La Giornata Mondiale del Rene, si celebrerà in tutto il mondo l’ 8 marzo e sarà un’occasione per richiamare l’attenzione su una patologia trascurata e diffusa. Anche quest’anno ci sarà il gazebo a Imperia con la Croce Rossa sulla Spianata di Borgo Peri in mattinata a partire dalle ore 9, il banchetto informativo nell’atrio dell’ospedale di Sanremo e a Ventimiglia con la Croce Verde.
Si definisce Malattia Renale Cronica una condizione di alterata funzione renale che persiste oltre i 3 mesi. È classificata in cinque stadi di crescente gravità, dove lo stadio 5 corrisponde alla dialisi o al trapianto.
L’impatto epidemico, il rischio cardio-vascolare associato e gli alti costi sociali ed economici connessi alla dialisi e al trapianto, inseriscono questa patologia tra i principali argomenti nei piani di prevenzione e di programmazione sanitaria. Vedi anche Piano Nazionale della “cronicità” del Ministero della Salute.
Alcuni studi condotti dalla Società Italiana di Nefrologia, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, ha reso disponibili, i dati relativi alla diffusione della malattia renale in Italia.
La prevalenza è risultata del 7,5% negli uomini e del 6,5% nelle donne in una popolazione con una età compresa tra i 35 e 79 anni.
Questo vuol dire che diversi milioni di individui in Italia (2,5 – 3 milioni) sono portatori di una insufficienza renale e spesso non sanno di averla. Le stime suggeriscono inoltre che queste percentuali siano destinate ad aumentare in parte per l’invecchiamento della popolazione, nella quale si riduce la funzionalità del rene come conseguenza fisiologica di un deterioramento dell’organo, ed in parte per l’aumentata incidenza di condizioni patologiche che danno luogo e precedono un danno renale.
Patologie come l’ipertensione arteriosa, il diabete, la sindrome metabolica, l’obesità, le dislipidemie, lo scompenso cardiaco, le bronco pneumopatie croniche oltre a malattie immunologiche e reumatiche.
Bisogna sottolineare inoltre l’esistenza un fenomeno, in qualche modo positivo, che è la così detta “mortalità competitiva” ovvero sopravvivere alle complicanze del diabete, delle cardiopatie, all’ ictus cerebrale, grazie ad interventi sempre migliori ed efficaci, (rivascolarizzazioni in corso di infarto o trombolisi in corso di ictus ecc.) porterà in un secondo tempo ad un aumento di soggetti con deficit funzionali renali; molte delle terapie utilizzate hanno peraltro un effetto nefrotossico.
E’ fondamentale quindi individuare precocemente problemi renali ed intervenire rapidamente con terapie e soprattutto con drastici cambiamenti dello stile di vita come l’ alimentazione. E’ fondamentale la sospensione del fumo e l’aumento dell’attività fisica insomma strategie mirate ad arrestare o comunque rallentare la progressione del danno . La diagnosi precoce di danno renale è molto semplice sia sul piano clinico, che su quello laboratoristico. Il dosaggio della creatinina e l’esame delle urine sono sufficienti in prima battuta per individuarne l’esistenza.
L’identificazione precoce riduce sensibilmente la spesa sanitaria compensando ampiamente l’irrisorio costo di questi due esami. La spesa diretta annua del trattamento di un paziente in dialisi è stimato in circa 35-40.000 euro mentre per il trapianto renale sono stimati in 52.000 euro per il primo anno e 15.000 per ogni anno successivo.
Chi ha elaborato questi dati ha calcolato che ritardando di almeno di 5 anni la progressione del danno renale per il 10% dei pazienti e spostando di 5 anni l’inizio della dialisi si potrebbero risparmiare 2,5 miliardi.
Le strategie efficaci per ridurre la progressione della malattia renale e il rischio di mortalità cardiovascolare esistono e più precocemente vengono instaurate e più sarà possibile allontanare la dialisi. Dovrebbero essere sottoposti a screening tutti i soggetti con una storia familiare di malattia renale, i pazienti affetti da diabete mellito, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, ovvero portatori di patologie con potenziale coinvolgimento renale.
Sulla popolazione generale invece, si potrebbe consigliare un controllo un anno si e uno no a coloro che hanno più di 50 anni, valutando la creatininemia con la quale attraverso una formula si può stimare il filtrato glomerulare, oltre ad un banale esame delle urine. Individuati i soggetti patologici diventa indispensabile la creazione di percorsi diagnostici-terapeutici (PDTA) che impongono una collaborazione interdisciplinare tra nefrologi , medici di medicina generale, cardiologi, diabetologi, dietiste e personale infermieristico esperto nelle problematiche renali.
Quest’anno come tutti gli anni la Giornata Mondiale Del Rene ha una tematica e l’8 marzo 2018 non a caso, sarà “i reni e la salute delle donne” alle quali dedicheremo oltre alle raccomandazioni generali fino ad ora citate qualcosa di specifico.
Per le donne in età fertile conoscere alcuni semplicissimi dati prima di intraprendere una gravidanza, può essere cruciale per un suo buon andamento ed esito; sapere se la pressione arteriosa è stata anche solo occasionalmente più alta è fondamentale per fare una diagnosi differenziale tra ipertensione cronica o “indotta dalla gravidanza”; un riscontro prima della 20° settimana infatti indirizza verso un fatto pre-esistente; è noto che durante i primi mesi e se inoltre coincide con la stagione calda, la pressione arteriosa scende sensibilmente anche nelle ipertese e ciò può indurre a dubbi diagnostici.
Dati di pressione arteriosa rilevati lontano dalla gravidanza saranno preziosi così come la conoscenza di una importante familiarità per eventi vascolari maggiori ed ipertensione ed anche sapere da un esame urine che la proteinuria era assente.
Le casistiche riportano che le donne con ipertensione arteriosa non hanno rischi aumentati rispetto alle normotese solo se il dato è conosciuto in precedenza; semplicemente faranno la terapia per tutta la gravidanza con farmaci prescritti appositamente e verso la fase finale non preoccuperanno anche valori particolarmente elevati, potranno allattare ed in genere alcuni mesi dopo il parto ritorna tutto come prima.
In alcune donne, con valori non particolarmente elevati, si potrebbe verificare solo una ipertensione transitoria a fine gestazione. Molto diversa è una ipertensione indotta dalla gravidanza dove questa potrebbe essere un sintomo di una sindrome pre-eclamptica (l’eclampsia è una patologia gravissima che può portare a exitus) e, associata a proteinuria, aumenta fortemente il sospetto; la proteinuria in gravidanza aumenta fisiologicamente ed avere quindi un dato precedente può cambiare le decisioni su l’indurre un parto di urgenza.
Un bimbo prematuro (ovviamente dipende dall’epoca gestazionale), può avere dei problemi seri. E’ doveroso aggiungere che il solo sottopeso alla nascita, potrà creare dei “reni deboli” da adulto a causa di una riduzione del numero dei nefroni (unità funzionanti del rene) e sviluppare ipertensione arteriosa precocemente; se poi si associa ad una madre fumatrice, tutto può essere magnificato.
A questo proposito sarà bene fare una campagna anche in questo senso considerando che in gravidanza la maggior parte delle donne smette di fumare ma spesso dopo aver superato la fase embrionale; andranno informate inoltre dei possibili danni del fumo passivo e addirittura da deposito di sostanze su indumenti ed ambiente (“fumo di terza mano”)