A seguito delle decine di commenti a difesa del ginecologo Luca Nicoletti, condannato ieri a 8 anni e 6 mesi di carcere per violenza sessuale su 7 pazienti, interviene Monica Lanfranco, femminista, giornalista de “Il fatto quotidiano”, formatrice della sulla differenza di genere.
La Lanfranco ha analizzato il fenomeno considerando le dinamiche che entrano in gioco nel mondo del web, riferendosi in particolare ai temi legati alla violenza sulle donne, un argomento spesso ancora considerato come “tabù”.
COSA NE PENSA DEL FIUME DI COMMENTI CONTRO LE VITTIME DEGLI ABUSI?
“È una cosa già vista, purtroppo. Il comune sentire, a prescindere dalle prove provate, non è quasi mai di empatia con le vittime.
Il problema vero è che la parola di una donna non vale ancora come quella di uomo. Si tende a sbilanciare il senso del potere e della giustizia. Si tende a pensare che “se non si è sottratta subito allora è un velato consenso”. In particolare, un uomo con la “divisa” è un uomo che ha potere in campo medico, giuridico, scolastico.
Lo squilibrio di potere non è stato ancora colmato, nonostante le donne votino, abbiano ottenuto (o quasi) gli stessi diritti sul lavoro, in famiglia. Il patriarcato pesa ancora in maniera decisiva. Il tassello della sessualità è l’ultimo, ma è il più difficile da digerire. La sessualità è il luogo in cui la disparità di potere pesa di più, in termini di consapevolezza collettiva”.
MANCA FORSE UN PO’ DI SOLIDARIETÀ FEMMINILE?
“Chiedersi perché sono soprattutto le donne a non difendere le altre donne è poco utile. Dovremmo domandarci perché è ancora un tabù che la parola di una donna valga come quella di un uomo. In casi come questa l’attenzione è posta su chi violenta e non su chi è violentato.
È un processo culturale e della politica. Non si è solidali solo perché si è donna, non siamo una categoria. La maggioranza degli uomini non è violenta, il problema è il loro silenzio”.
IL WEB, INOLTRE, ALIMENTA LE CRITICHE.
“Il fenomeno dei commenti online, come quelli in questo caso, è riconducibile a quello che il filosofo coreano Byung – Chul Han definisce come “shit storm” (letteralmente “tempesta di cacca”), ossia uno sciame potente e violento, che la rete alimenta in modo esponenziale. Per farlo partire può bastare solo un commento iniziale. Si è visto anche che, di solito, dopo che si superano i 50 commenti si perde di vista l’oggetto della discussione e parte la derisione. La rete, inoltre, amplifica tutto, è mainstream. Questi commenti, inoltre, non sono frutti di ragionamento, non mirano al confronto, non c’è la volontà degli utenti di parlarsi, di capire meglio.
Sulle donne la gogna è più facile. Un uomo lo puoi avvilire facendo leva sulla sua poca virilità, ma in questo modo non colpevolizzi l’intera categoria, mentre se dici che una donna è una poco di buono, lo estendi a tutte le donne, perché le vedi nude, le depotenzi. È un fenomeno che ripercorre l’intera umanità. Nella nostra società è normale “sessualizzare” le donne anche quelle che ricoprono un certo ruolo di “potere”.
QUESTA PRESA DI POSIZIONE CONTINUA ANCHE A FRONTE DI UNA SENTENZA, COME È POSSIBILE?
“Questa domanda mi fa pensare al film documentario “Processo per stupro” mandato in onda sulla RAI nel 1979 nel quale si vedono le riprese del processo a 3 uomini accusati di aver stuprato una donna, Fiorella, difesa dall’avvocato Tina Lagostena Bassi. Fiorella è una barista che non contenta del suo lavoro. Un suo conoscente le dice di avere una proposta di lavoro per lei e così le dà appuntamento una sera. Quando Fiorella si presenta, però, lo trova con altri 2 uomini e viene violentata tutta la notte. Riesce a uscirne viva e denuncia la vicenda. Il documentario si apre con le madri e le mogli degli stupratori che inveiscono contro Fiorella dicendo che è tutta colpa sua, che è una poco di buono perché ha rovinato la vita dei loro figli/mariti, avendoli provocati.
Durante il processo gli avvocati degli stupratori cominciano a tirare fuori la vita privata della ragazza, insinuando che la sua condotta fosse il motivo della violenza, fino a dire che non ci fosse stata alcuna violenza, ma al massimo una fellatio, da cui lei si sarebbe potuta ribellare.
