“Dalla scorsa estate la situazione dei migranti a Ventimiglia è peggiorata in maniera esponenziale: la chiusura del centro di accoglienza volontario delle Gianchette , contrariamente a quanto auspicato dalle autorità, non ha spinto le persone in viaggio a cercare ospitalità presso il campo della CRI “alleggerendo” la situazione nel quartiere; al contrario ha prodotto la creazione di un “campo informale” di considerevoli dimensioni sotto al ponte – Così, in una nota stampa, i Medici Volontari e Solidali del Ponente.
“E’ difficile capire perché così tante persone “preferiscano” la precarietà di questo campo, il freddo, la scarsa igiene, i ratti, al ben più lindo e controllato Campo Roja, gestito dalla CRI e ancor più come questa scelta sia fatta anche da tante giovani donne, da madri con i loro figlioletti al seguito.
Potrebbero essere i blindati della polizia posti all’entrata, il recinto attorno, la distanza dal centro città, il timore di poter essere facilmente rispediti indietro, il timore di essere più controllati e avere maggiori difficoltà ad attraversare il confin. Potrebbe essere tutto ciò oppure altro, non sta a noi dare risposte sociologiche o politiche per spiegarne genesi e dinamiche
Noi siamo Medici e come tali ci basta l’evidenza del dato: esiste un campo informale che ospita centinaia di persone e tra essi tantissimi soggetti vulnerabili, donne, bambini piccoli, minori, e tutti, oltre a vivere in condizioni estreme, sono assolutamente invisibili , non hanno nessun tipo di tutela, men che meno quella sanitaria.
Per questo motivo, ci siamo organizzati, assieme ad altri volontari e con mediatori culturali e linguistici, per dare un minimo di assistenza medica alle persone migranti che rimangono fuori dal circuito dell’accoglienza ufficiale.
Abbiamo così iniziato , nel mese di Febbraio, ad allestire un gazebo sotto al ponte , una sorta di “ambulatorio volante”, precario anch’esso come le loro tende, in cui visitiamo, facciamo medicazioni, diamo consigli, forniamo le prime cure.
Dagli inizi di Febbraio ad oggi, siamo riusciti a garantire una presenza costante di due turni ambulatoriali a settimana e abbiamo avuto modo di visitare centinaia di persone.
Niente di risolutivo purtroppo, una piccola goccia di solidarietà in un mare di indifferenza che vorremmo fosse però un segnale chiaro. Vorremmo che non servisse a coprire in qualche modo le manchevolezze di un sistema che di “accoglienza” ha solo il nome, ma fungesse da segnale politico chiaro per evidenziare che di altro c’è bisogno e che altro, molto altro bisogna fare per “rimanere umani”.