Si fa sempre più teso il clima tra Azienda e sindacati in casa Riviera Trasporti, la società incaricata della gestione del trasporto pubblico nel comprensorio imperiese. All’origine della contesa l’annuncio da parte del CDA della RT di ricorrere in appello contro la sentenza pronunciata il 25 luglio scorso dal giudice Roberto de Martino del Tribunale di Imperia, che aveva condannato l’azienda a rimborsare circa 2 milioni di euro a 54 dipendenti.
Una sentenza arrivata dopo che i lavoratori, rappresentati dalla Faisa Cisal e difesi dall’avvocato Giuseppe Acquarone, avevano intentato causa contro l’azienda a seguito della disdetta della contrattazione di secondo livello poi ripristinata grazie a un accordo con le sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil, ma a condizioni ritenute svantaggiose dalla Faisa Cisal che aveva così fatto scattare la vertenza.
Nel dettaglio la Rt era stata quindi condannata a rimborsare ai 54 lavoratori circa 15mila euro all’anno, per 3 anni, dall’agosto 2014 ad oggi, per un totale di circa 2,4 milioni di euro.
La Riviera Trasporti, inizialmente, sembrava orientata a cercare un accordo transattivo con i lavoratori. Un ipotesi poi tramontata, tanto che il CDA ha deciso di ricorrere in appello, in quanto le casse societarie non potrebbero sostenere un esborso pari a oltre 2 milioni di euro con il conseguente rischio di default finanziario.
Durissima a riguardo la reazione del sindacato USB che, in una nota stampa, scrive:
“I rappresentanti e gli iscritti al sindacato USB Riviera Trasporti sono allibiti e sconcertati di fronte alle ultime dichiarazioni rilasciate alla stampa dal CdA di R.T. che motiva la decisione di ricorrere in appello contro i lavoratori come “l’unica strada percorribile per cercare di mantenere in piedi l’azienda ed evitare il tracollo finanziario”.
I ricorrenti, da più di tre anni fortemente discriminati economicamente nei confronti dei loro colleghi per non aver rinunciato al contenzioso con l’Azienda, non condividono e respingono fortemente una tale motivazione.
I lavoratori “in causa” non possono ritenersi responsabili delle scelte aziendali che hanno portato R.T all’attuale grave situazione economica .
Essi, nel corso degli ultimi anni, hanno già contributo economicamente. Ciò risulta evidente anche nella sentenza FAISA del Tribunale di Imperia, nella quale il Giudice sottolinea che “le decurtazione retributive anche molto consistenti, che sono state sofferte dai lavoratori, non sono conseguite al mutamento delle loro mansioni, in quanto essi stessi hanno continuato a svolgere le medesime incombenze dei colleghi “non in causa” .
Inoltre se R.T., come consigliato precedentemente dal Tribunale medesimo, “avesse rispettato anche sotto il profilo economico l’accordo in causa”, ora non si troverebbe a dover restituire una somma cosi ingente.
Possono tali scelte arbitrarie ricadere sui lavoratori? I ricorrenti lottano esclusivamente perché venga loro riconosciuta parità di trattamento economico.
La legittimità di tale richiesta è confermata anche dalla sentenza di cui sopra del 25 luglio 2017, nella quale il giudice afferma che R.T ha proceduto alla disdetta in questione, nonostante “nessuna clausola contrattuale, né alcuna disposizione normativa le avesse conferito tale facoltà”, adottando quindi una condotta illegittima ed arbitraria.
In questo contesto i sindacati confederali, pur attribuendo la responsabilità della situazione aziendale, ad una “cattiva gestione del management e della Proprietà”, hanno abbandonato i loro colleghi, iscritti e non, lasciandoli soli a combattere una dura battaglia legale, nella quale chiedono esclusivamente di riottenere i loro diritti” .