Un imperiese alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang. Stiamo parlando del fisioterapista Nicola Sasso che, dopo le soddisfazioni ottenute prendendosi cura dei giovani talenti della Juventus e delle sciatrici della nazionale italiana, torna alle olimpiadi con la nazionale monegasca.
Dopo i giochi olimpici di Vancouver e di Sochi, infatti, pochi giorni fa è arrivato il momento di Pyeongchang, in Corea del Sud, e il nostro concittadino Sasso è pronto per l’ennesima sfida.
COME SI TROVA A PYEONGCHANG?
“Molto bene. Si respira aria di festa, poiché siamo tutti uniti sotto l’unica bandiera dello sport. Chi torna dalle piste con una medaglia è sempre accolto da applausi e complimenti. Tutti qui sono consapevoli di quanto lavoro ci sia dietro ad una vittoria e spesso la differenza tra il coronamento del sogno olimpico e l’amarezza dell’insuccesso è solo questione di centesimi.
Se si sente la tensione politica? Prima della cerimonia di apertura era palpabile, ma il fatto che Corea del Nord e Corea del Sud abbiano sfilato insieme sotto una bandiera comune è stato un bel segnale di pace.
Noi dentro al villaggio siamo abbastanza isolati dal mondo esterno, possiamo definirci privilegiati. Il villaggio olimpico è un mondo a sè, un micro mondo in cui la politica entra solo marginalmente.
Si pensa meno a chi è ricco o chi è povero, chi ha ragione o chi ha torto. Qui conta lo sport, conta la meritocrazia. Il migliore vince, il resto è secondario”.
QUESTA NON È LA SUA PRIMA OLIMPIADE. QUALI SONO LE DIFFERENZE CON LE PRECEDENTI?
“Dato che Vancouver 2010 è stata la mia prima esperienza la magia e lo spirito olimpico che ho avvertito in quella circostanza sono stati probabilmente ancora superiori a quelli che vivo oggi.
Preferisco, invece, questa edizione a quella di Sochi, perché l’organizzazione è veramente ottima e i coreani sono molto gentili e disponibili. Nonostante le rigide procedure di sicurezza, si respira grande cordialità, c’è voglia di festa. Noi italiani, inoltre, siamo campioni nel farci voler bene all’estero”.
COME TRASCORRETE LE GIORNATE?
“Al mattino si va in pista per gli allenamenti e per prendere confidenza con la neve, molto più aggressiva di quella europea, e si provano i materiali per capire quali sci e scarponi si adattano meglio alle montagne coreane. Dopo pranzo ci si divide tra ambienti comuni come la sala giochi, la sala relax, il bar, il megastore e la sala tv, dove si socializza e si seguono le gare in corso.
A metà pomeriggio ci si trasferisce in palestra, dove si mette a punto la condizione atletica. Dopo si fa la fisioterapia, si praticano trattamenti e massaggi in base alle necessità degli atleti. Successivamente si fa un meeting con lo staff in cui si fanno correzioni riguardando i video girati la mattina sulle piste e si decidono le strategie di gara. Infine si cena con tutti gli atleti del mondo e i loro rispettivi team.
Alcune sere fa, inoltre, abbiamo avuto una cena davvero speciale. Il principe Alberto ha invitato tutta la delegazione nel suo hotel, dove ci ha fatto il suo in bocca al lupo per le gare“.
QUALI SONO GLI OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE IN QUESTA STAGIONE OLIMPICA? IN PARTICOLARE PER LA MONEGASCA ALEXANDRA COLETTI?
“L’obiettivo era tornare competitivi a livello mondiale e guadagnarsi il pass per le Olimpiadi, specialmente dopo il grave infortunio del 2014 quando Alexandra Coletti si è fratturata la caviglia. È incredibile come, pur camminando con dolore e correndo a fatica, riesca comunque a sciare a 120 km/h.
Sarebbe bello fare buone prestazioni in tutte e tre le gare a cui parteciperemo, ma il vero sogno sarebbe arrivare nei primi 10 in una gara, obiettivo non impossibile. Il sogno di tutti rimane sempre il poter salire in cima al podio“.
ENTRARE IN QUESTO AMBIENTE SIGNIFICA COMPIERE DEI SACRIFICI CHE NON SEMPRE SONO RIPAGATI. COME VIVETE QUESTA SITUAZIONE?
“Noi siamo in giro 230 giorni l’anno, muovendoci da uno stato all’altro, da una montagna all’altra. I sacrifici li fanno tutti gli atleti, ma alla fine il vincitore è solo uno. Io sinceramente provo un profondo affetto e particolare simpatia per due categorie di sportivi. I primi sono i vincitori della cosiddetta medaglia “di legno”, il primo fuori dal podio. Infatti solo chi ci sale entra nella storia.
L’altra categoria sono i campioni che per tutta la stagione fanno gare eccellenti in coppa del mondo, ma poi nella gara olimpica sbagliano, cadono e magari e si fanno anche male. Proprio oggi ho trattato la svizzera Lara Gut, campionessa del mondo di sci 2016, che è caduta nella prima manche di Gigante. Spero che lei possa ottenere la sua rivincita il prima possibile, magari già durante la gara di Super G”.
QUANDO COMINCIANO LE VOSTRE GARE?
“Sabato abbiamo il Super-G, a cui seguirà la discesa libera e infine la combinata. Saranno giorni intensi e ricchi di emozioni. Faremo del nostro meglio. Spero di di togliermi gradi soddisfazioni”.
Articolo realizzato in collaborazione con gli studenti del Liceo Vieusseux Alessandro Trisciuoglio e Giacomo Guasco.
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