Nella sua arringa, l’avvocato difensore della ragazza, Tina Lagostena Bassi, afferma che ci troviamo di fronte a un rovesciamento del percorso processuale. Invece di parlare delle responsabilità degli imputati si mette in croce la vita privata della vittima. È come dire che se un gioielliere viene rapinato è colpa del fatto che ha ostentato i suoi ori in vetrina, provocando i passanti. Questo meccanismo di rovesciamento di responsabilità, addirittura di fronte a prove provate e a una sentenza, accade ancora oggi, come possiamo ben vedere”.
COME SI PUÒ EVITARE QUESTO MECCANISMO?
“La coscienza deve essere insegnata è un processo educativo che parte da famiglia, asilo, mondo adulto, politica.
C’è un’assenza di autorevolezza dell’educazione fin dall’asilo. Da anni vado nelle scuole a parlare con ragazze e ragazzi, facendo un lavoro di coscienza per riconoscere la violenza. Se non la riconosci e non la individui non la combatti, così come il bullismo. Bisogna indicarla, parlarne, capire di cosa si tratta.
La maggior parte dei casi di violenza accadono in casa, nel luogo più familiare, perché la donna stessa pensa che “il matrimonio è anche questo”, che “debba sopportare le botte perchè il marito scarica la tensione”.
La prima cosa è lavorare sull’educazione alla non violenza e all’empatia con le ragazze e con i ragazzi. Con i bambini in particolare devi evidenziare la non violenza con la scelta delle cose da leggere e del linguaggio da usare, fuori dagli stereotipi. La società iniqua è pericolosa per chiunque. Mettere a tema un’educazione non sessista è un guadagno per uomini e donne, non è un imperativo femminista”.
Per quanto riguarda gli adulti, lavoro sul ragionamento. Nel mio libro “Uomini che (odiano) amano le donne” ho raccolto le risposte di oltre 300 uomini sulla tematica della violenza, e sono state rappresentate in uno spettacolo teatrale a Sanremo “Manutenzioni – uomini a nudo” proprio per far parlare gli uomini e lavorarci sopra.
La violenza sulle donne è una piaga planetaria. Ciò che deve emergere è un movimento collettivo che depuri dalla violenza”.
IMPERIA. GINECOLOGO CONDANNATO PER ABUSI SULLE PAZIENTI. COMMENTI SHOCK SU FACEBOOK, LA GIORNALISTA MONICA LANFRANCO:”SULLE DONNE LA GOGNA È PIÙ FACILE”/L’INTERVISTA
A seguito delle decine di commenti a difesa del ginecologo Luca Nicoletti, condannato ieri a 8 anni e 6 mesi di carcere per violenza sessuale su 7 pazienti, interviene Monica Lanfranco, femminista, giornalista de “Il fatto quotidiano”, formatrice della sulla differenza di genere.
La Lanfranco ha analizzato il fenomeno considerando le dinamiche che entrano in gioco nel mondo del web, riferendosi in particolare ai temi legati alla violenza sulle donne, un argomento spesso ancora considerato come “tabù”.
COSA NE PENSA DEL FIUME DI COMMENTI CONTRO LE VITTIME DEGLI ABUSI?
“È una cosa già vista, purtroppo. Il comune sentire, a prescindere dalle prove provate, non è quasi mai di empatia con le vittime.
Il problema vero è che la parola di una donna non vale ancora come quella di uomo. Si tende a sbilanciare il senso del potere e della giustizia. Si tende a pensare che “se non si è sottratta subito allora è un velato consenso”. In particolare, un uomo con la “divisa” è un uomo che ha potere in campo medico, giuridico, scolastico.
Lo squilibrio di potere non è stato ancora colmato, nonostante le donne votino, abbiano ottenuto (o quasi) gli stessi diritti sul lavoro, in famiglia. Il patriarcato pesa ancora in maniera decisiva. Il tassello della sessualità è l’ultimo, ma è il più difficile da digerire. La sessualità è il luogo in cui la disparità di potere pesa di più, in termini di consapevolezza collettiva”.
MANCA FORSE UN PO’ DI SOLIDARIETÀ FEMMINILE?
“Chiedersi perché sono soprattutto le donne a non difendere le altre donne è poco utile. Dovremmo domandarci perché è ancora un tabù che la parola di una donna valga come quella di un uomo. In casi come questa l’attenzione è posta su chi violenta e non su chi è violentato.
È un processo culturale e della politica. Non si è solidali solo perché si è donna, non siamo una categoria. La maggioranza degli uomini non è violenta, il problema è il loro silenzio”.
IL WEB, INOLTRE, ALIMENTA LE CRITICHE.
