Oltre 200 persone e grande entusiasmo alla “Notte Nazionale del Liceo Classico”. L’iniziativa, nata da un’idea di Rocco Schembra, docente di Latino e Greco al Liceo Classico «Gulli e Pennisi» di Acireale, con il patrocinio del MIUR, dell’UNESCO e dell’Associazione Italiana di Cultura Classica, si svolge in contemporanea con numerose altre scuole d’Italia e vuole essere un inno alla cultura classica.
Nel corso della serata, che durerà fino alle ore 24, prenderanno la parola diversi ospiti, tra cui la prof.ssa Francesca Gazzano, Docente di Storia greca ed Epigrafia greca presso l’Università di Genova, Presidente del Corso di Laurea in Lettere, ed ex allieva del Liceo “De Amicis” e il Dott. Luigi Mattioli, studioso di cultura classica e di storia antica, attualmente Dirigente delle risorse umane e finanziarie nella pubblica
PROF.SSA FRANCESCA GAZZANO
“Parlerò dell’invenzione dell’alfabeto da parte dei greci. Rappresenta una conquista che ha permesso il progresso dell’umanità. Esattamente come poi i numeri arabi faranno la differenza rispetto a tutti gli altri sistemi di numerazione, così l’invenzione dell’alfabeto da parte dei greci ha consentito di fare un progresso notevole.
Tutto questo per far capire l’importanza che la civiltà greca ancora oggi ha alla base delle nostre radici. Ho scelto di parlare di scrittura e non di lingua proprio per fare una cosa un po’ diversa. Il Greco sembra più difficile del latino perchè scritto in un altro modo.
La realtà è che tutto parte da quell’alfabeto, l’alfabeto latino in realtà è una variante dell’alfabeto greco”.
PRESIDE PAOLO AURICCHIA
“Il lungo pomeriggio del Classico che poi si estende per tutta la serata. Con gran piacere andiamo a inaugurare questa serata che riunisce i vecchi alunni, gli attuali alunni e forse anche i futuri alunni del Liceo degli studi classici.
È una iniziativa che già da alcuni anni in Italia molti Licei Classici realizzano per ricordare, per celebrare, per riunire tutta la comunità che si riconosce nella società e negli studi che si portano avanti al Liceo.
Quest’anno aderiamo anche noi, con grande piacere e con grande entusiasmo. Tutti i ragazzi hanno partecipato con molto entusiasmo all’organizzazione della serata sotto la supervisione di alcuni docenti che ringrazio di tutto cuore per aver messo questo loro lavoro e questo tempo a disposizione della scuola e del Liceo”.
FRANCESCO PERISSIN E ETTORE PERLO
“Porteremo in scena “Le Nuvole” di Aristofane che è una presa in giro di Socrate, della figura di Socrate e parla di un padre che è disperato perchè il figlio è fissato con i cavalli.
Siamo una ventina di attori, una ventina di personaggi, abbiamo il supporto luci, il supporto fonico e degli scenografi. Una vera e propria rappresentazione teatrale”
“Penso che sia un’iniziativa molto importante per capire che al Classico non si studia solo sui libri, ma si può trovare il modo di avvicinare le persone alla cultura classica in maniera un pò più divertente, diciamo alla mano e un po’ più moderna”
ESIBIZIONE CANORA
LETTURA TESTO GIULIA SERAFINI
“Sfilano davanti alla finestra neanche fossero automi. Né un capello fuori Mosto, nè una domanda di troppo. Pragmatici, idioti pragmatici. Tutto ciò che importa per loro sono i dati, i fatti, le azioni. Neanche si riesce più a distinguerli dai robot che producono senza fermarsi un attimo, tanto sono privi di carattere. È tutto un comprare, vendere, apparire. E per di più, che nomi usano? Chiamano Odissee i loro ultramoderni modelli di automobili, Venere i loro profumi sintetici e Sidera gli osservatori astronomici. Senza conoscere realmente ciò che questi nomi significhino, perché ormai li hanno gettati nel dimenticatoio, insieme a tutto ciò che li rendeva minimamente più profondi. I personaggi che nominano, i modi di dire che usano: la loro bocca parla, i loro occhi rimangono vuoti. Questo è un mondo a due dimensioni!” gridava contro la finestra, come colto da un’improvvisa illuminazione, in mano un volume di scuola di Pin, che in ogni caso non avrebbe mai aperto.
