L’atto di decadenza della concessione demaniale in capo alla Porto di Imperia Spa, firmato dal dirigente del Comune di Imperia Pierre Marie Lunghi, era legittimo. Lo ha stabilito definitivamente il Consiglio di Stato che, confermando la sentenza del Tar, ha respinto i ricorsi presentati da Porto di Imperia Spa, Acquamare, titolari posti barca, curatela fallimentare e banche.
A portare alla decadenza della concessione il mancato pagamento, da parte della società concessionaria, la Porto di Imperia Spa, del canone concessorio.
ECCO LE PRINCIPALI MOTIVAZIONI
MANCATO PAGAMENTO DEL CANONE DI CONCESSIONE DA PARTE DELLA PORTO DI IMPERIA SPA
Affrontando l’appello proposto dal Fallimento Porto di Imperia s.p.a. avverso la statuizione con cui il T.a.r. ha respinto il motivo di primo grado dedotto avverso il provvedimento di decadenza della concessione nella parte in cui la decadenza era motivata dal mancato pagamento del canone per gli anni 2011, 2012 e 2014, per gli effetti di cui all’art. 47, comma 1, lettera d), cod. nav. –, ritiene la Sezione che l’appello e i motivi aggiunti sono infondati.
15.1. Ai sensi dell’art. 47, lettera d), cod. nav., l’amministrazione può dichiarare la decadenza dalla concessione demaniale marittima ‘per omesso pagamento del canone per il numero di rate fissato a questo effetto dall’atto di concessione’.
Nel caso concreto, l’atto di concessione n. 2306/2006, all’art. 5, punto 5., dispone testualmente: ‘Per i fini previsti dall’art. 47, lettera d), del Codice della navigazione il numero delle rate il cui mancato pagamento comporterà la decadenza della concessione è fissato nel numero di due’. Quanto ai termini di pagamento, a norma dell’art. 16 d. P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, i canoni devono essere corrisposti anticipatamente, ossia il 1° gennaio di ogni anno.
Si precisa, al riguardo, che soltanto con l’art. 12-bis d.-l. 24 aprile 2014, n. 66, inserito dalla legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89 – in vigore dal 24 giugno 2014 – è stato previsto che i canoni delle concessioni demaniali marittime, dovuti a partire dall’anno 2014, sono versati entro la data del 15 settembre di ciascun anno, con conseguente inapplicabilità ratione temporis alle annualità 2011 e 2012 (a prescindere da ogni questione di individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione della novella legislativa).
Risulta inoltre documentalmente comprovato che il Comune di Imperia, con note dell’8 novembre 2011, del 24 gennaio 2012, del 13 marzo 2012, dell’11 aprile 2013 e dell’8 maggio 2014 (prima della dichiarazione di fallimento disposta il 20 maggio 2014), nonché con nota del 22 agosto 2014, ha richiesto il pagamento dei canoni relativi alle annualità 2011 (euro 854.783,08), 2012 (euro 886.837,45) e 2014 (euro 904.989,87), oltre alla rispettiva imposta regionale.
Da quanto sopra emerge che l’inadempimento nel versamento delle due annualità di canone degli anni 2011 e 2012 si è realizzato interamente e definitivamente in data ampiamente anteriore alla presentazione dell’istanza di concordato preventivo con riserva (20 settembre 2012), dapprima con la scadenza del termine di pagamento, ai sensi dell’art. 1219, n. 3, cod. civ. (costituendo l’obbligazione pecuniaria un’obbligazione portable da eseguirsi al domicilio del creditore, ai sensi dell’art. 1182, comma 2, cod. civ.), e, in un secondo tempo e in ogni caso, con l’intimazione scritta ai sensi dell’art. 1219, comma 1, cod. civ.
MANCATO PAGAMENTO CANONI PER PROCEDURA CONCORDATO PREVENTIVO E FALLIMENTO
Ebbene, poiché ai sensi dell’art. 1221 cod. civ. (Effetti della mora sul rischio) la sopravvenuta impossibilità della prestazione del debitore in mora non lo libera dalle sue responsabilità, anche aderendo alla tesi dell’appellante (Fallimento Porto di Imperia Spa, ndr) secondo cui il concordato preventivo prima e il fallimento poi abbiano determinato un’impossibilità giuridica di adempimento prima dell’adozione del provvedimento di decadenza, il mancato pagamento delle due annualità ai sensi dell’art. 5, punto 5., della concessione era idoneo (nel senso di necessario e sufficiente) a giustificare la decadenza dalla concessione ex art. 47, lettera d), cod. nav., sicché, già per tale ragione, il provvedimento di decadenza doveva ritenersi legittimo nella parte in cui si fonda su tale fattispecie decadenziale.