“Il fenomeno dei commenti online, come quelli in questo caso, è riconducibile a quello che il filosofo coreano Byung – Chul Han definisce come “shit storm” (letteralmente “tempesta di cacca”), ossia uno sciame potente e violento, che la rete alimenta in modo esponenziale. Per farlo partire può bastare solo un commento iniziale. Si è visto anche che, di solito, dopo che si superano i 50 commenti si perde di vista l’oggetto della discussione e parte la derisione. La rete, inoltre, amplifica tutto, è mainstream. Questi commenti, inoltre, non sono frutti di ragionamento, non mirano al confronto, non c’è la volontà degli utenti di parlarsi, di capire meglio.
Sulle donne la gogna è più facile. Un uomo lo puoi avvilire facendo leva sulla sua poca virilità, ma in questo modo non colpevolizzi l’intera categoria, mentre se dici che una donna è una poco di buono, lo estendi a tutte le donne, perché le vedi nude, le depotenzi. È un fenomeno che ripercorre l’intera umanità. Nella nostra società è normale “sessualizzare” le donne anche quelle che ricoprono un certo ruolo di “potere”.
QUESTA PRESA DI POSIZIONE CONTINUA ANCHE A FRONTE DI UNA SENTENZA, COME È POSSIBILE?
“Questa domanda mi fa pensare al film documentario “Processo per stupro” mandato in onda sulla RAI nel 1979 nel quale si vedono le riprese del processo a 3 uomini accusati di aver stuprato una donna, Fiorella, difesa dall’avvocato Tina Lagostena Bassi. Fiorella è una barista che non contenta del suo lavoro. Un suo conoscente le dice di avere una proposta di lavoro per lei e così le dà appuntamento una sera. Quando Fiorella si presenta, però, lo trova con altri 2 uomini e viene violentata tutta la notte. Riesce a uscirne viva e denuncia la vicenda. Il documentario si apre con le madri e le mogli degli stupratori che inveiscono contro Fiorella dicendo che è tutta colpa sua, che è una poco di buono perché ha rovinato la vita dei loro figli/mariti, avendoli provocati.
Durante il processo gli avvocati degli stupratori cominciano a tirare fuori la vita privata della ragazza, insinuando che la sua condotta fosse il motivo della violenza, fino a dire che non ci fosse stata alcuna violenza, ma al massimo una fellatio, da cui lei si sarebbe potuta ribellare.
Nella sua arringa, l’avvocato difensore della ragazza, Tina Lagostena Bassi, afferma che ci troviamo di fronte a un rovesciamento del percorso processuale. Invece di parlare delle responsabilità degli imputati si mette in croce la vita privata della vittima. È come dire che se un gioielliere viene rapinato è colpa del fatto che ha ostentato i suoi ori in vetrina, provocando i passanti. Questo meccanismo di rovesciamento di responsabilità, addirittura di fronte a prove provate e a una sentenza, accade ancora oggi, come possiamo ben vedere”.
COME SI PUÒ EVITARE QUESTO MECCANISMO?
“La coscienza deve essere insegnata è un processo educativo che parte da famiglia, asilo, mondo adulto, politica.
C’è un’assenza di autorevolezza dell’educazione fin dall’asilo. Da anni vado nelle scuole a parlare con ragazze e ragazzi, facendo un lavoro di coscienza per riconoscere la violenza. Se non la riconosci e non la individui non la combatti, così come il bullismo. Bisogna indicarla, parlarne, capire di cosa si tratta.
La maggior parte dei casi di violenza accadono in casa, nel luogo più familiare, perché la donna stessa pensa che “il matrimonio è anche questo”, che “debba sopportare le botte perchè il marito scarica la tensione”.
La prima cosa è lavorare sull’educazione alla non violenza e all’empatia con le ragazze e con i ragazzi. Con i bambini in particolare devi evidenziare la non violenza con la scelta delle cose da leggere e del linguaggio da usare, fuori dagli stereotipi. La società iniqua è pericolosa per chiunque. Mettere a tema un’educazione non sessista è un guadagno per uomini e donne, non è un imperativo femminista”.
Per quanto riguarda gli adulti, lavoro sul ragionamento. Nel mio libro “Uomini che (odiano) amano le donne” ho raccolto le risposte di oltre 300 uomini sulla tematica della violenza, e sono state rappresentate in uno spettacolo teatrale a Sanremo “Manutenzioni – uomini a nudo” proprio per far parlare gli uomini e lavorarci sopra.
La violenza sulle donne è una piaga planetaria. Ciò che deve emergere è un movimento collettivo che depuri dalla violenza”.
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