E’ uno dei classici del repertorio mozartiano, ancorché contornato dal mistero della sua composizione, in parte chiarito solo in tempi recenti: è “il Requiem”, in Re minore K626 per Soli, Coro ed Orchestra.
La Sinfonica lo affronta e lo propone – con la direzione del Maestro Giancarlo De Lorenzo – in un’ambientazione davvero consona: la Basilica Concattedrale di San Siro a Sanremo, venerdì 15 dicembre alle ore 21.
Luogo suggestivo ed acusticamente adatto a quella che è, in sostanza, la colonna sonora della celebrazione funeraria del compositore austriaco. Ad affiancare i Professori d’orchestra, il Coro Filarmonico Musica Nova – condotto dal M° Paolo Caravati – ed una serie di solisti eccellenti: la Soprano Elizaveta Martirosyan, la Contralto Cristina Sogmeister, il Tenore Kim Hyuksoo ed il Basso Dante Roberto Muro. L’ingresso è gratuito.
Lunedì 5 dicembre 1791, poco dopo la mezzanotte, Mozart morì a Vienna per “febbre miliare acuta”. Da tempo era malato, probabilmente le cause furono un’infezione ed un’insufficienza renale: inoltre negli ultimi giorni contrasse anche una broncopolmonite. Una lettera di Sophia – la sorella minore della moglie Costanza – descrive quanto accadde la domenica precedente: “Al suo capezzale vi era Süssmayr. Il noto Requiem giaceva sulla coperta ed egli gli spiegava come, a suo parere, dovesse completarlo dopo la sua morte. Si cercò a lungo il Dottor Closset, che venne infine trovato a teatro, ma dovette attendere la fine della rappresentazione. Quindi venne e prescrisse impacchi freddi da applicare sul capo ardente di Mozart, i quali ebbero un effetto tale da privarlo della conoscenza fino al trapasso. Negli ultimi istanti tentò di riprodurre con la bocca i timpani del suo Requiem”. Le parole della donna chiariscono che la composizione non era conclusa, eppure fino al 1825 la Messa da Requiem fu attribuita interamente a lui. È risaputo che fu poi la moglie a chiedere ai suoi collaboratori di completare l’opera e di mantenere il segreto, in modo da non dover restituire i Ducati ricevuti dal conte Kaver Stuppach: un nobile che spacciava per sue le composizioni che si faceva scrivere da altri, dietro compenso.