L’inadempimento definitivo all’obbligazione del pagamento del canone per le annualità 2011, 2012 e 2014 è, poi, rimasto confermato dall’ammissione del correlativo importo complessivo di euro 2.625.750 (comprese le imposte regionali) al passivo fallimentare.
La società concessionaria (Porto di Imperia Spa, ndr) avrebbe, quanto meno, potuto (e dovuto) chiedere l’autorizzazione del giudice delegato per effettuare il pagamento dei crediti pregressi (nella specie, i canoni concessori relativi agli anni 2011 e 2012) inerenti a un rapporto essenziale per la prosecuzione dell’impresa e, al contempo, sarebbe stata obbligata ad adempiere alle annualità successive all’apertura del concordato inerenti a detto rapporto strategico, con conseguente esclusione di un’ipotesi di impossibilità giuridica di adempiere, infondatamente invocata dal Fallimento appellante.
Nella specie manca, tuttavia, siffatta istanza di autorizzazione, non presentata neppure dopo il 30 agosto 2013, allorquando il Tribunale di Imperia aveva dichiarato aperta la procedura di concordato.
L’Amministrazione pubblica deve ritenersi legittimata ad emanare provvedimenti estintivi del rapporto concessorio anche dopo l’apertura del concordato o la dichiarazione di fallimento nei confronti del concessionario – il quale resta obbligato ad adempiere alle obbligazioni (anche pregresse) gravanti sullo stesso in forza del rapporto concessorio –, in funzione di tutela dell’interesse pubblico a un proficuo uso dei beni demaniali, prevalente sugli interessi privati del ceto creditorio, a pena di un’inammissibile modificazione surrettizia della destinazione pubblica dei beni demaniali, quale stabilita dalla legge.
MANCATA COMUNICAZIONE DECADENZA ALL’AGENZIA DEL DEMANIO
Destituito di fondamento è anche il profilo di censura con cui il Fallimento appellante deduce la violazione dell’art. 26, comma secondo, del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, sotto il profilo che il Comune non avrebbe sentito l’Agenzia del Demanio prima di emanare il provvedimento di decadenza.
Infatti, risulta ex actis (doc. 18 del fascicolo del Comune) che il Comune aveva comunicato all’Agenzia l’avvio del procedimento di decadenza (tra l’altro, col riferimento alla questione della morosità nel pagamento dei canoni), senza tuttavia ricevere risposta, con conseguente assolvimento dell’onere procedimentale di cui alla citata disposizione di legge.
ESCUSSIONE POLIZZE FIDEIUSSORIE
Né possono trovare accoglimento i motivi aggiunti proposti dal Fallimento ed incentrati sulla tesi dell’illegittimità della declaratoria di decadenza ex art. 47, comma 1, lettera d), cod. nav., per l’estinzione dell’obbligazione relativa ai canoni degli anni 2011 e 2012 in seguito all’escussione della correlativa polizza fideiussoria (rifiutata dalla Compagnia assicuratrice) all’esito di un separato giudizio civile, definito con un atto di transazione concluso tra il Comune di Imperia e la garante Assicurazioni Generali S.p.A. e approvato dalla Giunta comunale con deliberazione n. 280 del 4 ottobre 2016.
In data 7 ottobre 2016, tra il Comune di Imperia e le Assicurazioni Generali s.p.a. è stato stipulato un contratto di transazione per definire la causa intentata dal Comune dinanzi al Tribunale di Imperia nei confronti della Compagnia di assicurazione per la condanna di quest’ultima, a fronte del rifiuto opposto alle richieste di escussione del Comune, al pagamento delle somme di cui alle polizze assicurative emesse a garanzia delle obbligazioni della concessionaria Porto di Imperia S.p.A..
