una relazione postuma del Presidente della Commissione, che i giudizi suddetti non sono stati attribuiti ‘in astratto’, ma ‘rispetto alle esigenze del bando’, ossia tenendo conto del tipo di incarico da conferire.
DOMANDE NON SORTEGGIATE
“La prescrizione concernente l’obbligo di estrazione a sorte delle domande della prova orale è chiaramente intesa ad assicurare l’imparzialità della commissione giudicatrice, attraverso un meccanismo di particolare rigore che implica la predisposizione di domande diverse per ogni candidato e ne impedisce l’astratta conoscibilità.
Nel caso in esame, la Commissione ha apertamente violato il precetto normativo in quanto ha deciso di sottoporre a tutti i candidati la stessa domanda: ‘Nefropatia diabetica’.
E’ del tutto evidente, pertanto, il denunciato vizio di legittimità che determina l’invalidità della procedura, indipendentemente da qualunque riscontro circa la correttezza delle intenzioni della commissione o delle finalità concretamente perseguite”.
PROVA ORALE A PORTE CHIUSE
L’art. 7, comma 4, del citato d.P.R., stabilisce che “la prova orale deve svolgersi in un’aula aperta al pubblico’.
Si tratta di un precetto ricognitivo di principi generali in tema di concorsi pubblici, la cui inosservanza invalida irrimediabilmente la procedura.
Sostiene la ricorrente che la prova orale del contestato concorso si è svolta a porte chiuse.
L’Amministrazione resistente contrasta tale affermazione invocando la natura fidefaciente del verbale delle operazioni concorsuali che, però, non documenta l’effettivo svolgimento della prova orale in una sala aperta al pubblico, ma solo l’intendimento di procedere in tal modo, subito smentito nei fatti in quanto i candidati, in attesa di sostenere il colloquio, sono stati ‘fatti accomodare in una sala separata’.
Lo stesso verbale comprova, perciò, che la prova orale non si è svolta con le prescritte forme di pubblicità, atteso che i candidati in attesa di essere esaminati non potevano assistere alla prova dei loro colleghi.
A prescindere dalle finalità concretamente perseguite dalla Commissione, tale violazione ha irrimediabilmente compromesso le esigenze di trasparenza sottese alla procedura selettiva e, in concreto, ha impedito alla ricorrente di assistere alla prova della prima classificata”.