“A me sembra che tu parli anche troppo” borbottava Pin, quando non ne poteva più dei monologhi infiniti di zio Filippo. Tutti al settore undici parlavano di zio Filippo come lo Straniero, del Matto, l’unico che fosse tornato indietro dalla Casa, nella quale era entrato così giovane che nessuno ricordava esistesse.
Zio Filippo non parlava mai delle cose: parlava di storie lontane. Parlava di soldati nascosti nella pancia di un cavallo di legno, di un uomo che amava e odiava una donna e di un altro ancora che nella sua vita voleva scrivere capolavori. Narrava dei travagli di una donna che avrebbe dovuto tradire la propria famiglia per seguire il suo amato e della battaglia combattuta per l’egemonia di una terra lontana. Tutto ciò che quegli uomini e donne avevano provato. “Toccherai con mano la poesia, il teatro! Oh, il teatro, illusione tessuta da lacrime di cristallo e risate di cera, quanto 1111 manca! Ricordati di questo anche per me”. Aveva in più degli altri le ultime parole dello zio Filippo, che per mesi gli aveva raccontato tutto quello che sapeva, tutto quello che avrebbe voluto vedere scolpito nel suo cuore, per
mille versi, mille emozioni che non fossero l’arida mediocrità e triste banalità in cui era immerso il mondo che non fosse la Casa.
Ovunque vi erano colori, espressioni, nomi che Pin non aveva mai sentito, che sentiva di amare come se Omero e Ovidio fossero i peluche senza i quali riusciva ad addormentarsi da piccolo e che, una volta cresciuto,aveva accantonato in un angolo, senza mai dimenticare realmente chi fossero e quante storie gli avevano sussurrato nell’illusione di un sogno. “Perché siete tutti qui? perchè non fuori?” aveva sussurrato, quasi sull’orlo del pianto “Perché avete lasciato che di la perdessero tutto questo?” Il vecchio aveva sospirato, tristemente. “L’umanità è maledettamente egoista, bambino mio. Quelle che abbiamo noi qui sono tutta la storia, la filosofia, la letteratura che lei stessa ha creato negli anni e di cui era profondamente innamorata. Era un amore ricambiato, sai, ma non tutte le storie d’amore finiscono bene. L’umanità faceva volteggiare la cultura classica tra le sue braccia come un’amante, in una danza che dura tutta la notte e tutta la vita. La bellezza è però un’arma a doppio taglio, devi sapere, e l’umanità si è spaventata. Gli uomini son pavidi, e hanno paura delle imprese difficoltose. Più andava avanti, più la donna che stringeva tra le braccia invecchiava, ma sembrava sempre più bella. Nonostante questo, l’umanità ebbe paura: avrebbe passato tutta la vita solo danzando con lei e questo non andava bene. Pensò di allontanarla da sé, cominciò a non andare più agli appuntamenti. a dedicarsi a ciò che le sembrava utile, a riempirsi la mente con felicità effimere che non durassero più di qualche secondo. Trascurava la sua amata, trascurava le loro chiacchierate al chiaro di luna, le loro discussioni, i racconti che lei le dedicava per conciliarle il sonno. Così lei è rimasta in un angolo, dimenticata. L’umanità se ne dimenticò, persa in mille cose pratiche, in mille nuove e innovative scoperte. Ma qualcuno non si dimenticò di lei, Siamo qui da due generazioni, esiliati da un mondo che ha preferito vivere una banale vita di azioni preconfezionate piuttosto che rischiare amando qualcosa di terribilmente bello e pericoloso, temendo di non trovare più un posto nel mondo, se fosse rimasta a danzare. Ma un giorno, un giorno, si renderanno conto che ciò che noi custodiamo è in tutto quello che fanno, nei modi di dire che usano. È già successo altre volte. Siamo sempre tornati, perché l’umanità è un’amante terribilmente indecisa, ma torna sempre, bambina mia. Sempre”.