Ebbene, dall’esame del contratto di transazione risulta che nell’importo complessivo concordato da versare da Assicurazioni Generali al Comune a titolo transattivo, non compare l’importo relativo alla polizza rilasciata a garanzia del regolare pagamento del canone, con conseguente inconsistenza dell’assunto del Fallimento circa la soddisfazione dei correlativi crediti del Comune – peraltro, tutt’ora iscritti al passivo fallimentare – ed infondatezza, già per tale ragione, dei motivi aggiunti.
In secondo luogo si osserva, in linea di diritto, che, nelle ipotesi in cui sia stata rilasciata una polizza fideiussoria in favore di una pubblica amministrazione a garanzia dell’adempimento di obbligazioni relative a corrispettivi di diritto pubblico, al cui inadempimento siano collegate conseguenze sanzionatorie, l’Amministrazione non risulta affatto privata del potere di sanzionare l’inadempimento delle obbligazioni da parte del debitore principale.
Invero, la garanzia ha la mera funzione di preservare, entro i limiti dell’importo garantito, l’integrità patrimoniale dell’Amministrazione con specifico riferimento al contenuto economico del singolo credito garantito, in caso d’inadempimento della correlativa obbligazione da parte del debitore principale, ma la prestazione della garanzia non incide sulla persistenza dei poteri attribuito all’Amministrazione in funzione del perseguimento dell’interesse pubblico sotteso al rapporto concessorio nel suo complesso.
In siffatte ipotesi, la stipula di una polizza assicurativa non esime affatto il debitore principale dall’adempimento dell’obbligazione scaturente dal rapporto concessorio.
Non sussiste, pertanto, la dedotta incompatibilità della scelta di procedere all’escussione della garanzia, a tutela del credito correlato all’obbligazione principale rimasta inadempiuta, con l’esercizio del potere sanzionatorio, incidente sul rapporto nella sua interezza, in conseguenza dell’inadempimento all’obbligazione principale.
Ciò che, invece, nel caso di specie unicamente viene in rilievo, è che, al momento dell’adozione del provvedimento sanzionatorio di decadenza, l’inadempimento dell’obbligazione principale cui sia ricollegato l’effetto sanzionatorio, si sia avverato.
Tale conclusione resta, peraltro, confermata dalla clausola 4 del contratto di transazione, nella quale la Compagnia dichiara bensì di rinunciare ‘al proprio di diritto di surroga e regresso nei confronti del soggetti obbligati (Porto di Imperia S.p.a. in fallimento e Società dell’Acqua Pia Antica Marcia S.p.A. in concordato preventivo) dipendente dalle somme oggetto della presente transazione e corrisposte al Comune e conseguentemente dichiara di rinunciare ad ogni azione verso il debitore principale e la sua coobbligata per tali importi’, ma al contempo viene precisato che ‘l’eventuale credito del Comune verso la fallita Porto di Imperia S.p.A. non [rimane] ridotto o modificato per effetto dei pagamenti qui previsti a suo favore’, con conseguente espressa esclusione dell’incidenza della transazione sulle sorti del rapporto concessorio.
Peraltro, l’esperimento di un’eventuale condictio indebiti, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., da parte del debitore-ordinante contro il beneficiario del pagamento eseguito dal garante, resta relegato su un piano separato, di mera valenza privatistica, esulante dal rapporto pubblicistico concessorio.
L’IPOTECA
Affrontando, da ultimo, l’appello proposto dagli istituti bancari Unicredit s.p.a., Banca Nazionale del Lavoro s.p.a., Banca Carige s.p.a., Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio s.p.a. e Banco Popolare s.c. a r.l. (già Efibanca s.p.a.) […] ritiene il Collegio che sia dirimente il profilo di carenza di legittimazione autonoma a ricorrere in capo agli istituti bancari, già dedotto dal Comune di Imperia in via di eccezione in prima istanza ed espressamente riproposto nel presente grado, relativo all’inopponibilità dell’ipoteca in questione all’Amministrazione concedente, eccedendo l’atto di costituzione dell’ipoteca i limiti dell’autorizzazione rilasciata dal competente dirigente comunale in data 27 febbraio 2007 e dall’art. 9, punto 1., dell’atto di concessione.
Infatti, l’art. 9, punto 1., dell’atto di concessione – peraltro, in conformità alla disposizione di cui all’art. 41 cod. nav. – prevede la facoltà della società concessionaria di costituire, previa autorizzazione dell’autorità competente, ‘ipoteca sulle opere da essa costruite sui beni demaniali’.
Con provvedimento del 27 febbraio 2007, la Porto di Imperia s.p.a. è stata autorizzata ‘a costituire ipoteca sulle opere dalla medesima Società Concessionaria costruite nell’ambito della zona demaniale marittima oggetto della C.D.M. sopra meglio indicata’ (doc. 9 del fascicolo del Comune).
Con atto notarile del 19 febbraio 2007 (registrato il 22 febbraio 2007), la società concessionaria, in qualità di terza datrice di ipoteca, ha costituito ipoteca, iscritta per la complessiva somma di euro 280.000.000,00, in favore degli istituti bancari odierni appellanti a garanzia del finanziamento di euro 140.000.000,00 dagli stessi concesso ad Acquamare s.r.l., ‘sugli immobili pervenuti per concessione demaniale marittima descritti in calce al presente atto, nonché su tutte le loro adiacenze, accessioni, nuove costruzioni, ampliamenti, sopraelevazioni ed ogni altra pertinenza e su tutto quanto sia comunque ritenuto immobile ai sensi della legge e vi sia in seguito introdotto o asportato‘, con descrizione dei beni oggetto della garanzia ipotecaria quale ‘diritto di superficie concesso per anni 55 alla Società Porto di Imperia s.p.a.’ sugli immobili di seguito analiticamente indicati nell’atto medesimo.
La richiesta di autorizzazione alla costituzione di ipoteca datata 19 febbraio 2007 – peraltro pervenuta al Comune soltanto il 26 febbraio 2007 (v. relativo timbro di «arrivo» apposto sull’istanza; doc. 7 del fascicolo del Comune), e dunque dopo la stipula dell’atto di costituzione di ipoteca –, quanto all’oggetto, era riferita ‘all’iscrizione di ipoteca sulle aree demaniali concesse’, né vi risultava specificato che l’ipoteca fosse stata costituita a garanzia del debito di un soggetto terzo (Acquamare s.r.l., appaltatrice delle opere), anziché della stessa concessionaria.
Orbene, risulta palese, da quanto sopra, la divergenza tra l’oggetto dell’autorizzazione rilasciata dall’Amministrazione concedente, limitata alle sole opere effettivamente realizzate sulla area demaniale oggetto della concessione demaniale (in conformità all’art. 9, punto 1., dell’atto di concessione), e l’oggetto dell’ipoteca costituita sull’intera area demaniale rispettivamente sul diritto di superficie (senza limitazione alle opere realizzate) insistente sull’intera area demaniale oggetto della concessione demaniale marittima, con la precisazione che, a fronte della consegna dei lavori avvenuta il 25 gennaio 2007, al momento di costituzione dell’ipoteca (19 febbraio 2007) le opere certamente non potevano già essere state realizzate.
A ciò si aggiunge una divergenza sotto il profilo soggettivo, mancando un’espressa autorizzazione alla costituzione dell’ipoteca a favore di un terzo debitore – peraltro, nella specie titolare di un sub-contratto di mera rilevanza privatistica ed estraneo al rapporto pubblicistico di concessione (v. sopra sub 14.) –, anziché della stessa concessionaria (non essendo stato palesato, al momento della presentazione dell’istanza di autorizzazione, che l’atto di costituzione dell’ipoteca era già stato stipulato).
Ne deriva l’inopponibilità all’Amministrazione comunale della garanzia ipotecaria, essendo il Comune rimasto estraneo al relativo rapporto costituito inter alios e inter privatos (v., in fattispecie analoga, Cons. Stato. Sez. VI, 23 marzo 2007, n. 1420), con conseguente declaratoria di carenza di una situazione qualificata in capo ai creditori atta a radicare una loro legittimazione autonoma a ricorrere avverso il provvedimento di decadenza (e gli atti presupposti e connessi).
A ciò si aggiunge che, nello stato passivo del Fallimento di Porto di Imperia s.p.a., approvato dal giudice delegato, le istanze di ammissione con privilegio ipotecario presentate dagli istituti bancari odierni appellanti sono state respinte, con la conseguenza che difetta anche un interesse concreto e attuale a ricorrere in capo alle banche odierne appellanti – la cui insussistenza pure è stata eccepita dalla difesa del Comune –, non potendo le stesse conseguire utilità alcuna da un’eventuale pronuncia di annullamento.
QUI LA SENTENZA INTEGRALE